Dopo la crisi finanziaria, Chrysler era di gran lunga la più debole delle cosiddette “Big Three” delle case automobilistiche degli Stati Uniti. Una task force creata dall’ex Presidente Obama e guidata dall’ex banchiere di investimenti Steven Rattner, ha voluto lasciare che la casa automobilistica venisse acquistata dalla Fiat. Probabilmente la fusione con la società dell’amministratore delegato Sergio Marchionne è arrivata al momento giusto. Da allora infatti Fiat Chrysler Automobiles ha prosperato in un boom di vendite negli Stati Uniti puntando forte su Pick Up e SUV, e mettendo in scena uno spin-off di Ferrari che adesso è diventata una società indipendente e separata da FCA.
Niente di tutto questo però garantisce a FCA di sentirsi al riparo dalla flessione del mercato auto che negli USA è attesa per i prossimi anni. Marchionne questo lo sa e ha cercato di ottenere per FCA una fusione con un altro grosso gruppo. Tutti gli sforzi del numero uno però fino a questo momento non hanno portato concreti risultati. General Motors fino ad ora ha detto no, anche se a quanto pare alla nuova amministrazione Trump piacerebbe l’idea di una fusione tra due delle più grandi aziende automobilistiche del paese che darebbe origine al più importante gruppo a livello mondiale.
In questo momento però il vero problema per Fiat Chrysler è che rispetto a Ford e GM il gruppo italo americano presenta un forte livello di indebitamento. Marchionne infatti prima di lasciare la guida della società intende ridurre di molto questo debito. La situazione però non è facile soprattutto con l’avvento di Trump, il quale ha promesso dazi a chi importa auto dall’estero e questo potrebbe provocare problemi al gruppo di Sergio Marchionne, che ha molti stabilimenti in Messico. Questo significa che FCA potrebbe essere colpita duramente da una rinegoziazione del trattato NAFTA o dall’introduzione di una tassa di confine.
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Questa tassa potrebbe essere compensata, come avverrebbe del resto anche per gli altri fabbricanti d’automobili, da un taglio fiscale alle imprese e dalla riforma della regolamentazione del settore. Ma se si guarda a Ford e GM, queste, secondo gli analisti, anche adesso hanno la forza economica e finanziaria per gestire una crisi, altrettanto probabilmente non si può dire di Fiat Chrysler. Dopo l’incontro con il nuovo inquilino della Casa Bianca la scorsa settimana, Sergio Marchionne ha detto che “le questioni economiche che il presidente Trump ha sollevato sono complessivamente positive per FCA.”
Ma ha aggiunto: “Ciò che mi preoccupa è il trattamento asimmetrico di alcune di queste proposte, soprattutto sul lato fiscale”. Insomma a differenza di quanto ipotizzano alcuni analisti che vedono solo cose positive per Fiat Chrysler dall’elezione di Trump, nei prossimi anni non mancheranno i momenti difficili per il gruppo italo americano.