Sembra che il tempo non sia mai trascorso quando si ha davanti una Ferrari Mythos. A dire il vero sembra anche piuttosto difficile mettere in pratica tale visione, visto che ne sono state realizzate soltanto tre unità. La speciale show car è stata presentata nel 1989 al Salone di Tokyo a riprova di un sodalizio straordinario configurabile nella nota relazione Ferrari – Pininfarina.
Alla base del concetto iniziale insisteva la volontà di dare vita ad una Ferrari che ricordasse le vetture del Cavallino Rampante che si misuravano sulle piste di mezzo mondo negli Anni ’60. Vetture poi entrate nel mito a gamba tesa. Alla base troviamo un telaio Ferrari Testarossa, ma presentava il design esterno e anche l’impostazione dei nuovi interni risultavano completamente riprogettati. Rimase l’impressionante motore a 12 cilindri e 4943cc di cilindrata aspirato naturalmente con ben 390 cavalli di pura potenza, posizionato alle spalle del risicato abitacolo. È chiaro che la trazione viene trasferita sull’asse posteriore, attraverso un cambio manuale a cinque velocità. Mentre l’auto non è mai stata testata ufficialmente, si stima che la sua accelerazione utile a compiere il classico 0-100 km/h fosse leggermente superiore ai 6 secondi, con una velocità massima di circa 290 km/h. Tuttavia la Mythos poteva contare su un peso complessivo inferiore rispetto a quello della Testarossa; i suoi 1250 chilogrammi venivano ottenuti grazie all’ampio utilizzo della fibra di carbonio.
Design scultoreo
Non è difficile poter definire scultoreo il design della Ferrari Mythos; si tratta di un’impostazione stilistica fortemente ispirata e piacevole. Il merito di tali forme va alla matita di Pietro Camardella (che ha anche lavorato ai progetti F40, F50 e 456) sotto l’occhio attento di Lorenzo Ramaciotti , Direttore Generale di Pininfarina Studi e Ricerche SpA. Già durante la fase di sviluppo, erano stati considerati diversi stili di carrozzeria: coupé, targa e speedster. Come è ben visibile, la decisione finale virò verso quella di una barchetta open top più esotica (speedster), formando un chiaro legame con le auto da corsa del passato del Cavallino.
Particolarmente apprezzabile risulta la particolare intersezione dei volumi. Le grandi prese d’aria laterali si innestano nell’imponente schema posteriore che si interseca con un frontale spiovente che ne chiarisce la cifra stilistica fortemente ispirata. La silhouette della Ferrari Mythos era caratterizzata dalla sua particolare impostazione in avanti, grazie al contrasto tra la sezione anteriore lunga e quella posteriore molto corta. L’auto ha mantenuto l’interasse della Testarossa (2550 mm) ma era 150 mm più corta in lunghezza (4335 mm), 125 mm più larga (2100 mm) e 66 mm più bassa (1064 mm).
L’estremità frontale spiovente e piatta della Mythos si distingue per il suo muso molto basso e i fari rettangolari con prese d’aria integrate che trovano posto sugli ampi parafanghi. Il sottile paraurti anteriore presentava un design minimale con due fendinebbia circolari, un labbro anteriore e uno splitter attivo retrattile sotto. C’era un’assenza totale di un ingresso centrale o di una griglia tradizionale, con l’emblema Ferrari giallo seduto sul cofano leggermente incassato.
Una caratteristica distintiva era il ripido parabrezza aerodinamico monoblocco, che seguiva la curvatura frontale e laterale della parte anteriore. I cerchi a cinque razze con un design a turbina e dadi a perno nascosti sono stati progettati esclusivamente per la Ferrari Mythos.
Linea di cintura alta e aerodinamica attiva
È evidente quindi l’esercizio creativo alle spalle del design di Camardella per la Mythos. La vettura appare ancora oggi fortemente moderna e questo la dice lunga sulla solidità delle sue linee. Il corpo del Mythos era modellato da due forme interconnesse. Le linee dei parafanghi anteriori si affievoliscono all’interno delle grandi prese laterali, mentre i parafanghi posteriori sembravano un’estensione del cofano anteriore. Di lato, la linea di cintura si alza verso la parte posteriore fornendo dinamicità ma anche ottimi riscontri in termini aerodinamici. Vista dall’alto, l’auto assomigliava a una freccia, poiché la carreggiata posteriore era considerevolmente più larga di quella anteriore. L’assenza del tetto rende ancora più elegante e fluente la linea.
Lo spoiler posteriore attivo è diventato lo standard per le supercar dei nostri giorni, ma nel 1989 era una caratteristica molto insolita e altamente tecnologica. Soprattutto se abbinata all’ulteriore elemento aerodinamico attivo posto all’anteriore. Sebbene la sua forma e le sue dimensioni non fossero così sorprendenti come l’iconico spoiler fisso della Ferrari F40 (1987), aveva la capacità di sollevarsi e ruotare, offrendo downforce extra quando necessario. Pininfarina ha condotto studi aerodinamici per la Ferrari Mythos in galleria del vento dove si è notato che tale elemento funzionava molto bene, rispetto ad esempio alla Testarossa. Un’altra caratteristica unica è stata la barra del fanale posteriore che si trova proprio sotto lo spoiler, sottolineando ulteriormente l’impressionante larghezza della coda. Il design minimale era evidente anche nel paraurti posteriore, con la sottile apertura orizzontale che conteneva quattro terminali di scarico – due su ciascun lato – e un diffusore molto discreto nella parte inferiore. Tuttavia, nel progetto iniziale di Camardella, lo scarico doveva essere installato centralmente. Ultimo ma non meno importante, l’emblema del Cavallino Rampante assicurava che tutti sapessero che questa vettura era stata costruita a Maranello (in un secondo momento fu sostituita da un badge “Mythos” cromato).
All’interno della cabina c’erano due sedili rivestiti in pelle di colore rosso, con cinture a sei punti e poggiatesta integrati. Sul cruscotto curvo, la futuristica strumentazione con quattro quadranti circolari a fondo rosso e una serie di pulsanti disposti su ciascun lato era la caratteristica più accattivante, alle spalle dell’esclusivo volante a tre razze. Per quanto riguarda il singolo specchio, è stato integrato sulla parte superiore del parabrezza.
Come andarono le cose dopo la presentazione
Dopo la sua apparizione al Salone di Tokyo del 1989, la Ferrari Mythos vince il Car Design Award 1990 oltre al Golden Marker Trophy e venne successivamente esposto a Detroit, Ginevra e Torino. Come la descrive la stessa Pininfarina, la Mythos è stata “molto apprezzata per il suo perfetto equilibrio tra emozione estetica e razionalità tecnica”.
L’auto non è mai stata progettata per la produzione, cosa che era evidente dal suo design che non era conforme alle normative per i veicoli adibiti alla circolazione stradale. Nonostante il suo grande valore e rarità, il collezionista giapponese Shiro Kosaka, un grande ammiratore del design italiano, è riuscito ad acquisire il prototipo da Pininfarina per una cifra sconosciuta e l’ha conservato all’interno della sua galleria Abarth Museum in Giappone. Più di un decennio dopo, e dopo la chiusura del museo privato, l’auto fu inviata al museo Pininfarina di Cambiano, in Italia.
Oltre al prototipo originale, si ritiene che esistano altri due esemplari di Mythos. Il Sultano del Brunei, proprietario della più grande collezione di auto del mondo che ad un certo punto includeva tra le 2500 e le 5000 rare auto esotiche, commissionò a Pininfarina la costruzione di due esemplari di Mythos, uno verniciato in rosso, l’altro in blu. Non ci sono tuttavia informazioni ufficiali su questi veicoli, tuttavia un paio di immagini a bassa risoluzione trovate online rivelano alcune notevoli differenze di design rispetto all’originale.
Le auto “Brunei” hanno specchietti laterali convenzionali, un parabrezza diverso, finestrini laterali, una copertura per il tetto removibile, fari a scomparsa riprogettati e prese supplementari sul paraurti anteriore. Nessuno sa se quelle macchine sono state vendute in segreto, o rimangono sotto la proprietà del Sultano del Brunei che di solito tiene le sue auto in luoghi sconosciuti.
Influenze nel design di altri modelli Ferrari
La Ferrari Mythos originale ha fatto una rara apparizione pubblica all’Elégance et Automobile a Montecarlo nel giugno 2019, dove è stata guidata all’interno del Principato insieme ad altri classici. L’anno scorso per celebrare il 30° anniversario della concept car, il suo designer Pietro Camardella ha pubblicato diversi schizzi del Mythos sul suo profilo Instagram, mentre ha anche ricreato un profilo a grandezza naturale della vettura.
Per quanto riguarda le auto influenzate dalla Ferrari Mythos, la lista comprende la Ferrari 456 (1992) che presentava linee simili per quello che riguarda il profilo e le prese laterali, la Ferrari F50 (1995) che ha evoluto il tema open-top con una carrozzeria più scolpita e la concept car Ferrari Rossa (2000) caratterizzata da uno stile barchetta (nonostante le evidenti differenze nel layout). La Ferrari Mythos è quindi la definizione reale di un’auto da sogno: il tipo di veicolo di cui puoi innamorarti. Anche se non è mai andata oltre la fase di prototipo (si pensa che esistano solo tre esempi artigianali) ha introdotto diversi elementi di design che hanno influenzato le future vetture da produzione, fissando il tema principale per i modelli Ferrari degli Anni ’90. Le sue strane proporzioni, l’impostazione ampia, bassa e muscolosa trasudano potenza e brutalità, mentre l’irrazionale stile della barchetta la rende persino più desiderabile di molte supercar moderne.