Nel 1976 debutta al Salone di Ginevra la particolarissima Alfa Romeo Navajo. La modernissima coupé segna la ripresa del rapporto professionale tra Bertone e Alfa Romeo, un binomio quasi indissolubile nella storia dell’auto. L’Alfa Romeo Navajo, nel 1976, rappresentava l’ultimo dei concept basati su un telaio eccellente come quello dell’Alfa Romeo 33 Stradale. Prima della Navajo si erano susseguite vetture come l’Iguana di Italdesign, la Carabo di Bertone e la Cuneo di Pininfarina.
Nel 1976 l’Alfa Romeo 33 Stradale era quasi un prodotto obsoleto, ma la matita di Nuccio Bertone diede vita a qualcosa di straordinario che sembrerebbe moderno anche nel 2020.
Ispirazione di gran fascino
Come è ormai chiaro, l’ispirazione alla base dell’Alfa Romeo Navajo proveniva da una vettura tra le più ammirate della storia di Alfa Romeo: la 33 Stradale. La produzione di questa vettura era terminata già nel 1969, ma la Navajo con la sua impostazione particolarmente esasperata rappresenta forse l’idea più concreta di coupé sportiva che Bertone abbia sviluppato per Alfa Romeo in quel periodo storico. La 33 Stradale, col suo design esclusivo, chiudeva un’epoca di stile Made in Alfa Romeo con i suoi soli 18 esemplari realizzati.
Ecco che Nuccio Bertone intuisce che bisogna introdurre qualcosa di iconico nelle file dell’Alfa. Utilizza un telaio N°750.33.11 come base per la sua Navajo. Il traliccio tubolare originale viene quindi allungato opportunamente e modificato dove necessario, in modo da migliorare anche le condizioni di abitabilità interne della particolare coupé. La carrozzeria viene realizzata quindi in vetroresina in modo da contribuire ad una significativa riduzione dell’escursione alla bilancia. Ne venne fuori una coupé dal design futuristico proteso al futuro piuttosto che al passato di Alfa Romeo. Se la velocità pura era già una caratteristica fondamentale del marchio, ora Bertone vuole concentrarsi sull’aerodinamica in modo da produrre giovamento pure in termini di aderenza della vettura.
Profilo a cuneo
All’inizio degli Anni ’70 il profilo a cuneo andava molto di moda. Nuccio non poteva fare a meno di questa soluzione, sfoggiando però interessanti variazioni sul tema soprattutto per quello che riguardava proprio l’aerodinamica. La Navajo viene dotata di spoiler attivi oltre che di uno splitter sul muso in grado di cambiare incidenza in base alla velocità di crociera. Ma la vera “follia” aerodinamica risiede nella grande ala posteriore, anche in questo caso in grado di variare l’incidenza in funzione della velocità.
Su ogni lato l’architettura dell’ala si basava su una struttura trapezoidale, un chiaro omaggio all’Alfa Caimano di Giugiaro apparsa nel 1971. Ma l’utilizzo di questa geometria era finalizzato anche per convogliare al meglio i flussi di aria calda provenienti dal possente V8 2.0 litri di cui la Navajo risultava equipaggiata, posto proprio alle spalle dei due passeggeri.
In definitiva il design generale della vettura risulta fortemente rastremato sulla sezione anteriore. Decisamente fuori dagli schemi i fari anteriori che si aprono orizzontalmente, comparendo dai fianchi del muso. Quando l’Alfa Romeo Navajo venne presentata a Ginevra nel 1976 catalizzò tutta l’attenzione su di sé. Le soluzioni che Bertone aveva apportato rappresentavano idee decisamente all’avanguardia per l’epoca.
Un solo esemplare prodotto
Anche l’interno della Navajo sperimentava un design decisamente in anticipo sui tempi. C’erano due sedili fissi realizzati in fibra di vetro e una console centrale sospesa che non si congiungeva col resto della plancia. Proprio la plancia sfruttava una sezione circolare che correva per tutta la larghezza dell’abitacolo, anche i comandi e le grandi leve risultavano elementi futuristici.
La Navajo sfruttava un V8 da 2.0 litri in grado di erogare 230 cavalli che assieme al design futuristico di ogni singolo centimetro della vettura la ponevano su una direttrice opposta persino alle altre concept derivate dalla 33 Stradale. L’unico problema risiede nel fatto che Bertone riuscì a costruire un unico esemplare della 33 Navajo. Unico come il fascino appariscente di una vettura di altri tempi.