Dopo aver faticato a trasformare in realtà la fusione con Fiat Chrysler (FCA), il boss di PSA Carlos Tavares, che guiderà il nuovo gruppo, dovrà presto affrontare decisioni difficili. Innanzi tutto il futuro CEO dovrà evitare guerre interne tra i due gruppi come avvenuto quando sono state unite Peugeot e Citroen, come di recente ricordato da Robert Peugeot.
PSA e FCA hanno almeno evitato la trappola della fusione “tra pari”, dove la finzione di un’equa condivisione del potere degenera molto rapidamente in un combattimento spietato. Hanno preferito una fusione “50% -50%” a livello di capitale, con un leggero vantaggio per gli azionisti di PSA nel consiglio di sorveglianza, e soprattutto la scelta di Carlos Tavares come leader indiscusso del nuovo gruppo.
Un altro problema che Carlos Tavares dovrà risolvere riguarda l’abbondanza di marchi presenti in Stellantis. In latino, Stellantis significa “brillare di stelle”, e il futuro gruppo avrà davvero molti marchi per brillare nel cielo dell’automobile. Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall per PSA, Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Jeep, Lancia, Maserati e Ram per FCA.
Quattordici marchi, non è troppo per un gruppo, anche con più di 8 milioni di auto all’anno? Interrogato sull’argomento un anno fa, Carlos Tavares ha ritenuto che sarebbe stato necessario “gestire bene la loro complementarità”, ma che avevano “tutta la loro storia e tutti i loro punti di forza”. Ma da allora la crisi sanitaria ha indebolito l’intero settore, e alcuni esperti persistono nel pensare che il futuro gruppo dovrà fare delle scelte per concentrare i propri investimenti su pochi brand, soprattutto nella fascia alta.
Altra problematica riguarda l’eccessiva industrializzazione di Fiat. I due gruppi hanno promesso quando hanno rivelato la loro intenzione di unirsi nell’ottobre 2019 che questa operazione sarebbe stata fatta “senza chiusure di impianti”. Un impegno ribadito con l’accordo di fusione due mesi dopo. Tuttavia, se FCA è generalmente redditizia, i conti mostrano uno squilibrio molto chiaro tra la situazione in Nord America, dove i marchi Dodge e Ram stanno andando bene nel mercato del pick-up, e l’Europa, dove la situazione di Fiat si sta deteriorando già da diversi anni.
Di conseguenza, le linee di produzione sono inattive: secondo il fondo Phitrust, che cita i sindacati Fiat, il tasso di utilizzo delle 7 fabbriche italiane del marchio non supererebbe il 60%. Quello dello stabilimento di Kragujevac in Serbia è ancora più basso. Uno dei primi progetti di Carlos Tavares sarà quindi quello di gestire al meglio il tasso di carico dello strumento industriale.
Ma anche se il calo delle vendite causato dalla crisi delle vendite può giustificare decisioni difficili, il boss portoghese dovrà fare i conti anche con le autorità pubbliche italiane, che hanno concesso a FCA un prestito garantito da 6,3 miliardi di euro e hanno senza dubbio chiesto in cambio assicurazioni sul mantenimento dell’occupazione. “Questo affare è un buon affare, ma non vedo come Carlos Tavares riuscirà a mantenere le sue promesse di non toccare nessuna marca o fabbrica”, ha detto Bernard Jullien, docente all’Università di Bordeaux.
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