Piano nazionale ricarica elettrica: da qui passa il futuro della mobilità pulita in Italia. Infatti, le possibilità sono due perché si diffondano le colonnine pubbliche. Primo: procedure riguardanti impianti di ricarica a uso pubblico realizzati a totale carico di operatori privati. Secondo: rete di ricarica cofinanziata attraverso i fondi stanziati nell’ambito del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici (PNire).
Piano nazionale ricarica elettrica: con un accordo
Proprio dal Piano è derivato l’Accordo di programma fra ministero dei Trasporti e Regioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2018. Come ricorda Motus-E, i punti chiave sono 4.
- La redazione del programma della mobilità elettrica.
- Più la progettazione dei siti di ricarica.
- L’acquisto e l’installazione degli impianti (comprese le opere necessarie alla messa in opera) a condizione che questa voce rappresenti almeno il 70% dell’importo complessivo.
- E la campagna di comunicazione mirata ad informare l’utenza sul servizio.
Lo Stato finanzia le colonnnine: in che misura
C’è una quota finanziata dallo Stato.
- Fino al 35% del valore del progetto per la realizzazione di impianti di ricarica lenta o accelerata in corrente continua AC garantendo che almeno una presa eroghi una potenza di almeno 22 kW.
- E fino al 50% del valore del progetto per gli impianti di ricarica veloce in corrente continua DC con potenza uguale o superiore a 50 kW o per la ricarica di tipo domestico. In entrambi i casi deve essere garantita l’interoperabilità delle stazioni di ricarica.
- Il resto chi lo paga? A carico di terzi. Ossia enti pubblici, Regioni, Province autonome, Comuni delegati dalle Regioni di appartenenza), operatori privati (coordinati dalle Regioni). Ma con un tetto massimo di contributo pubblico pari a 200 mila euro, in ossequio alla normative europea del “de minimis” che limita gli aiuti di Stato erogati a singole imprese private.