Tra crisi esistenziali e di profitti (in previsione) di colossi tedeschi come Mercedes e BMW, nell’incredulità generale intorno a questi brand, c’è un’altra situazione conclamata da settimane. La direzione che sta prendendo Volkswagen continua a essere tutt’altro che positiva. Se ne parla da tempo della clamorosa e preoccupante situazione in cui versa la casa automobilistica tedesca, tra chiusure annunciate, effetti a catena e scontri con i sindacati.
L’ipotesi di chiusura di alcuni stabilimenti in Germania e il possibile licenziamento di 30.000 lavoratori restano scenari sconvolgenti ma concreti. Anche il responsabile Volkswagen delle risorse umane della casa di Wolfsburg, Gunnar Kilian, ha affrontato il tema, parlando alla stampa prima dell’inizio delle trattative salariali con il sindacato Ig Metall. “Volkswagen vuole mantenere la sua posizione di leader nella produzione di veicoli in Germania”, ha dichiarato Kilian.
Ansa, l’agenzia di stampa italiana, riporta anche tra le sue parole che “La situazione è complessa e critica, soprattutto per la crescente pressione della concorrenza internazionale che potrebbe raggiungerci”. Kilian sottolinea anche come, parlando per la propria azienda, “Dobbiamo migliorare la produttività e ridurre i costi per finanziare autonomamente le nostre attività produttive. In gioco ci sono il futuro dell’azienda e il benessere dei nostri lavoratori”. Le chiusure farebbero parte di un complesso piano di rientro dei costi, chiusure che però sarebbero dovute rimanere “bloccate” fino al 2029. Un fatto che ha inevitabilmente fatto infuriare molti.
Le preoccupazioni rimangono elevate, come indicato anche dal ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, nei giorni scorsi. Durante una visita allo stabilimento Volkswagen di Emden, Habeck ha affermato: “La politica deve inviare i segnali giusti al mercato, ma Volkswagen dovrà risolvere gran parte dei suoi problemi internamente”.
Insomma, in parole povere, c’è la comprensione dei problemi da parte del governo di Berlino, ma i problemi derivati dalla domanda internazionale scarsa e dalle scelte della casa automobilistica devono rimanere un affare del brand e non trasformarsi in una potenziale valanga sull’economia nazionale tedesca.