Per comprendere qualche cosa in più sulla mitica Lancia Stratos bisogna partire volgendo lo sguardo indietro. Un anno dopo l’acquisizione della Lancia da parte di Fiat (1969), che aveva anche acquistato delle quote in Ferrari, Bertone decide di agitare le acque calme del costruttore torinese con qualcosa di folle, impressionante e sicuramente utile a catalizzare l’attenzione in un unico punto focale.
Per fare ciò l’affidamento dell’opera ricade su Marcello Gandini che al Salone di Torino anno 1970 presenta un’idea divenuta realtà con linee estreme e sensazioni contrastanti racchiuse in dimensioni contenute comunque utili a portare il concept ad un’altezza massima dal suolo pari a soli 84 centimetri: è la Lancia Strato’s Zero.
Il concept era stato ricavato partendo da una Fulvia Coupé incidentata sulla quale viene allestito un telaio tubolare utile a sostenere una carrozzeria d’altri tempi. Quel 28 ottobre di cinquant’anni fa è il momento giusto per dire al mondo che la Lancia può stupire e può anche indirizzarsi verso un futuro inesplorato.
Mollare, mai
Il concept della Lancia Strato’s Zero è un elemento di rottura. Provoca e lo fa apertamente. Ma non può andare oltre. In ogni caso non si vuole mollare la presa perché ormai il messaggio era stato recepito. In casa Lancia le corse erano ormai lontane da decenni tanto che i vari Ascari, Villoresi e Castellotti risiedevano chiaramente nei faldoni d’archivio impolverati quando nel 1965 si era tornati ad assaporare l’odore di benzina. Era nata infatti la Squadra Corse HF Lancia ad opera dell’immenso Cesare Fiorio che conduceva le splendide Fulvia Coupé in giro per i Rally Internazionali lungo storie di successo in quantità industriale.
Con l’arrivo di Fiat nel 1969, che nel 1971 avrebbe acquisito anche l’Abarth, il dualismo tra lo Scorpione e la Lancia si fece più acceso che mai. Era chiaro però che in Fiat risiedeva la volontà di evitare una possibile guerra fratricida che avrebbe sperperato utili al solo fine di gareggiare l’una contro l’altra. Nel frattempo Cesare Fiorio aveva fatto vedere che la sua Lancia era in grado di produrre risultati più soddisfacenti rispetto a quelli messi in pratica dall’asset Fiat-Abarth.
Con l’ingresso negli Anni Settanta si comprende però che la Fulvia è ormai troppo in là con gli anni. Meglio quindi puntare ad altro. È qui che entra in gioco la Strato’s di Bertone-Gandini citata più sopra. Nuccio comprende la possibilità di instaurare una possibile collaborazione con Lancia e introduce quel concept pazzesco. È l’alba di una nuova era.
Si comincia nel 1971
A pochissimi mesi da quel Salone di Torino 1970, Nuccio Bertone e l’allora presidente di Lancia, Pierugo Gobbato, firmano un accordo (siamo a febbraio del 1971). L’idea di base prevede la realizzazione di una variante stradale della Strato’s Zero che avrebbe dovuto cominciare la nuova generazione delle vetture da rally di casa Lancia. È fatta. Si comincia col chiedere un V6 alla Ferrari con un Enzo Ferrari inaspettatamente positivo nella risposta che contribuisce con una sua unità a fornire un cuore ad un telaio incredibile.
La nuova Lancia Stratos HF Stradale (Tipo 829) è una vettura profondamente differente dalla Fulvia. Introduce la disposizione centrale per il motore rivestito da una linea a cuneo dominata da una commistione di linee tese e curve ben congeniate. È uno spettacolo puro, ma bisogna costruirne almeno 500 per ottenere l’ovvia omologazione in Gruppo 4: la Stratos è la prima vettura ad essere concepita e progettata per essere adoperata nei rally. È un’antesignana a tutti gli effetti.
Passa appena un anno dal debutto della Strato’s Zero che al Salone di Torino del novembre 1971 è già l’ora della Lancia Stratos HF Stradale (telaio 1240) verniciata in una sgargiante tinta rosso fluorescente. La vettura stupisce ancora una volta. Il suo passo corto (2180 millimetri) si abbina ad un frontale affilatissimo interrotto dagli ampi passaruota. Il parabrezza avvolge l’abitacolo in una curva straordinaria mentre il tetto quasi piatto scende di colpo per introdurre un piccolissimo lunotto. Esteticamente, la Stratos non assomigliava a nessuna macchina da rally. L’estremità anteriore del muso ospitava un’apertura per alimentare il radiatore sopra la quale si trovava una fila di 56 prese d’aria per consentire all’aria calda di fuoriuscire. I fari retrattili garantivano un profilo sottilissimo. Come per il resto dell’auto, la parte posteriore forniva una ampia altezza da terra. I gruppi ottici sfruttavano elementi pronti all’uso, le lenti combinate di freno e indicatore di direzione venivano montate all’interno di modanature in gomma che hanno conferito alla Stratos una delle sue caratteristiche più distintive. Allo stesso modo, l’altezza irregolare dei elementi dello scarico rappresentava un altro dettaglio decisamente curioso.
La Stratos HF Stradale del Salone di Torino è un modello statico, ma sotto nasconde una meccanica completissima. Campeggia alle spalle del piccolo abitacolo il V6 Ferrari da 2,4 litri pronto per il collaudo, sebbene in casa Fiat si storceva ancora il naso per la fornitura di motori Made in Maranello.
Realizzata in 500 unità utili
Per ottenere la necessaria omologazione venne avviata la produzione di 500 unità di Lancia Stratos HF Stradale tutte equipaggiate col V6 di Maranello, concesso da Enzo Ferrari già nel 1972 in 500 unità utili. La Fiat decise di acconsentire e la produzione degli esemplari destinati a fornire l’omologazione alla variante da rally cominciò a prendere vita presso gli stabilimenti già a partire dal luglio 1973 per poi chiudere il cerchio esattamente un anno dopo.
Bisogna dire però che risulta assai probabile il fatto che non tutte le scocche vennero completate, visto che l’omologazione alla vettura non venne concessa almeno fino al primo ottobre 1974 (3 mesi dopo il termine della produzione delle 500 unità). Sembra più concreto invece ammettere che la produzione reale di Stratos HF Stradale effettivamente realizzate si fermò a 492 unità alle quali vennero aggiunte una decina di scocche di ricambio. Tutte quante con guida a sinistra.
La produzione della Stratos avveniva presso lo stabilimento Bertone di Grugliasco per poi terminare l’assemblaggio presso lo stabilimento Lancia di Chivasso a circa 40 chilometri di distanza. Sotto alle vetroresine della carrozzeria risiedeva un telaio tubolare semi monoscocca in acciaio con roll-bar integrale. Il serbatoio per il carburante prevedeva due unità combinate per un volume totale di 80 litri: i due serbatoi erano disposti ai lati del propulsore “appoggiati” alla paratia posteriore. Le sospensioni erano indipendenti con triangoli davanti e quadrilateri sull’asse posteriore dotate di molle elicoidali regolabili, ammortizzatori telescopici e barre antirollio. L’impianto frenante adottava dischi freno ventilati Girling da 271 mm di diametro con spessore di 22 mm sulle ruote anteriori e 20 mm su quelle posteriori, dotati di pinze ATE a due pistoncini senza alcuna servo assistenza. I cerchi erano in magnesio realizzati da Campagnolo con diametro da 14 pollici in abbinamento a pneumatici Pirelli Cinturato o Michelin XWX.
Cuore Ferrari Dino
Il vero cuore della Lancia Stratos HF Stradale era quindi dominato da un propulsore Ferrari Dino Tipo 236E con doppio albero a camme in testa e architettura a V di 65 gradi tra le bancate dotate di tre cilindri per lato: il blocco era realizzato in ghisa mentre la testa in alluminio. La disposizione era appunto centrale posteriore con installazione trasversale mentre la cubatura prevedeva 2418 cc con alesaggio da 92,5 mm e corsa da 60 mm. Il rapporto di compressione era pari a 9,0:1 in abbinamento a tre carburatori Weber 40 IDF 28/29 a doppio starter con accensione elettronica Marelli.
Con questa impostazione la Stratos Stradale erogava 190 cavalli di potenza a 7000 giri/min e 220 Nm di coppia a 4000 giri/min. La trazione sull’asse posteriore veniva abbinata ad una trasmissione a cinque rapporti fornito anche in questo caso dalla Ferrari con Frizione monodisco e differenziale a slittamento limitato ZF. I 100 chilometri orari, da fermo, si raggiungevano in meno di 7 secondi mentre la velocità massima era fissata in 230 km/h.
All’interno, tutti e sei gli strumenti erano alloggiati sotto un’unica cupola posta direttamente alle spalle del volante a quattro razze con corona in pelle. Un grande contagiri con fondo corsa a 9000 giri/min e il tachimetro erano posizionati sulla destra, mentre cinque indicatori più piccoli per la temperatura dell’acqua, la pressione dell’olio, la temperatura dell’olio, il funzionamento della batteria e il carburante erano disposti sul lato sinistro. Inoltre all’interno della stessa cupola risiedevano anche quattro interruttori a bilanciere e un interruttore a levetta.
I sedili anatomici standard avevano lo schienale fisso e potevano essere regolati solamente scorrendo in avanti e indietro. La maggior parte dei sedili era dotata di fasce in Alcantara, anche se alcuni disponevano di elementi in vinile nero mentre altri erano stati rifiniti interamente in vinile nero. La tappezzeria si poteva avere in quattro tonalità differenti: arancione, blu, nero o marrone.
I vetri laterali, in plexiglas, potevano essere aperti solo parzialmente e venivano abbassati da un elemento manuale sul pannello della portiera. Gli stessi pannelli delle portiere erano in fibra di vetro e venivano forniti con un vano abbastanza ampio da poter accogliere un casco. La visibilità posteriore era praticamente inesistente e i pedali erano fortemente sfalsati. In definitiva il piccolo abitacolo risultava particolarmente angusto. Il peso dichiarato da Lancia per la vettura era pari a 980 chilogrammi.
Il primo novembre del 1974 (un mese dopo aver ottenuto l’omologazione in Gruppo 4) la Lancia distribuiva un kit aerodinamico in due pezzi neri che introduceva un grande spoiler posteriore e un profilo alare disposto sopra l’abitacolo. La maggior parte delle Stratos non ancora vendute venne successivamente equipaggiata già di serie con questo kit.
In ogni caso la Stratos già a partire dall’inizio del 1972 viene collaudata e testata a più non posso poiché ci si accorge che la vettura possiede notevoli difficoltà su ogni tipologia di fondo e su più fronti. Il debutto avviene il 4 novembre dello stesso anno al Tour de Corse dove patisce un ritiro per problemi alle sospensioni. La Stratos fino al settembre del 1974, in attesa dell’omologazione in Gruppo 4, vince e convince al Firestone Rally, al Tour de l’Aisne, al Tour de France e altre sei volte tutte in Gruppo 5, compresa una vittoria alla Targa Florio. Ma questa è un’altra storia, da scoprire qui.
La Lancia Stratos HF Stradale, nata da un prototipo, vince nei rally ma non rappresenterà un grosso successo commerciale. L’attività sportiva era alla base del progetto e in casa Lancia l’importante era solamente vincere il più possibile. Il prezzo di vendita impopolare per l’epoca, oltre 10 milioni di Lire, in abbinamento con un abitacolo angusto, spartano e votato alle corse sono il conto da pagare per una vettura fortemente mitologica. Come poche.