L’idea alla base dell’Alfa 90 era decisamente nobile: riaffermare il marchio del Biscione all’interno di un segmento fortemente competitivo all’ora, quello E, con un progetto moderno almeno nelle linee e nell’impostazione tematica. L’eredità da raccogliere appariva però parecchio pesante e forse anche difficile da coadiuvare visto il piacevole successo dell’Alfetta che nel 1982 risultava ormai superata sebbene i favori del pubblico apparivano ancora particolarmente ampi. In questo contesto prende vita l’Alfa 90, Progetto 162A, con la volontà di riportare in auge l’Alfa Romeo all’interno del competitivo mondo delle berline veloci e prestigiose.
Il principale ostacolo nell’avventura appena cominciata è rappresentato dalla BMW che in quegli anni disponeva di una grossa diffusione sul suolo italiano. Il Biscione comprende che bisogna fermare l’avanzata teutonica riportando bene in vista un marchio di ampie vedute. La denominazione affidata alla nuova berlinona ha un carattere piuttosto interessante; il numero 90 significava che la berlina sarebbe stata quella dell’ultimo decennio a chiudere il secolo 1900. Ma non vide mai quella conformazione temporale perché il successo si fece attendere troppo e bisognava quindi puntare su una berlina nuova davvero, ma nata da un progetto collaborativo: la 164.
Eredità ingombrante
Quando nel 1982 si decide di applicare una svolta puntando su quel Progetto 162A che avrebbe dato vita all’Alfa 90, l’eredità con cui si ha a che fare appare subito particolarmente ingombrante. Tutti intuiscono ben presto che raccogliere il testimone dell’Alfetta non è semplice per nessuno, nonostante ormai la berlina si trovava in una condizione di chi ha già fatto il suo tempo. Ma gli appassionati spesso non conoscono tempistiche e valori temporali tanto che amavano ancora le qualità dinamiche e stilistiche di quella vettura, tanto da mal digerire la sua sostituzione.
Per mitigare ogni possibile critica, l’Alfa 90 sfrutterà una base meccanica già consolidata di derivazione Alfetta. La disposizione del motore è chiaramente anteriore ma rimane la trazione sull’asse posteriore dove non manca l’interessantissima sospensione a Ponte De Dion col Parallelogramma di Watt con masse sospese poste internamente ovvero con i freni posteriori ai lati del differenziale che veniva proposta in blocco con cambio, frizione e differenziale. Una impostazione Transaxle fortemente raffinata che produceva un comportamento ad altissimi livelli di dinamicità oltre che sicuro. Il tempo a disposizione per la sostituzione effettiva dell’Alfetta risultava quindi particolarmente ridotto, elemento che in accordo con la scarsità degli investimenti disponibili e della non proprio fervida volontà a progettare e realizzare un pianale nuovo e differente da quello già collaudato dell’Alfetta fece propendere i tecnici del Biscione a mantenere il medesimo pianale seppur aggiornato con alcune novità che lo adattavano ai tempi. Veniva introdotto ad esempio il servosterzo e nuovi tiranti per il comando del cambio con sincronizzatore a doppio anello che permettevano una escursione ridotta e innesti più precisi. Inoltre vennero introdotti alcuni rinforzi per meglio sopperire alle motorizzazioni più potenti a disposizione.
Allora l’Alfa Romeo si trovava all’interno di una crisi economica profonda che conduceva esclusivamente ad un concreto lavoro di contenimento dei costi. Non è un caso che oltre al pianale, le dimensioni esterni erano pressoché identiche a quelle dell’Alfetta da cui derivava e di cui sfruttava anche gli attacchi delle sospensioni, il giro porta e anche le quote d’angolo del parabrezza e del lunotto posteriore.
Stile Bertone
Già ad uno sguardo poco attento ciò che risaltava subito all’occhio era la notevole rivisitazione estetica proposta dall’Alfa 90 in riferimento alle linee che furono dell’Alfetta. La berlina mutuava infatti sia all’esterno che all’interno sebbene l’impostazione stilistica fosse affidata come per l’Alfetta sempre a Bertone. Quando l’Alfa 90 appare per la prima volta al Salone di Torino anno 1984 i giudizi sono contrastanti: c’è chi applaude al nuovo disegno proposto da Bertone accanto a chi crede che la vettura rappresenti solamente un concreto restyling dell’Alfetta.
Bertone, dovendo misurarsi con un’impostazione dimensionale del tutto identica a quella dell’Alfetta con la classica conformazione a tre volumi, si mette all’opera con la solita maestria che caratterizza il noto carrozziere. La volontà è quella di mutare l’impostazione stilistica delle vecchie Alfa Romeo per meglio affacciarsi al nuovo decennio. Bertone introduce quindi linee tese e una interessante forma a cuneo particolarmente compatta, elementi in controtendenza con le scelte dell’epoca. L’idea era quella di distaccarsi dalla concorrenza. L’Alfa 90 introduce inoltre una nuova ricerca aerodinamica che permette di ridurre di 6 punti il Cx dell’Alfetta, ora fissato infatti a 0,37. È un dato interessante ottenuto grazie ad una carrozzeria più affilata e all’esclusione di elementi come i gocciolatoi oltre che all’introduzione di un paraurti anteriore più avvolgente ma anche al parabrezza e al lunotto che venivano incollati con profili in gomma a filo carrozzeria. Proprio in quest’area si concentra una novità di grande rilievo. Trova infatti applicazione uno spoiler che si abbassa in automatico una volta superati gli 80 km/h di velocità sfruttando la sola spinta dell’aria e aumentando la portata d’aria in ingresso nel vano motore. In questo modo l’Alfa 90 alle alte velocità risulta più stabile all’avantreno, molto di più rispetto ad una comune Alfetta. Quando l’Alfa 90 era ferma lo spoiler si sollevava per evitare urti ad esempio con i marciapiedi.
Il frontale, sebbene appaia meno aggressivo rispetto a quanto visto in passato, rimane legato agli stilemi del marchio. Immancabile la calandra a sviluppo orizzontale dotata di quattro profili orizzontali con lo Scudetto Alfa Romeo al centro, generatore di due nervature che percorrono il cofano motore, e i grandi fari rettangolari ai lati. La vettura si caratterizza anche per alcuni elementi tipici del design di Bertone come i passaruota squadrati. Non manca poi la scelta di adoperare materiali molto interessanti. La carrozzeria fa infatti ampio uso di acciai alto resistenziali che permettono di introdurre lamierati rigidi ma sottili. Ne derivano ulteriori elementi stilistici come il profilo ad L sul montante posteriore utile a coprire una nervatura di rinforzo e la scalfitura che percorre la fiancata destinata ad un aumento della rigidezza complessiva delle lamiere; il peso della scocca, grazie a questi accorgimenti, si riduce di più di 20 chilogrammi alla bilancia.
In definitiva si può dire che i vincoli imposti dalla derivazione costituita dall’Alfetta si notano in parte visto che la parte inferiore della vettura appariva più moderna e cozzava con un’impostazione più classica e spigolosa in alto dove il confronto con l’Alfetta si faceva più evidente. Appariva inoltre massiccia la coda alta e tozza con l’importante sviluppo a tutta larghezza della fanaleria. In ogni caso l’analisi stilistica non può ritenersi completamente negativa: la commistione di idee e vedute stilistiche, in accordo con i canonici vincoli progettuali dovuti alla derivazione dall’Alfetta, forniscono probabilmente un valore aggiunto all’Alfa 90.
Interni di rappresentanza
Con l’Alfa 90 in casa Alfa Romeo nasce l’intenzione di proporre una berlina di rappresentanza, in accordo con una vettura più sportiva rappresentata allora dall’Alfa Romo 75. Tale proposizione si traduce in un abitacolo che introduce schemi ed elementi dedicati in accordo con motorizzazioni di tutto rispetto visto che a quel tempo ormai la crisi energetica è un retaggio e le concorrenti hanno amplificato le loro prestazioni. Gli interni dell’Alfa 90 sono fortemente indirizzati ad un pubblico di alto profilo che non disdegna l’uomo d’affari che chiede a gran voce alti standard in ogni dove. In accordo con tale definizione non manca addirittura un allestimento in grado di offrire uno specifico vano utile a fare da “contenitore” per una valigetta 24 ore appositamente realizzata. La plancia poi subisce la solita impostazione massiccia, col moderno intersecarsi di volumi e forme ben definite, frutto della visione dell’epoca in accordo con l’idea di Bertone del tempo.
La conformazione dei sedili mutava soprattutto all’anteriore visto che dietro il divano rimaneva pressoché quello visto sull’Alfetta con due poggiatesta integrati e l’utile bracciolo centrale richiudibile. Davanti invece le sedute apparivano rinnovate e anche i pannelli porta. Tutto nuovo l’impianto destinato alla climatizzazione con bocchette regolabili e nuovi comandi a manopola mentre nulla cambiava dal punto di vista della strumentazione analogica con tutti gli strumenti utili a gestire al meglio un’Alfa Romeo ad eccezione della presenza del cosiddetto “modulo di efficienza” che tramite un indicatore a LED permetteva di sapere quando era meglio cambiare marcia per mantenere al meglio l’aspetto relativo ai consumi. Viene inoltre introdotto il check panel, Alfa Romeo Control, che informava su vari parametri tramite indicatori a LED rossi. In definitiva l’intera impostazione della plancia appariva decisamente moderna. Molto interessante il fatto che al di sotto del bracciolo centrale anteriore trovava posto un ampio portaoggetti circondato dal maniglione del freno a mano che si vedrà anche sulla 75. La dotazione appariva molto curata visto che già a partire dalle versioni base c’erano i finestrini elettrici anteriori, le chiusure centralizzate e la strumentazione completa dell’Alfa Romeo Control e Modulo di Efficienza.
La più ricca Quadrifoglio Oro possedeva invece anche i vetri elettrici posteriori, il servosterzo, i sedili regolabili elettricamente, gli specchietti elettrici e un interessante computer di bordo. Tuttavia a spiccare più di ogni altra cosa era la strumentazione digitale optoelettronica dotata di un quadro strumenti completamente digitale con elementi fluorescenti. Forse un po’ troppo per un’Alfa Romeo, ma fortemente al passo con le mode del tempo.
Motori di tutto rispetto
Sotto il profilo motoristico, l’Alfa 90 possiede ottime doti. Al top bisogna porre la Quadrifoglio Oro dotata dell’ottimo 2,5 litri capace di 156 cavalli e impostazione V6 con iniezione elettronica, una variante molto apprezzata soprattutto all’estero grazie all’ottimo compromesso tra prestazioni e comfort complessivo. Molto interessante risulta anche la 2.0i dotata dell’iconico 4 cilindri bialbero con 128 cavalli di potenza e accensione e iniezione integrate con variatore di fase che migliora l’erogazione ma disponibile anche a carburatori.
Dal punto di vista fiscale appare più apprezzata la 1,8 con 120 cavalli di potenza e in grado di erogare quel sound tipico dei motori a carburatore del Biscione. Per le lunghe percorrenze c’era invece il turbodiesel VM a quattro cilindri da 2,4 litri e 110 cavalli di potenza: il motore subisce un incremento di potenza, rispetto ai 90 cavalli iniziali, grazie all’adozione di un nuovo albero a camme, ad una pompa ad iniezione e a una nuova turbina.
Accoglienza buona ma successo sotto ogni aspettativa
L’accoglienza iniziale dell’Alfa 90 risulterà buona. Ma all’improvviso le vendite cominciano a seguire un andamento decisamente discendente dimostrando un successo scarso che va al di là di ogni possibile aspettativa. Tuttavia, come spesso accade, la motivazione del fallimento va ricercata all’interno della stessa gamma visto che soltanto un anno dopo il debutto l’Alfa Romeo introduce la più sportiva e meno costosa 75. Qualche tempo dopo comincia a circolare la voce di un possibile arrivo di una nuova Alfa Romeo basata sulla collaborazione intercorsa tra Fiat, che diviene proprietaria del Biscione, Lancia e Saab che diverrà realtà nel 1987. Ma le perplessità avanzate fino a quel momento vengono momentaneamente mitigate nel 1985 quando l’Alfa Romeo decide di introdurre il motore 2.0 V6 già usato sull’Alfa 6 che utilizza il noto sistema CEM per accensione e alimentazione. La targhetta identificativa, in accordo col volante in pelle e il doppio scarico, forniscono l’idea di una vettura dinamica al punto giusto e il suono del V6 appare corposo e silenzioso allo stesso tempo.
Nel 1986 viene introdotto invece un restyling decisamente anticipato che aggiorna dotazioni e rivestimenti interni con l’introduzione dell’iconica denominazione “Super”. L’Alfa 90 possiede ora rapporti del cambio rinnovati e il motore turbodiesel con una migliore erogazione capace ora di 112 cavalli di potenza. Cambia anche la calandra anteriore, ora con maglie sottili, il portatarga posteriore e anche altre finiture esterne. Per la prima volta viene anche introdotto su un’Alfa Romeo il sistema ABS. La Quadrifoglio Oro, che non si chiama più così, ritorna alla più convenzionale strumentazione analogica. Ma non serve tutto questo per risollevare la sorte dell’Alfa 90 ormai destinata all’oblio: servirà un anno, quando giunti al 1987 la vettura lascia il posto alla 164. Ma contestualmente, come fosse il Canto del Cigno, vengono introdotte due varianti molto particolari: una versione giardinetta realizzata da Marazzi e l’Alfa 90 Campione con assetto e cerchi sportivi e il classico “Rosso Alfa Romeo” per la carrozzeria. Le ultime, destinate all’estero, saranno completate nel 1989 a due passi da quegli Anni Novanta che non vedrà mai e poi mai dopo aver venduto poco più di 56.400 unità.