C’era un tempo in cui a pochi mesi dalla presentazione sull’iconico tracciato di Monza, in casa Alfa Romeo si comprendeva che la 33 Stradale di Franco Scaglione non poteva mai riuscire a soddisfare i necessari requisiti di omologazione pari a 50 vetture prodotte per ottenere l’omologazione per il Gruppo 4.
La produzione dell’Alfa Romeo 33 Stradale, cominciata nel 1967, si concluse nel 1969 dopo soli 18 telai prodotti dei quali però solamente 13 quelli destinatari della carrozzeria concepita da Scaglione. Era dunque necessario fare qualcosa con gli altri cinque. Col nuovo che avanza, la ricerca stilistica di casa Alfa Romeo passa da direzioni differenti. Gli Anni Settanta sono l’apoteosi delle linee nette e ben definite in accordo con angoli decisi a scena aperta. Ad Arese si decide allora di commissionare un set di concept car al fior fiore dei più celebri carrozzieri della Penisola.
Ecco l’Alfa Romeo P33 Roadster
Sulla base di quei concetti espressi in precedenza, già nel 1968 il primo a fornire un’idea di utilizzo dei telai dell’Alfa Romeo 33 Stradale rimasti senza padrone è Bertone. Al Salone dell’Automobile di Parigi dell’ottobre 1968 viene presentata al pubblico l’Alfa Romeo 33 Carabo generata sfruttando il telaio 33 Stradale numero 109.
Nel frattempo in casa Pininfarina si lavora sodo. Nella primavera del 1968 il carrozziere aveva già ricevuto dall’Alfa Romeo, con la quale condivideva un consistente rapporto di collaborazione da parecchio tempo, il telaio 33 Stradale numero 108. Dopo circa tre settimane dall’apparizione della Carabo a Parigi è la volta della incredibile Alfa Romeo P33 Roadster che viene posta in essere presso il Salone Internazionale dell’Automobile di Torino dello stesso anno. La vettura è un progetto di rottura rispetto ai canoni del tempo, la firma dell’opera è di Paolo Martin.
Genesi immediata
Della P33 Roadster di Paolo Martin se ne parla davvero poco oggi. La interessantissima vettura difatti non esiste più per motivi banali, quanto assurdi. Volendo andare con ordine; la stessa genesi della P33 Roadster basata sull’iconico telaio Alfa Romeo 33 Stradale rimasto orfano delle carrozzerie di Scaglione doveva essere veloce e fortemente immediata.
“Fui incaricato da Franco Martinengo, allora direttore del Centro Stile Pininfarina, nel mese di giugno del 1968 di progettare velocemente una vettura per l’imminente Salone di Torino dell’ottobre dello stesso anno sfruttando il telaio tubolare della Alfa Romeo 33 Stradale. Feci un disegno molto semplice da realizzare, limitando al massimo le complicazioni, la vettura venne realizzata ed esposta. Fu realizzato un solo figurino, quindi subito il disegno in scala 1:1. La vettura doveva essere forzatamente semplice visto il poco tempo a disposizione”, ci ha confidato Paolo Martin.
Connubio perfetto
Nonostante la gestazione abbia richiesto un’idea pressoché immediata, la P33 Roadster è un concentrato di soluzioni e caratteristiche sapienti e correttamente distribuite. “Il disegno riprendeva un misto di sinuosità combinato a linee tese”, ha proseguito Martin. L’Alfa Romeo P33 Roadster è un progetto di rottura proprio per questo. L’idea che ci fosse l’esclusiva necessità di linee rette e tagli decisi viene meno sulla proposta di Paolo Martin. Il suo concept rappresenta infatti un perfetto connubio tra linee e superfici piane e curve complesse ma perfettamente armoniche.
Il frontale della P33 Roadster era dominato da una grande apertura sormontata da un elemento paraurti in gomma nera. Decisamente antesignane di un concetto aerodinamico molto diffuso oggi, ma difficilmente adoperato all’epoca, sono le alette posizionate ai lati del muso davanti alle enormi ruote anteriori. Rimanendo sulla sezione frontale si nota l’elemento illuminante costituito da sei fari inglobati in un elemento rettangolare ribaltabile durante la fase di utilizzo, che caratterizzava il centro del basso frontale.
Proprio il frontale della P33 Roadster introduceva l’idea di distribuire abilmente le linee nette con elementi sinuosi. Il ragionamento stilistico si nota sugli ampi passaruota che terminano con un’apertura alle spalle degli pneumatici, e sull’apertura posta sul muso completamente carenata in basso. Un ulteriore elemento dalla conformazione sinuosa è il basso parabrezza che sembra avvolgere l’abitacolo al quale si accedeva tramite due piccole portiere con apertura a farfalla.
Dai disegni al concept
Se il frontale e la sezione centrale della bianca Alfa Romeo P33 Roadster sono dominati da linee morbide, a partire dall’area dell’abitacolo queste si congiungono con una simbologia più netta. La commistione è quindi perfetta e il profilo a cuneo che comincia dalle aperture posteriori dei passaruota dell’asse anteriore termina in maniera lineare fino alla coda troncata e dall’impostazione squadrata. Va bene così.
Le fiancate risultano perfettamente rette e vengono interrotte, sull’asse posteriore, solamente da piccoli elementi sporgenti per i passaruota che dovevano ospitare gli ampi pneumatici. Sui bozzetti preparatori è possibile notare l’idea di una possibile introduzione di una presa NACA davanti all’asse posteriore, poi sparita sul concept reale.
Dominato da linee rette anche il posteriore: la sezione è infatti tronca con sviluppo pressoché verticale dominata però da un’ampia apertura centrale che racchiude un elemento metallico rettangolare che raggruppa gli otto collettori di scarico del V8 da 2.0 litri Alfa Romeo (lo stesso installato sulla 33 Stradale standard). I fanali sono caratterizzati da quattro elementi della medesima geometria rettangolare a sviluppo orizzontale che sfociano per qualche centimetro sulle fiancate. Anche in questo caso l’idea finale differisce dai bozzetti preparatori che avrebbero incluso gli scarichi posti fra alette di raffreddamento disposte in posizione verticale a tutta larghezza in accordo con quattro fanali tondi di piccolo diametro.
Ala ad ampie funzioni
L’ampio piano pseudo orizzontale che copre i cinematismi del propulsore lascia quindi scoperta solamente l’area rettangolare dalla quale emergono gli otto tromboncini di aspirazione del prestante V8. Ma l’elemento che probabilmente mai si era visto fino a quel momento su una vettura da strada è un’enorme, ma decisamente ben proporzionata, ala destinataria di differenti funzioni.
L’importanza di questo elemento in relazione all’intero asset stilistico della P33 Roadster di Paolo Martin è chiarita dal cambio di colorazione. Sull’imperante bianco della carrozzeria viene adoperata esclusivamente per l’ala (e per i due sedili monoblocco in tessuto) la vernice arancione quasi a voler fissare l’attenzione su un elemento di fondamentale importanza per la vettura.
L’elemento alare era sostenuto da due ampie derive protese verso la sezione posteriore e inclinate sulla vista frontale, di forma trapezoidale: in questo modo l’ala ricadeva al di sopra del propulsore e forniva, oltre che una ovvia funzione deportante, anche la necessaria protezione in caso di ribaltamento fungendo pure da roll-bar. Ma lo stesso elemento racchiudeva una ulteriore funzione, quella che probabilmente non ti aspetti: l’ala dell’Alfa Romo P33 Roadster veniva infatti utilizzata per l’installazione del radiatore dell’olio che in questo modo risultava perfettamente investito da correnti d’aria indisturbate. Infine la stessa ala veniva attivata dal flusso d’aria, risultando quindi mobile e rotante rispetto ad un asse centrale.
Essenziale l’abitacolo destinatario di due soli sedili, mentre è inedito il volante a quattro razze a sviluppo orizzontale. Alle sue spalle l’unico elemento è un contagiri con fondo corsa a 10.000 giri al minuto posto al di sotto di un alloggiamento che dalla base del piccolo parabrezza lo conduceva fino alle spalle del volante. Gli altri indicatori supplementari (cinque) si trovavano in posizione molto arretrata, al di sotto della base del parabrezza. Tutti le superfici erano verniciate in nero satinato mentre in luogo della moquette, vista l’assenza del tetto, venivano usati tappetini in gomma.
Fine vita incredibile
La storia della bella Alfa Romeo P33 Roadster si conclude però in maniera assolutamente inaspettata. Quella concept così antesignana che aveva destato un grosso interesse al momento del debutto non esiste più. Non esiste più da quasi subito, ne sa qualcosa la successiva Alfa Romeo 33 Spider Cuneo che sarebbe stata presentata nel gennaio del 1971 al Salone di Bruxelles sempre in gestazione presso la Pininfarina. “L’unica persona al mondo che può descrivere esattamente la genesi delle due vetture sono io, essendo stato presente ed avendo vissuto quei momenti molto intensi”, ci ha detto Paolo Martin.
Fino ad ora della P33 Roadster si è saputo veramente poco. Il suo rimanere in vita per soli tre anni ha fatto in modo che l’interessante esemplare generato da Paolo Martin presso la Pininfarina venisse quasi messo da parte. Molto spesso la Roadster viene infatti adoperata quando si parla della Cuneo. Molto spesso si è detto che con molta probabilità la P33 Roadster abbia rivestito il ruolo di nobile madre della successiva Cuneo.
Ora si può dire che così è stato, lo confermano le parole dello stesso Paolo Martin che ci ha tracciato l’excursus storico della vicenda: “la storia di questa automobile è abbastanza singolare. In quel periodo vi erano lotte intestine in Pininfarina, come spesso succede, fra Leonardo Fioravanti, aspirante direttore, e Franco Martinengo allora in carica. La P33 Roadster venne eseguita e presentata con evidente disappunto di Fioravanti che aveva perso l’occasione di dimostrare sé stesso, cosa poi risolta drasticamente a suo modo senza informare nessuno facendo smantellare la P33 Roadster (evidentemente ne aveva l’autorità) per convertirla nell’esemplare appellato Cuneo”, ha aggiunto Martin. “Io rimasi inizialmente perplesso e in seguito molto contrariato”.
In effetti la fine della P33 Roadster è quella che mai ti aspetteresti. È l’unica infatti, tra le concept nate dai telai non carrozzati dell’Alfa Romeo 33 Stradale, a non essere arrivata fino ai nostri giorni. Delle sei concept (Carabo, P33 Roadster, Iguana, 33 Prototipo Speciale, Cuneo e Navajo) di matrice 33 Stradale, la P33 Roadster di Paolo Martin è quella che ha avuto la storia più travagliata con un finale lontano dal lieto fine. Ed è un peccato mortale.
Difatti a guardare la Cuneo, quella doppia colorazione bianco/arancione, gli interni e l’idea di scarico con elemento rettangolare forato, ti accorgi di una paternità nobile derivata da uno pseudo sacrilegio che purtroppo nel mondo dell’auto spesso e volentieri può rappresentare la norma. Della P33 Roadster rimangono solo diverse immagini, a colori e monocromatiche, oltre ai bellissimi schizzi e un modello in scala realizzato in legno di Paolo Martin oltre alla speranza fornita dallo stesso designer: “della P33 Roadster conservo schizzi e disegni e potrei ricostruirla in ogni momento”.