È scaduto il 28 febbraio appena passato il termine ultimo per gli Enti pubblici per adeguarsi alle novità relative a PagoPa, Spid e Cie. Gli Enti dal decreto Semplificazione sono stati obbligati ad accettare il Sistema Pubblico di Identità Digitale e la Carta di identità elettronica come strumenti di accesso per gli utenti ai servizi digitali, e PagoPa come strumento di pagamento elettronico.
Il problema è che nonostante sia scattato questo obbligo, non tutti gli Enti sembrano essersi adeguati e se si escludono i Comuni sotto i 5.000 abitanti che non erano tenuti ad adeguarsi, ci sono molti Comuni italiani anche di grandi dimensioni per esempio, che non hanno risposto all’obbligo.
Sembra che statistiche alla mano solo il 37% degli Enti ha completato l’adempimento.
La polemica nasce dal fatto che nonostante questo adempimento in campo alle Pubbliche Amministrazioni era da tempo previsto e dopo innumerevoli rinvii, ancora oggi l’adesione alla piattaforma non ha visto la diffusione a macchia d’olio.
Le regole per gestire in sicurezza i pagamenti digitali
Si deve partire dal presupposto che offrire il pagamento tramite PagoPa deve essere considerato come un diritto per i contribuenti. Lo stesso diritto è quello di garantire agli utenti l’accesso ai servizi digitali tramite Sistema Pubblico di Identità Digitale e tramite Carta di identità elettronica.
Multe, tasse, tributi e bollo auto per esempio, devono poter essere saldate tramite la struttura di PagoPa.
Come dicevamo, ancora oggi, nel mese di marzo, il 63% degli Enti non ha un servizio PagoPa attivo. E come dicevamo, vista l’emergenza pandemica, ai Comuni sotto i 5.000 abitanti è stata concessa una proroga all’adempimento, proroga che è valida fino a fine emergenza Covid.
Ma non sono solo i Comuni quelli che presentano impossibilità di pagare tramite PagoPa, perché per fare un esempio, anche il Ministero dell’Interno ha le sue anomalie, come quella del pagamento degli oneri per il rilascio dei passaporti, per i quali sembra non possa essere utilizzata la piattaforma.
La nascita di questa piattaforma e di tutto il sistema verte verso la sicurezza delle transazioni e permette agli Enti di incassare di più, più facilmente e con meno costi da sostenere.
L’unico balzello che sembra essere più funzionale e che rappresenta circa il 70% di tutte le transazioni fatte in piattaforma riguarda il bollo auto. Oltre all’Automobile Club, nei primi posti in quanto a virtuosità dell’Ente di fronte a questi pagamenti c’è l’Agenzia delle Entrate, poi l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e infine, la Regione Veneto e la Città metropolitana di Milano.
Le associazioni dei consumatori vigili e polemiche
Per far rispettare la norma al Ministero dell’Interno non ci resterebbe che una class action. Le nostre diffide sono state annullate dalle successive proroghe all’obbligo PagoPa; ora è scattato ma le armi per il cittadino restano spuntate”, queste le dichiarazioni che si leggono sul quotidiano “Il Sole 24 Ore” rilasciate da Marco Pierani responsabile di Altroconsumo, associazione che per esempio è in prima linea contro il Viminale, in materia passaporto e pagamento degli oneri tramite PagoPa.
Il nodo è che non esiste o non funziona il sistema delle sanzioni nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni in ritardo con l’adesione alla piattaforma. E se il mancato utilizzo di PagoPa per gli utenti del Servizio Pubblico Nazionale può essere giustificato dall’emergenza sanitaria di questi lunghi mesi di pandemia, non è lo stesso per il Ministero dell’Interno per quanto concerne il passaporto o per i tanti e forse troppi Comuni inadempienti.
Le lamentele sono giustificate dal fatto che sul portale di PagoPa ci sono gli elenchi degli Enti che sono entrati nella piattaforma e che offrono il servizio agli utenti. Poche le aziende sanitarie locali, ma pochi anche i Comuni (solo 11mila). Ci sono però numerose Camere di Commercio e diversi ordini professionali.
La situazione a dire il vero è in miglioramento, con una impennata di circa 1.600 Enti solo nel corso del 2020.