All’indomani della crisi petrolifera che aveva segnato profondamente il mondo dell’auto degli Anni ’70, Marcello Gandini decide di proseguire lungo una linea tracciata già da diversi suoi modelli. Quello che succede con la Lancia Sibilo è straordinario. Si tratta di un pezzo della storia automobilistica del nostro Paese. Come capo della sezione progettuale di Bertone, a Gandini fu affidato il compito di sviluppare un successore della straordinaria Lancia Stratos. Il sei cilindri da 190 cavalli, di derivazione Dino Ferrari, e un telaio Stratos allungato furono usati come base tecnica del nuovo prototipo.
Dopo aver disegnato la Lamborghini Countach e la Lancia Stratos, entrambe archetipi del profilo a cuneo minimalista, all’inizio del nuovo decennio, lo stile di Gandini era diventato sempre più sperimentale. L’Alfa Romeo Navajo del 1976 ne era un chiarissimo esempio. E con la Lancia Sibilo, che ha sbalordito i visitatori al Salone dell’Auto di Torino nel 1978, Gandini aveva lasciato completamente l’orbita dell’idoneità industriale.
Con la Lancia Sibilo di Bertone si venne a creare un concept dalle linee futuristiche che potrebbe apparire fuori dal tempo ancora oggi.
Design allo stato puro
L’obiettivo di Gandini era quello di creare l’illusione di una scultura senza soluzione di continuità e di far apparire la carrozzeria in acciaio battuta a mano, come se provenisse da un cast cinematografico. Le finestrature in vetro venivano stuccate assieme e poi verniciate in modo da non interrompere la continuità formale. Tuttavia, le risorse tecniche erano ancora piuttosto limitate e molte soluzioni, simili a quelle dei film di fantascienza dell’epoca, avevano qualcosa di innegabilmente “artigianale”. L’impressione che il cofano e le porte sembrassero fondersi perfettamente con i finestrini veniva quindi realizzata con sfumature di colore spruzzate a mano, mentre strisce arancioni brillanti segnavano i paraurti come elementi geometrici indipendenti.
Invece di finestrini a scomparsa, c’erano oblò rotondi che potevano essere aperti con non poche difficoltà. Le ruote in colore oro erano realizzate in legno e, secondo una diffusa leggenda, le porte erano invece realizzate in plexiglas, a causa di ritardi nella fornitura dei vetri. Gli interni marrone cioccolato, con le comode poltrone e il primo volante multifunzione, rappresentavano elementi di notevole modernità per l’epoca. Bertone era particolarmente affascinato dall’ergonomia raggiungibile dal volante, qui pieno con tre comandi a pulsante e coadiuvato da una plancia digitale. Proprio la realizzazione del volante partiva da un calco in gesso della mano.
Può sorprendere alla guida
L’aspetto più intrigante della Lancia Sibilo, oltre alle sue linee straordinarie, è rappresentato dalle interessanti prestazioni. Il propulsore Dino V6 posto nella parte posteriore produce un suono incredibile mentre il joystick futuristico nell’abitacolo è collegato a un buon cambio a cinque velocità vecchio stile. L’aria si introduce attraverso le prese dinamiche nel tetto direttamente nei carburatori Weber. Rimane di certo uno dei progetti più incredibili nella storia dell’auto, realizzata dalla Bertone nel Centro Stile di Caprie.
La semi scocca posteriore si può asportare interamente mentre il parabrezza piatto permetteva l’installazione di un tergicristallo a scorrimento orizzontale. I fari erano a scomparsa mentre la denominazione posta in posizione centrale sulla coda posteriore riproduce la medesima grafica dei display digitali dell’epoca.
Sulla Lancia Sibilo rimaneva quindi la meccanica della Stratos, sebbene il passo fosse stato allungato di 10 centimetri. La vettura fino al maggio del 2010 apparteneva a Bertone. Oggi fa invece parte della collezione di Corrado Lopresto.