Dopo aver acquistato Maserati dalla Citroën del 1976, Alejandro de Tomaso decise di portare sul mercato una vettura molto particolare chiamata Maserati Biturbo. Doveva essere il modello dei grandi numeri grazie al suo prezzo competitivo e a una produzione di almeno 5000 esemplari all’anno.
L’obiettivo però non fu mai raggiunto, anche a causa dei problemi di affidabilità per via della corsa alla commercializzazione che non portò allo sviluppo completo dell’auto. Oltre a questo, poche settimane dopo la commercializzazione, la casa automobilistica modenese decise di aumentare il prezzo di listino che portò a un blocco delle vendite.
Maserati Biturbo: la vettura fu proposta in diverse configurazioni
La Maserati Biturbo dispone di un design molto elegante da coupé a tre volumi e un’impostazione tecnica costituita da un motore montato anteriormente in posizione longitudinale, una trazione posteriore, delle sospensioni anteriori a ruote indipendenti, un retrotreno a bracci oscillanti e un impianto frenante composto da dischi sia davanti che dietro.
Più nello specifico, sotto il cofano fu implementato un motore V6 bialbero derivato da quello della Merak con cilindrata di 2.5 litri per i mercati esteri e da 2 litri per l’Italia. Nel primo caso, il propulsore sviluppava una potenza di 192 CV mentre nel secondo 180 CV.
Rispetto all’unità utilizzata sulla Merak, il V6 disponeva di tre valvole per cilindro anziché due e di un sistema di sovralimentazione composto da due turbocompressori (uno per bancata). Per far fronte alla produzione prevista di 35 esemplari al giorno, soltanto il propulsore e le sospensioni vennero assemblate nello stabilimento di Modena mentre il resto fu prodotto nella fabbrica di Innocenti presente a Milano.
Nel 1984 debuttava la Biturbo S
Nel 1984, la Maserati Biturbo ottenne un’evoluzione chiamata Biturbo S di cui vennero costruiti 1038 esemplari fino al 1986. Sotto il cofano fu implementato un motore da 2 litri potenziato grazie all’implementazione di un intercooler che consentiva di aumentare la pressione dei turbocompressori.
Oltre a questo, la vettura vantava quattro freni a disco, degli interni con diverse finiture, una diversa strumentazione e una livrea sportiva con griglia frontale a nido d’ape. Inoltre, gli ingegneri del Tridente implementarono un alettone posteriore, delle minigonne laterali, delle cornici dei vetri brunite e tanto altro ancora.
Nel 1985 vennero presentate le versioni 425 e Spyder. La prima era una berlina a quattro porte mentre la seconda una spider a due porte. Entrambe erano equipaggiate da un motore V6 biturbo da 2.5 litri con potenza di 192 CV.
Nel 1988 e nel 1991 furono presentati due restyling
Pochi mesi dopo arrivarono in esclusiva per l’Italia le Biturbo 320 e Biturbo Spyder 2.0 con V6 da 2 litri da 180 CV. Nell’86, invece, giunse sul mercato la Maserati Biturbo 420 S con potenza di 205 CV.
A partire dal 1987, tutti i motori disponevano dell’alimentazione ad iniezione elettronica Multipoint e ciò portò un leggero aumento di potenza. Nel 1988 venne annunciato un restyling della Maserati Biturbo ad opera del designer Marcello Gandini il quale rivoluzionò l’intera gamma della vettura. Tutte le varianti disponevano di nuovi paraurti, nuovi interni e un frontale più morbido.
Anche la gamma dei motori fu aggiornata: si partiva da un V6 biturbo da 2 litri a tre valvole per cilindro e iniezione con potenza di 222 CV fino ad arrivare a un nuovo V6 a quattro valvole da 2.8 litri con potenza di 250 CV.
Nel 1991 fu presentato il secondo restyling della Maserati Biturbo. In particolare, la gamma si ampliò con il debutto della versione Racing prodotta in soli 230 esemplari. Sotto il cofano venne implementato un motore V6 con 24 valvole capace di erogare ben 285 CV di potenza. Infine, la Maserati Biturbo venne sostituita dalla Ghibli nel 1992.