Fondi ricostruzione post Ponte Morandi: furbetti nel mirino. Hanno chiesto soldi nonostante non ne avessero diritto. Lo Stato ha messo denaro a disposizione giustamente, a favore di chi è s’è ritrovato in ginocchio dopo il crollo del viadotto Polcevera nell’agosto 2018. Lo riporta il Secolo XIX.
Fondi ricostruzione post Ponte Morandi: due filoni d’inchiesta
La Procura di Genova ha aperto due filoni d’inchiesta per far luce sugli aiuti, sotto forma di sgravi fiscali fino a 200.000 euro. Li ha concessi il Governo alle aziende che sarebbero state danneggiate dal crollo del Ponte Morandi, per capire se qualcuno li ha ottenuti senza averne titolo.
I soldi devono andare solo alle imprese che hanno dovuto chiudere l’indomani del 14 agosto 2018, dopo il crollo del Ponte Morandi. C’è stato il fermo delle attività nei quartieri di Sampierdarena, Certosa, Rivarolo, Bolzaneto e Pontedecimo rimasti isolati. Titolari che si sono indebitati per rialzarsi dopo la riapertura.
Il problema è che molte aziende hanno aperto il domicilio fiscale all’interno del perimetro disegnato come “zona rossa” o “arancione” dal commissario all’emergenza, il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti.
Unico target: usufruire dei “ristori” o degli sgravi fiscali senza averne i titoli. Reati di falso e truffa ai danni dello Stato.
Come gli sciacalli post terremoto
Sono sciacalli. Un po’ come verificatosi in passato a L’Aquila o in Irpinia dopo i terremoti. O come il reddito di cittadinanza: il soggetto dichiara di avere i requisiti sotto la sua personale responsabilità, poi si tratta di accertare se ha dichiarato il vero o il falso.
Il ministro dello Sviluppo economico, all’epoca Luigi Di Maio, nel marzo 2019 aveva detto: “Tutte le aziende coinvolte nella tragica vicenda del Morandi hanno a disposizione lo strumento della Zona Franca Urbana sul quale sono stanziate risorse necessarie a rilanciare il sistema produttivo e le attività presenti sul territorio”. Vero. Poi ci si sono messi i furbetti-sciacalli.