Quando nel 1910 a Milano venne costituita l’ALFA, gli allora dirigenti della società scelsero come “marchio” due noti simboli del capoluogo lombardo: la “croce rossa” dello stendardo comunale (le cui origini risalgono al 1100) e quel Biscione simbolo del casato visconteo. Due simboli carichi di tradizione e leggenda che non avevano molto a che fare con la tecnologia e la tecnica automobilistica. Ma la scelta era in perfetta armonia con la sua filosofia e con l’immagine del carattere della città, al centro della rivoluzione industriale pur conservando gelosamente i simboli propri delle origini medioevali che la contraddistinguevano.
Facendo un piccolo excursus nella storia scopriamo che nel 1095 partiva per Gerusalemme la prima delle sette Crociate, fatta da un esercito di uomini, mistici ed avventurieri che, lasciando sul campo più di centomila morti, riuscirono a conquistare la Città Santa. A capo di quella crociata vi era Ottone Visconti, Signore di Invorio e di Oleggio Castello, antenato di quei Visconti che, trecento anni dopo, sarebbero diventati i Signori di Milano. L’inserimento della “croce rossa” nel simbolo della città è, quindi, il tributo a quegli uomini e donne tornati in città “da eroi”.
Non si fece altro che utilizzare il Biscione su sfondo azzurro (altro simbolo totemico dei longobardi) peraltro già utilizzato come amuleto appeso al collo e dipinto sulla loro bandiera, alla croce rossa cittadina. Il serpente apparteneva alla leggenda (risalente addirittura al neolitico) ed accomunava tutte le razze da Oriente ad Occidente, persino riportato nella Bibbia.
Nel 1295, Matteo Visconti detto il Grande, all’ombra della protezione di suo zio arcivescovo, adottò il simbolo inserendolo in quello del casato; tale adozione venne considerata dal Papa come un’usurpazione da punire con la scomunica. Il suo dominio era prettamente militare, per nulla fondato sulle imprese compiute o sul prestigio ereditario di un casato tra i meno noti ed influenti del periodo.
Matteo Visconti, astutamente, seppe creare intorno a se un alone di leggenda da tramandare ai posteri, conquistando le simpatie del popolo a cui donò l’idea di avere a se l’eredità della storia e della tradizione longobarda. Gli scrittori di corte vennero comandati di inventare la storia del casato come direttamente discendente dalla stirpe longobarda, animando così la nascita di leggende fatte di draghi eroicamente uccisi nei laghi dell’hinterland milanese da Uberto, signore di Angera, all’inizio del sesto secolo.
Il tema del serpente, invece, venne sapientemente rielaborato dagli araldisti di palazzo in modo che potesse essere utilizzato come stemma del casato. In araldica, infatti, come nella mitologia non biblica, il drago è il simbolo della fedeltà, della vigilanza, della sagacia politica e del vigore militare.
Dal 1910 al 1915 il simbolo venne ripreso fedelmente per la realizzazione del primo stemmaa costituito dai due simboli milanesi racchiusi in un piccolo cerchio metallico sul quale si leggeva la scritta ALFA – MILANO con le due parole separate da due nodi sabaudi con i quali la Casa rendeva onore alla Casa regnante in Italia.
Quando nel 1915 la fabbrica del Portello venne acquistata dall’industriale Nicola Romeo, sul piccolo cerchio metallico si poteva leggere “Alfa Romeo – Milano”. Nel 1925, poi, dopo la conquista del primo Campionato del mondo da parte della P2, il Marchio venne circondato da una corona di alloro in metallo sbalzato.
Dopo la caduta della Monarchia nel 1946, i nodi sabaudi lasciarono spazio a due trattini ondulati per un simbolo che rimarrà invariato fino agli anni Settanta quando, con la costruzione a Pomigliano d’Arco dello stabilimento Alfasud, scomparve dal Marchio la parola “Milano”.
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