Molto spesso quando si parla di separazione consensuale almeno una delle due parti mente. Quasi sicuramente. Se ufficialmente il sole fa breccia sulle nubi, meglio se scure, nella realtà dei fatti la finzione coincide con la volontà di comprendere al meglio la posizione tra le parti. Era maggio, giorno 12, e in Ferrari il team principal della Scuderia Mattia Binotto si affrettava a fornire un comunicato ufficiale che certificava lo stop della collaborazione con Sebastian Vettel. La motivazione era semplice e la “decisione presa in accordo con Sebastian poiché riteniamo sia la migliore soluzione per entrambe le parti” per dirla con le parole dello stesso Binotto.
Allo stesso tempo il comunicato proseguiva con un malinconico “non è stata una scelta semplice, considerato il valore di Sebastian sia come pilota che come persona. Non c’è stato un motivo specifico che ha determinato tale decisione ma la comune e amichevole constatazione che era arrivato il momento di dividere le nostre strade”. Dopo quasi due mesi di silenzio le versioni non combaciano più, Sebastian durante la conferenza del giovedì che ha aperto ufficialmente questa strana stagione di Formula 1, ha parlato. E ha detto tutt’altro.
Separati in casa
Proprio ieri Sebastian Vettel ha compiuto 33 anni e come un Cristo di ovvia modernità viene trafitto. Ma nella farsa di una telenovela d’altri tempi accanto all’immaginario Cristo 33enne di stanza germanica c’è un Giuda che bacia a tradimento, uno che purtroppo potremmo identificare nelle vesti di un Mattia Binotto che fino a ieri pomeriggio non aveva ancora espresso il suo parere su quelle parole di Vettel che lasciavano trasparire una consensualità scritta solo su carta.
Alla prima occasione utile Vettel, lontano dai social e dai rimpasti di improbabili manager (che non ha), ha parlato di persona dipingendo una versione dei fatti chiara e concisa che probabilmente nessuno si aspettava. Il tedesco giovedì ha fatto intendere che “non c’è stato un reale punto critico. Per questo sono rimasto molto sorpreso della telefonata di Mattia che mi comunicava che la Ferrari non aveva intenzione di continuare. Non c’è stata mai un’offerta sul tavolo”. Di certo in Ferrari forse hanno pensato che i panni sporchi si lavano in casa, senza ipotizzare che l’interlocutore avrebbe probabilmente evitato di abbassare la testa.
In ogni caso l’argomento rinnovo o non rinnovo ha rappresentato una trattazione particolarmente spinosa in casa Ferrari. Ci sarebbe stato da capire se il tedesco fosse stato disponibile a rivestire quel probabile ruolo di seconda guida prospettato dalla nuova gestione Leclerc-centrica. C’era poi da comprendere la riduzione in termini di compenso (comunque da verificare) e la corretta gestione degli ordini di squadra per i quali Vettel ha già espresso il suo parere in riferimento alla stagione che sta per partire stavolta sembra seriamente. Di certo c’è però che Binotto dapprima al Montmelò e poi in Australia, quando gli si chiedeva di Vettel ammetteva a più riprese che il tedesco rappresentava la prima scelta per la Ferrari.
Rinnovo sfumato
Anche lo stesso Sebastian Vettel, sempre a Melbourne, ammetteva di essere piuttosto certo di quello che sarebbe stato il suo futuro. Perlomeno da lì ad un anno. Il tedesco aveva ammesso che il suo obiettivo rimaneva tale e quale a quello prefissato parecchi anni prima: vincere con la Ferrari visto che fino a questo momento ciò che era un desiderio “non era stato raggiunto. Il mio obiettivo è quello di vincere con la Ferrari” aggiungeva difatti Sebastian.
Insomma, volendo fornire un risultato ad un’equazione semplice semplice nulla avrebbe fatto presagire una rottura di tale calibro tanto da configurare un dato facilmente ipotizzabile col segno positivo. Ma è chiaro che qualcosa si sarà inceppato per strada. Di certo appare strano che Binotto e Vettel non abbiano trovato il tempo di discutere su certi argomenti che avrebbero condotto magari ad una credibile motivazione che avrebbe fornito le basi per un rinnovo. Ma forse potrebbe essere persino più probabile una decisione presa a Maranello ancora prima di proporre qualcosa sul tavolo. Di certo i presupposti per un rinnovo sembravano molteplici, ma così poi non è stato.
L’orgoglio mai domo
Fino ad ora Vettel non aveva mai discusso di faccende interne in pubblico. Ma ora sa che non c’è più niente da perdere perché il giovedì d’Austria ha rappresentato la pagina di apertura di una stagione da svolgersi all’attacco, possibilmente col coltello tra i denti di chi purtroppo vivrà un’annata da separato in casa. In Austria c’è l’avvio di un processo evolutivo che durerà fino al termine di questa stagione: di certo l’appunto fornito sulla realtà dei fatti, certifica un Vettel dal dente avvelenato pronto a reagire con orgoglio.
Di certo Sebastian non chiuderà la parentesi Ferrari col sorriso di chi va via dopo aver concretizzato tanto. Di certo Sebastian non sarà un essere semplice da trattare in una stagione da separato in casa iniziata già col coltello tra i denti; il presagio che possa venirsi ad identificare una stagione poco distesa è quasi certezza assoluta. Sempre giovedì aveva infatti messo in chiaro la sua visione sui possibili ordini di squadra destinati al giovane Leclerc facendo trasparire ulteriori dosi di orgoglio mai domo. Forse perché in fondo al suo cuore c’è un’area che batte al passo di chi ama la Ferrari mentre la rimanente sezione dice che il sogno di emulare uno come Schumacher è rimasto tale e mai più si ripeterà. Insomma, nelle parole di Vettel c’è un po’ tutto quel Vettel che forse è mancato in qualcuno di questi anni trascorsi a Maranello.
Il dubbio
Il dubbio necessario è da ricercare nel perché sia stata fornita una versione dei fatti che si discostava dalla realtà. Con buona pace di chi vive di sincerità, non sapremo mai come sono andate le cose e perché si è preferito puntare su una consensualità diventata poi ben altro. Le notizie che danno Vettel restio a considerare un contratto in discesa libera in termini di quattrini disponibili appaiono difficili da poter credere. Forse è più probabile, come ipotizzato da altri, che Vettel non abbia accettato lo status di probabile seconda guida.
La certezza del non rinnovo e della conseguente preferenza indirizzata verso Carlos Sainz ha fatto crollare velocemente un set di tempistiche discusse in precedenza. Per molto tempo in Ferrari si era infatti parlato del fatto che proprio le prime cinque gare avrebbero fornito il dato utile per capire se continuare a puntare su Vettel o no. Non c’è stato bisogno di dimostrare niente o di dimostrare di non poter continuare su quella stessa via (per carità!). È chiaro che con la scelta di Carlos Sainz a Maranello hanno certificato ulteriormente quella volontà mai sopita di voler puntare tutto su Charles Leclerc, peraltro ipotesi ben certificata da un contratto a lunghissimo termine come mai visti fino ad ora. È pure plausibile ammettere che forse in Ferrari la decisione era stata presa già con la proroga fino al 2024 per Leclerc o quando in gennaio furono avviati seriamente i contatti con Carlos Sainz. Dal punto di vista della Ferrar, questo è abbastanza legittimo e in qualche modo plausibile. Ma perché non ammetterlo (ovviamente se così fosse) in maniera ufficiale?
L’andazzo dice nulla di buono
Di ufficiale c’è quindi il fatto che Vettel e la Ferrari si sono lasciati male a metà maggio e ora che ancora dovranno convivere per un’altra stagione gli effetti potrebbero risultare ben presto visibili. Probabilmente anche in Austria se qualcosa dovesse andare storto. Il rischio di logorare quest’ultima parentesi assieme è parecchio alto e visti i presupposti purtroppo c’era anche da aspettarselo. Pensandoci bene, quando a maggio Vettel dichiarava che “non c’era più il desiderio di continuare oltre la fine di questa stagione” probabilmente aveva fornito il succo della vicenda; erano venute a mancare le condizioni di armonia e fiducia, in un ambiente divenuto via via più stretto per il tedesco.
Forse a Maranello hanno sottovalutato il fatto di posizionare Vettel nella condizione di chi vive da separato in casa per una buona fetta dell’anno. Il tedesco potrebbe ritrovare proprio quest’anno quell’orgoglio che gli è mancato negli ultimi tempi, che se coadiuvato da una concreta SF1000 potrebbe portare ad ottime cose da qui alla fine dell’anno. Senza dimenticare l’avvertimento fornito già a Leclerc. Piccole cose che mostrano l’immagine di un Vettel che mancava, uno che nella sciagura di una situazione strana forse riuscirà a trarne un beneficio. Il tedesco procede quindi lungo una stagione particolare con gli strascichi di chi ha il cuore a pezzi e molte volte chi si ritrova in una condizione tale risulta persino difficile da controllare, figuriamoci da coccolare ormai che le cose hanno preso la direzione che non ti aspettavi.
Ipse dixit
Ci è voluto un giorno intero per metabolizzare le parole di Vettel che giovedì hanno sconquassato l’atmosfera rilassata di un Red Bull Ring chiuso al pubblico e condizionato da bolle protettive e protocolli da tenere in considerazione. È il lasso di tempo servito a Mattia Binotto, e alla Ferrari, per capire bene come reagire alle parole del tedesco che aveva inanellato una visione differente sull’addio.
Le parole di Mattia Binotto sono arrivate soltanto ieri all’interno della consueta conferenza stampa del venerdì, alla quale partecipano i responsabili dei team. Binotto non ha potuto fare altro che confermare la versione rinnovata a firma di Vettel: “Seb si è detto sorpreso e io gli credo, ricordo che lo era davvero” ha detto. Ma poi ha proseguito ammettendo che “Sebastian era comunque la nostra priorità, la nostra prima scelta, lo avevamo comunicato a lui privatamente ma anche a tutti pubblicamente. Vi confermo la nostra dichiarazione resa in inverno. È normale anche che in inverno molti piloti ci chiedono se ci siano possibilità di guidare per la Ferrari, ci hanno contattato, ma questo non ha cambiato la nostra posizione nei confronti di Seb”.
Il team principal ha quindi rivelato quelli che sono stati i motivi che hanno finito per chiudere la porta in faccia a Vettel che fino ad un certo punto è stato sempre la priorità del team di Maranello: “la situazione è cambiata con la crisi della pandemia da Coronavirus. La situazione ha stravolto il mondo, non solo la Formula 1. È cambiato il budget cap, diventato più aggressivo, le regole previste per il prossimo anno sono state ritardate di un ulteriore anno e gli aggiornamenti aerodinamici hanno subito uno stop. Poi come se non bastasse non è nemmeno partita la stagione quindi Seb non ha avuto l’opportunità di tornare in pista e dimostrare quanto fosse motivato per guidare per la Ferrari. È stata una situazione molto sfortunata per lui. Abbiamo dovuto rivedere la posizione della Ferrari, quindi abbiamo fatto questa scelta prendendo questa decisione che abbiamo comunicato a Vettel. È stata una nostra responsabilità. Sebbene non abbia accettato questa nostra decisione, penso che oggi non sia del tutto felice ma questo è anche ovvio ma lo rispetto davvero sia professionalmente che a livello umano”.
Il Mea Culpa c’è, ma ormai rimane tale. Possibilmente per certi versi la decisione sarebbe stata presa alla fine della stagione, sempre che Vettel non si fosse reso protagonista di un anno da redivivo, ma una cosa è certa: per tutto l’anno bisognerà stare attenti all’orgoglio mai domo di uno che è comunque un quattro volte campione del mondo, uno che nella Ferrari aveva riposto sogni e speranze che per vari motivi non sono mai stati tramutati in realtà dei fatti. Di certo, di fronte ad una storia finita di tale portata, se ne continuerà a parlare fino all’ultimo Gran Premio in programma ad Abu Dhabi. La separazione (non più consensuale) continuerà a tenere alta l’attenzione sul rapporto interrotto tra Vettel e la Ferrari, un po’ come quella volta di sei anni fa in cui cominciava questa storia che avrebbe dovuto avere un percorso meno tormentato e un epilogo di altra portata. Per la stagione che comincia sembra venire in soccorso il canonico detto “ognuno per sé e Dio per tutti” perché non c’è niente da perdere se non dimostrare di poter stare davanti a tutti e placare le voci dei maligni. D’altronde in Formula 1 molto spesso il meglio di un pilota viene fuori proprio quando questo viene ferito. Nell’orgoglio.