È un legame che non si può escludere quello che l’Alfa Romeo interpone fra sé stessa e le corse. Il Biscione è stato il primo marchio a vincere il primissimo mondiale di Formula 1 quando il campionato era frutto di una compagine eroica dei veri cavalieri del rischio. A ricordarci che l’Alfa Romeo non può vivere senza le corse è quella volontà espressa da Sergio Marchionne di riportare, seppur come title sponsor, il Biscione nel Circus affidandosi a una struttura iconica come la Sauber. C’è poi la volontà dei privati che tanto vorrebbero l’Alfa legata al motorsport e gente come la Romeo Ferraris di Opera che si inventa una Giulia ETCR ovvero una Giulia privata del suo cuore pulsante a pistoni ed equipaggiata da una potente unità elettrica per competere con colossi d’ampia portata in un campionato mondiale per vetture turismo.
L’Alfa Romeo è da sempre sinonimo di motorsport ed è un peccato vederla oggi così lontana da quell’idea romantica legata alle corse. Da quella P2, progettata dall’immenso Vittorio Jano, incredibile, sopraffina, tecnologicamente avanzatissima e capace di dominare la scena di un primissimo esempio di campionato mondiale per automobili disposto su quattro prove totali da disputarsi nel 1925. Le P2 vinsero a Spa-Francorchamps con Antonio Ascari e a Monza con Gastone Brilli-Peri aggiudicandosi la serie antesignana della più moderna Formula 1.
Il campionato mondiale vinto nel 1925 fu alla base di un orgoglio smisurato riprodotto da una corona di alloro sul logo dell’epoca (oggi scomparsa dall’attuale conformazione stilistica) che racchiudeva chiaramente l’immancabile Croce Rossa e il Biscione Visconteo. Un orgoglio che guardando all’oggi sembra essersi perso chissà dove.
Il Quadrifoglio Verde tra fortuna e sfortuna
La simbologia è sempre stata un elemento importantissimo nella cultura Alfa Romeo, anche legandola al mondo delle corse. Fu così che la prima Alfa Romeo, una splendida RL Rosso Alfa, ad aggiudicarsi la mitica Targa Florio del 1923 con Sivocci porterà in dote un simbolo che è sinonimo di sportività all’ennesima potenza: il Quadrifoglio Verde su fondo bianco. La sua genesi ricade, com’è ovvio, nella leggenda.
Di certo il simbolo utilizzato da Sivocci alla Targa Florio del 1923 era un elemento portafortuna per il pilota ufficiale del Biscione. La sua volontà di disporlo sulla carrozzeria della RL pare sia stata quindi strettamente legata alla voglia di cucirsi addosso (o meglio ancora, sulle lamiere della sua Alfa) un emblema fortemente legato alla generazione di una ricercatissima fortuna. Ugo Sivocci era un personaggio fortemente superstizioso e dopo aver vinto quella incredibile edizione della Targa Florio decise che il Quadrifoglio Verde su fondo bianco conveniva tenerlo sempre bene in vista sulle sue Alfa Romeo da corsa. Perlomeno fino a quando il destino se lo portò via per sempre a Monza, quattro mesi dopo la sua vittoria in Sicilia: a ben guardare però, sull’Alfa Romeo che stava guidando in quel giorno di prove sul tracciato brianzolo mancava proprio il suo celebre portafortuna venuto meno per mancanza di tempo utile a dipingerlo sulla carrozzeria della nuova P1.
Vittorie a profusione
Da allora, su tutte le Alfa Romeo più sportive, il Quadrifoglio Verde non può più mancare. Ma nel frattempo il legame tra l’Alfa Romeo e le corse si fortifica a suon di vittorie. Col Biscione vincono uomini leggendari come Varzi, Nuvolari e Campari e vincono ovunque: alla Targa Florio sei volte tra il 1930 e il 1935, undici volte alla Mille Miglia dalla fine degli Anni Venti alla fine degli Anni Trenta, quattro volte alla 24 Ore di Le Mans dal 1930 al 1935.
Impossibile non citare la simbolica vittoria di Nuvolari al Nürburgring nel 1935 che con la piccola ma agile P3 (sempre di Vittorio Jano) ha la meglio sulle potentissime Auto Union e Mercedes davanti allo sguardo incredulo di Adolf Hitler. Lo smacco è forte, così come la differenza tecnologica tra Italia e Germania.
L’impressionante set di vittorie degli Anni Trenta apre le porte alla prima edizione del campionato del mondo di Formula 1. L’Alfa Romeo si aggiudica il primo Gran Premio di Silverstone con Nino Farina seguito dalla seconda Alfa affidata a Luigi Fagioli, vincendo a fine stagione anche il primo Titolo Mondiale della nuova serie con Nino Farina e la 158. La storia si ripeterà l’anno dopo con Juan Manuel Fangio e la 159. Ma la politica interna decide che dopo soli due anni di militanza nel campionato mondiale di Formula 1 è arrivata l’ora di dire basta.
Alle corse l’Alfa Romeo vi farà ritorno negli Anni Sessanta, preferendo però le competizioni Turismo più vicine al prodotto effettivamente destinato alla vendita. La Giulia GTA vince dappertutto anche contro vetture più prestanti totalizzando otto titoli europei turismo vinti tra il 1966 e il 1972.
L’epopea dei prototipi e il ritorno in Formula 1
La vera anima dell’Alfa Romeo rimane quella fortemente corsaiola, tanto che nel 1968 si sale di categoria introducendo la straordinaria 33 in campionati destinati alle splendide Sport Prototipo. Ma le cose non vanno subito bene; nel Mondiale Sport Prototipi il titolo arriva nel 1975 con la 33 dotata del 12 cilindri boxer da 3.0 litri di cilindrata. Il medesimo titolo viene vinto ancora nel 1977. Nel frattempo, potendo contare su un propulsore di grande efficacia, già nel 1976 l’Alfa Romeo avanza la decisione di un rientro in Formula 1 come fornitore del motore per la Brabham gestita da Bernie Ecclestone. Il team vince due volte con Niki Lauda nel 1978 tra mille polemiche interne che porteranno al termine del sodalizio anzitempo.
Si decide quindi di ragionare in proprio tanto che 1979 esordisce una monoposto completamente realizzata dall’Alfa Romeo: si chiama 177 F1 e viene affidata a Vittorio Brambilla e successivamente a Bruno Giacomelli. L’avventura in Formula 1 prosegue fino al 1981 con piloti di grande interesse, compresi i vari Depailler, Andretti e De Cesaris ma i risultati non arrivano. La sola potenza bruta del motore non basta più, in casa Alfa Romeo comprendono di non poter ambire a niente di speciale. Nel 1987, con l’arrivo della Fiat nel nuovo asse societario, si conclude l’avventura nel Circus con zero vittorie, cinque podi e due pole position. Un ruolino che in otto anni fu oggettivamente deludente.
Il ritorno a risultati di rilievo si deve ancora una volta alle vetture Turismo. L’Alfa Romeo spiazza tutti in Germania nei primi Anni Novanta. Sono gli anni del DTM che conta e con le straordinarie 155 V6 DTM con tecnologia perfino più complessa di quella delle monoposto di Formula 1 dell’epoca, vince nel 1993 il campionato con Nicola Larini che vince pure al Nürburgring nello stesso anno. Gli anni Duemila sono ulteriormente attraversati da titoli europei Turismo vinti con le 156 gestite magistralmente da Nordauto e portate al vertice da Piedone Giovanardi e Tarquini.