La Formula 1 di un tempo era caratterizzata dal rischio e dal pericolo. Dal rischio di farsi male seriamente e dal pericolo di perdere la vita. Un periodo assolutamente eroico condizionato da drammi e insidie oltre che da imprese di grande fascino. Una Formula 1 che dal punto di vista della sicurezza aveva ben poco da dichiarare ma molto da distribuire in termini di imprese vere e proprie. La realtà diveniva leggenda e oggi possiamo soltanto immaginare grazie alla memoria del passato e alle sparute immagini, peggio ancora se video, disponibili qua e là. Non è poi raro ammettere che i piloti di allora erano dei veri e propri cavalieri del rischio che battagliavano contro la morte con poche armi: niente caschi o cinture di sicurezza, protezioni zero e rischio elevato.
Lo sviluppo della tecnologia automobilistica negli Anni Cinquanta passava indissolubilmente attraverso la nascente Formula 1. L’automobilismo sportivo era visto come una palestra utile per progredire. Tutti volevano provarci, motivati com’erano a centralizzare una passione che non poteva essere sopita. Se proprio questa poteva essere la storia di un giovane Enzo Ferrari, non fanno eccezione Alfieri, Ernesto ed Ettore Maserati. Tre fratelli di Voghera ma emiliani di adozione. Quando la Ferrari era ancora il lato sportivo dell’Alfa Romeo, loro disponevano già di monoposto da far correre col proprio nome.
C’è rivalità con Ferrari
Tra i due la rivalità si accende ben presto. Due nomi come quelli di Maserati e Ferrari che oggi fanno sognare e che rappresentano l’Italia nel mondo cominciano a darsi battaglia grazie all’automobilismo sportivo. La battaglia tra Maserati e Ferrari si configura all’interno di un periodo di tempo che va dagli Anni Venti agli Anni Cinquanta. Un lasso temporale utile a renderle protagoniste di lotte all’ultimo sangue tra le più incredibili della storia delle corse.
Era facile immedesimarsi nelle imprese dell’una o dell’altra Scuderia. Era più semplice individuare i piloti da ammirare oltre alle macchine da amare. Dopo che le prime due stagioni mondiali, anno 1950 e 1951, erano state appannaggio dell’Alfa Romeo con le Alfetta 158 e 159 e le due successive a marchio Ferrari nelle mani di Alberto Ascari, in casa Maserati non rimangono a guardare. Il Tridente d’altronde nei primi due anni della nuova Formula 1 non era andato oltre a qualche sporadica apparizione nel mondiale, per quello che riguarda l’impegno ufficiale. Ma non bisogna rimanere a guardare.
Nasce la 250 F
Il 1954 è l’anno della svolta. La Maserati giunge in Formula 1 con una monoposto di grande interesse, concepita dagli ingegneri del gruppo: il suo nome è Maserati 250 F. L’ambizione è quella di raggiungere risultati che non erano arrivati con la precedente A6 GCM che comunque nei due anni precedenti aveva permesso alla Maserati di competere a buoni livelli in Formula 1.
La nuova 250 F, guidata anche da grandi nomi come Stirling Moss e Juan Manuel Fangio, viene concepita da tecnici di prim’ordine. Il motore è un sei cilindri in linea da 2,5 litri in grado di sviluppare valori compresi tra 240 e 270 cavalli: lo studio viene affidato a Gioacchino Colombo che arrivava in Maserati nel 1953 dopo aver nutrito ottime esperienze in Alfa Romeo e alla corte di Enzo Ferrari. Ma ancora prima del debutto in gara della Maserati 250 F, Colombo migra verso la Bugatti. Quindi l’ingegnere Vittorio Bellentani affida lo sviluppo del 6 cilindri a Giulio Alfieri. Quello che resta: trasmissione, sospensioni, telaio e freni viene invece affidato a Valerio Colotti. La carrozzeria non può che essere destinataria delle abilità dell’ingegnere Medardo Fantuzzi che assieme al fratello Gino aveva già impostato le mitiche Maserati A6 GCS, 350 S e 200 S.
Ed è un successo
La Maserati 250 F comincia a vincere subito. Lo fa con Juan Manuel Fangio nelle prime due prove mondiali del 1954. L’argentino prima di trasferirsi in Mercedes vince in Argentina e in Belgio. Col trasferimento di Fangio la Mercedes W196 diventa praticamente imperdibile: si comporta bene nei sei Gran Premi successivi ai due vinti con Maserati, vincendone quattro e agguantando anche il titolo mondiale per la sua seconda volta.
La 250 F è molto competitiva ma è afflitta da normali problemi di gioventù. L’olio continua a riscaldarsi fin troppo; il rimedio è quello di praticare aperture lungo diversi punti della carrozzeria della monoposto. Inoltre viene anche aggiunto un radiatore supplementare posto alle spalle della ruota anteriore destra. In pratica la Maserati 250 F subisce prove e riprove quasi come fosse una vettura laboratorio. Viene sperimentato un comando desmodromico per la distribuzione, oltre a due sistemi di iniezione. L’ingegnere Alfieri non ci dorme la notte. Propone ancora a Fangio un propulsore a 12 cilindri decisamente più potente del 6 cilindri iniziale: ci lavorava già dal 1955. Ma Fangio non ci sta ammettendo che il 6 cilindri in linea era già un prodotto collaudato e quindi andava bene così. La cavalleria inferiore rispetto al 12 cilindri di Alfieri l’avrebbe compensata con le sue capacità di guida.
Fangio decide di tornare in Maserati nel 1957: vince quattro Gran Premi su otto totali e si aggiudica il suo quinto titolo mondiale. La 250 F è consacrata. La vittoria del Mondiale in Formula 1 rappresenta quindi una vera e propria consacrazione per la Maserati che comunque aveva fatto man bassa di vittorie in parecchie categorie negli Anni Cinquanta. Ma la storia della 250 F si interrompe col mondiale di Fangio. L’accordo milionario per la fornitura di macchine utensili al governo argentino deposto a causa del golpe del 1955 non si concretizza. La Maserati decide che bisogna abbandonare le gare automobilistiche. Enzo Ferrari chiama alla sua corte la gente che in Maserati aveva permesso vittorie e successi in ogni dove. Ma fino al 1960 la 250 F si vede ancora sui tracciati grazie all’intraprendenza di diversi piloti privati. Un marchio di fabbrica per il marchio del Tridente.