Le dichiarazioni della presidente Ursula von der Leyen hanno portato all’indizione di un’indagine antidumping nei confronti dei marchi cinesi, ma adesso anche Volvo e Tesla rischiano.
Alle emergenti potenze della Cina viene imputato di sfruttare i sussidi governativi del proprio Paese per fini che non promuovono l’economia locale o il progresso tecnologico, ma sembrano mirare a ridurre i costi di produzione delle aziende. C’è la preoccupazione che questa situazione possa portare a un epilogo simile a quanto accaduto nel settore dei pannelli fotovoltaici, quando molte start-up hanno avuto vita breve a causa della politica commerciale aggressiva intrapresa dalla concorrenza orientale.
Volvo: al vaglio i rapporti con la Cina
Dall’altro lato, la Cina difende il proprio operato, sostenendo di promuovere il libero mercato e accusando i Paesi occidentali di protezionismo. La commissione incaricata di esaminare l’operato delle aziende cinesi ha una responsabilità significativa. Se venissero ritenute colpevoli di pratiche di dumping, le case automobilistiche potrebbero affrontare pesanti dazi doganali. Inoltre, c’è la possibilità di una dura reazione da parte del governo cinese, che potrebbe danneggiare le aziende automobilistiche occidentali, come il gruppo Volkswagen, che sta già attraversando un periodo delicato.
Tuttavia, ora a finire sulle prime pagine dei giornali sono due brand diversi ma in qualche modo collegati all’industria cinese. Il primo è Volvo, che, sebbene abbia sede in Svezia, è di proprietà di Geely. Viene temuto che Volvo possa aver tratto vantaggio dai sussidi, anche se ciò deve ancora essere dimostrato. Lo stesso vale per il secondo brand, Tesla. Anche se è un’azienda americana, ha una Gigafactory a Shanghai che è la più grande e veloce al mondo nella produzione di veicoli elettrici. I modelli prodotti nella fabbrica richiedono solo 40 secondi per essere assemblati, un record che nessun altro concorrente è riuscito a eguagliare.
Le accuse mosse contro il brand sembrano simili a quelle rivolte a Volvo, nonostante sia di proprietà indipendente, almeno sulla carta. Fino a questo momento, nessuna delle parti coinvolte ha rilasciato commenti ufficiali sulla situazione. Tuttavia, il commissario per il commercio europeo, Valdis Dombrovskis, ha dichiarato a nome dell’Unione Europea di non stigmatizzare la Cina di per sé, ma di chiedere che competa in modo leale e non manipoli i prezzi. Se ciò dovesse accadere, verrebbe meno il principio di equità nel mercato europeo. Secondo gli studi del settore, costruire un veicolo elettrico in Cina costa il 37% in meno rispetto alla Germania.