È una storia profondamente romantica quella dello straordinario motore a 6 cilindri a V progettato da Giuseppe Busso. Il V6 di Busso compie 40 anni e all’epoca si poneva al vertice di un triangolo che aveva visto nel quattro cilindri bialbero degli Anni 40-50 e nel boxer, anche in questo caso a quattro cilindri, altri due protagonisti indiscussi della scena motoristica Made in Alfa Romeo. Dei veri e propri marchi di fabbrica.
Ma il V6 “Busso” è anche l’ultimo motore interamente progettato e prodotto in casa Alfa Romeo. Lo studio primordiale, la sperimentazione successiva e la realizzazione vera e propria avvenivano proprio nel vecchio stabilimento Alfa Romeo di Arese chiuso poi nel 2005. Il fatto che il V6 più amato della storia del Biscione sia stato prodotto dal 1979 al 2005, ha permesso di configurare anche una certa longevità e un’adattabilità a differenti modelli particolarmente apprezzata. Lo studio dell’ingegnere torinese classe 1913 risale però già al lontano 1968, stesso anno in cui già una variante primordiale in stadio di prototipo cominciava a girare al banco.
Il debutto nel 1979 sull’Alfa 6
Bisognerà però aspettare proprio il 1979 per la sua prima applicazione, nella variante da 2.5 litri a bordo della sfortunata Alfa 6. L’ammiraglia di Alfa Romeo avrebbe dovuto annullare un vuoto produttivo, configurandosi come alternativa alle potenti tedesche degli Anni 80 (è la storia che si ripete). Le dimensioni della berlina di Arese chiedono potenze differenti da quelle ricavabili da un canonico due litri, per questo la scelta più ovvia ricade proprio sul V6 con bancate poste a 60° gradi d’angolo.
Il V6 “Busso”, sebbene si trovi a sopportare una vettura che non fa della leggerezza la sua qualità più caratteristica, si dimostra elastico ai bassi regimi e corposo quando si schiaccia il pedale dell’acceleratore. Il suono degno di nota che usciva dallo scarico invitava il conducente a spingere a più non posso; la perfetta sinfonia si avvertiva quando la cavalleria dispiegava completamente le sue forze.
Ma l’Alfa 6, con le sue linee discutibili, non riuscirà mai ad ottenere i risultati sperati. Il suo V6 si. Il suo monoblocco dotato di teste realizzate in lega leggera possedeva l’invidiabile cilindrata di 1492 cm cubici con distribuzione a due valvole per ogni cilindro. Gli alberi a camme in testa, uno per bancata, comandano quelle di aspirazione; quelle di scarico invece vengono gestite da un sistema ad aste e bilancieri messo in opera dallo stesso albero a camme. Inizialmente l’alimentazione singola veniva garantita da sei carburatori. La potenza massima era di 158 cavalli, utili a spingere la pesante Alfa 6 oltre i 190 km/h di velocità massima.
Il vero potenziale viene fuori sull’Alfetta GTV6
Ma per registrare le prime vere soddisfazioni bisogna aspettare solamente il 1980 quando il V6 “Busso” viene installato sull’Alfetta GTV6 2.5. La vettura poteva infatti contare su un peso inferiore rispetto all’Alfa 6 oltre che su un coefficiente aerodinamico di 0,39. Con i suoi 160 cavalli di potenza, la coupé è in grado di scattare da 0 a 100 km/h in appena 8 secondi, tondi.
Sebbene in Alfa la velocità massima dichiarata per la GTV6 era di 205 km/h, il dato effettivo era di ben 220 km/h. Con punte spesso vicine ai 230 km/h, un dato strabiliante. Grazie all’Alfetta e al suo V6 “Busso” il costruttore di Arese vince addirittura tre Campionati Euroturismo.
Volendo rimanere in tema di corse, il V6 “Busso” avrebbe potuto rappresentare un ottimo valore aggiunto anche nei rally. Nel 1983 l’Autodelta sviluppa infatti la Sprint 6C sulla base dei regolamenti dell’estremo Gruppo B. Ma in un periodo fortemente caratterizzato dall’incertezza, il progetto viene abolito così come l’idea di gareggiare su strada. Per vederlo nelle corse bisognerà aspettare i primi Anni 90 quando il “Busso” viene utilizzato sulla tecnologica Alfa Romeo 155 V6 nel DTM tedesco, dove nel 1993 la vettura del Biscione stravince contro le arrembanti tedesche regine del campionato.
Arriva il sistema di iniezione elettronica CEM
Il sei cilindri nel 1985 approda anche sulla discussa Alfa 90. La berlina venne disegnata dalla carrozzeria Bertone e, per non sopperire alla tassazione italiana rivolta alle vetture di grossa cilindrata, adotta un V6 “Busso” portato a 1996 cm cubici. Sull’Alfa 90 viene introdotto quindi anche un raffinatissimo sistema per l’iniezione elettronica CEM (ovvero Controllo Elettronico Motore), che comunque aveva debuttato sull’Alfetta dell’83.
Il sistema prevedeva una centralina elettronica in grado di leggere diverse variabili prelevate da sensori installati sul motore, gestendo di conseguenza alimentazione e accensione. Le prestazioni vengono mantenute su livelli parecchio interessanti.
Nello stesso anno il V6 di Busso approda anche sulla 75, l’ultima berlina Alfa Romeo (prima della Giulia) ad avere la trazione posteriore. Nella variante Quadrifoglio Verde utilizza il V6 da 2.5 litri a iniezione capace di una potenza massima pari a 156 cavalli e 205 km/h di velocità massima. Due anni dopo, sempre sulla 75, debutta invece la variante maggiorata del V6 portata a 2959 cm cubici con alesaggio da 93 mm e corsa da 72,6 mm. La potenza viene quindi incrementata fino a 185 cavalli e la velocità massima fissata a 220 km/h.
Un’ulteriore rivoluzione arriva nel 1987 quando il V6 approda pure sulla 164, la prima ammiraglia della Casa a disporre della trazione anteriore. Il V6 “Busso” viene quindi disposto trasversalmente invece che nella consueta disposizione longitudinale, apportando anche una serie di modifiche che in ogni caso non pregiudicano le caratteristiche proprie del “Busso”. Sulla 164 viene quindi utilizzata la variante da 3.0 litri e nel 1991 quella da 2.0 litri sovralimentata.
Una carriera ininterrotta
Sebbene la vendita di Alfa Romeo a Fiat Auto segni l’avvio di un nuovo corso per il Biscione, i nuovi modelli sapranno in ogni caso ritagliare uno spazio per il V6 “Busso”. Il V6 dell’ingegnere torinese ha ancora molta strada da fare e oltre che sulle Alfa approda sulla Lancia Thema, sulla K e poi sulla Thesis, senza escludere nemmeno la Fiat Croma.
Tornando alle Alfa, il V6 debutta anche sulle GTV e Spider nel 1995 nelle varianti 2.0 Turbo e 3.0. C’è spazio anche sulla 156 quando nel 1997 viene equipaggiata col 2.5 (1997) e nel 2002 col poderoso 3.2 sulla versione GTA. Sulla 166 c’è invece posto per il 2.5 e 2.0 sovralimentato, sulla 147 invece viene utilizzato lo stesso 3.2 della 156 con 250 cavalli che sulla GT (nella medesima variante da 3.2 litri) scendono a 240. Anche l’ultima versione della 166 utilizzerà il V6 “Busso” da 3.2 litri.
L’evoluzione massima del V6 “Busso” arriva nel 2001 col 3.2 utilizzato sulle 156 e 147 GTA: la potenza viene innalzata a 250 cavalli. La produzione rimane fedele allo stabilimento di Arese. Ma bisogna anche ricordare che alla fine degli Anni 90 girava già al banco un inedito V6 “Busso” da 2.5 litri biturbo, in grado di erogare 308 cavalli. La variante esasperata doveva essere installata sulla versione di serie della Nuvola ma come già successo in passato il coupé non vide mai la luce della produzione e con questo svanì anche la possibilità di vederlo all’opera.
Pensionamento fuori da ogni logica
Ma la variante da 3.2 litri del V6 “Busso” è soltanto l’antesignana di un’ulteriore variazione verso l’alto già in lavorazione presso il Centro Tecnico Alfa Romeo. I tecnici lavoravano infatti ad una versione da 3.5 litri e 300 cavalli che avrebbe dovuto equipaggiare la 156 GTAM. Ma propulsore e vettura rimarranno soltanto prototipi.
Con l’arrivo degli americani in casa Fiat, le nuove 159 e Brera otterranno un 6 cilindri a V da 3.2 litri di derivazione Holden ma riprogettato ad Arese. Niente a che vedere con lo straordinario V6 “Busso” pensionato a fine 2005. Il propulsore avrebbe potuto vincere anche le sempre più stringenti normative anti inquinamento, sebbene fosse stato concepito negli Anni 70.
Nel frattempo la nuova politica di Fiat Auto aveva interrotto la produzione Alfa Romeo di Arese e con essa la gestazione dei nuovi performanti “Busso”. Per dire di no al pensionamento si era fatta avanti persino la Cosworth, intuendo il forte potenziale e volendone rilevarne la produzione ottenendo un imperturbabile due di picche. Con l’ultimo V6 “Busso” assemblato ad Arese ad inizio 2006, se ne va anche il suo glorioso progettista scomparso proprio in quegli stessi giorni. Ah, l’ironia della sorte.
Da quel momento in poi in casa Alfa Romeo non esiste più un V6 completamente progettato e realizzato dal Biscione. E forse sarà così ancora per molto tempo. Buon Compleanno V6 “Busso”.