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Stellantis Melfi: operai in esubero perenne e una linea cancellata, il sindacato USB in allarme

Secondo l’Unione Sindacale di Base per i mesi di luglio e agosto nello stabilimento Lucano il futuro è cupo.

Stabilimento Melfi

 

Da pochi giorni è stata confermata a Melfi l’estensione della cassa integrazione per gli operai dello stabilimento ex FCA e adesso Stellantis. Una cassa integrazione che sta facendo molto discutere e che allarma non poco i lavoratori dello stabilimento del colosso dell’Automotive nato dalla fusione di FCA e PSA.

Ma se l’estensione degli ammortizzatori sociali che è stata confermata fino a 2 maggio prossimo sembra dettata dalla continua assenza di componenti, inevitabile pensare che sia anche la crisi delle vendite per via dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus a metterci del suo.

E l’accavallarsi di queste problematiche non lascia tranquilli lavoratori e loro rappresentanti. Infatti è di ieri la diffusione di un comunicato stampa da parte della Sigla sindacale USB che apre a scenari cupi in vista dei prossimi mesi di luglio e agosto.

Ecco cosa potrebbe accadere allo Stabilimento Stellantis di Melfi e cosa dice USB nel suo comunicato stampa.

 

La situazione nello stabilimento Lucano non è rosea

 

Il comunicato prodotto dalla USB ha fatto subito il giro dei media, soprattutto locali e sicuramente ciò che il sindacato solleva non è un problema da poco per i lavoratori dello stabilimento.

“Per gli operai di Melfi potrebbe arrivare un colpo pesante tra luglio e agosto di quest’anno, quando di ritorno dalle vacanze, si troverebbero lo stabilimento svuotato di una linea produttiva, sembra siano già ritornati i tecnici degli impianti per calcolare i tempi che questa operazione comporta”, così inizia il comunicato stampa di USB che parla addirittura di una intera linea produttiva cancellata.

Un problema grave quello sollevato nel comunicato stampa, che va ben al di la della semplice cassa integrazione e che non riguarda solo i lavoratori ex FCA, ma anche quelli dell’intero indotto.

 

“Per quegli impianti Fca aveva avuto fondi regionali e statali, in cambio ora molti operai rischiano di diventare un esubero perenne, se non peggio. Per gli operai dell’indotto la situazione, se possibile, è ancora più drammatica, visto che diverse lavorazioni oggi fatte nelle aziende satellite potrebbero passare negli spazi lasciati vuoti dalla linea smontata, per essere fatte dagli operai Stellantis”, così si legge nel testo, evidenziando il fatto che con una linea produttiva in meno nasce una specie di contrapposizione tra lavoratori, con alcune aziende dell’indotto che potrebbero venire sacrificate per evitare che il taglio di una linea produttiva ricada direttamente su Stellantis-FCA, facendo inevitabilmente più rumore.

 

Cosa sembra stia per accadere allo stabilimento in Basilicata

 

Naturalmente USB prende le distanze dall’accusare di responsabilità per questa triste situazione e per questo triste presagio, la fusione tra PSA ed FCA. Infatti si fa riferimento alla crisi economica che non è certo una novità ma che proviene dai cali di produzione negli ultimi anni. Lo dimostra il fatto che sono diversi anni quelli in cui a Melfi (ma anche in altri stabilimenti di quel gruppo che una volta era FCA e basta), si è fatto ricorso alla cassa integrazione.

E sono milioni le ore di cassa integrazione utilizzate nelle ultime annate lavorative, e il trend, nonostante la fusione tra FCA e PSA e la nascita di Stellantis, è rimasto invariato, niente infatti ha prodotto il cambio di rotta.

Una crisi che parte dal lontano quindi, con USB che ricorda pure come a partire dall’anno di lancio di alcuni modelli top di FCA, cioè la Fiat 500X e la Jeep Renegade, la produzione ha subito un calando costante tanto è vero che nello stretto giro di 5/6 anni si è passati da una produzione di 390.000 veicoli ad una si soli 220.000 (dato 2020).

Il calo di produzione che si è cercato di detonare spostando la produzione del Suv Jeep Compass a Melfi sembra non aver prodotto i risultati sperati. E USB non lesina critiche anche a questa scelta. “Il basso impatto sul mercato e quindi sulla produzione era facilmente prevedibile, un modello di nicchia e vecchio di alcuni anni non avrebbe mai potuto saturare gli impianti e garantire il lavoro a più di 7 mila persone.

Ancor meno è servito a riempire il vuoto di produzione l’innesto dei motori elettrici, ogni giorno escono all’incirca 200 vetture ibride, praticamente un mezzo flop”, così la USB ha criticato piuttosto marcatamente le ultime scelte dei vertici aziendali in riferimento allo stabilimento di Melfi.

 

I sindacati sul piede di guerra?

 

La situazione non è certo rosea e da parte delle sigle sindacali non lo nascondono. Anche perché dopo la fusione, il ruolo dei sindacati, nonostante incontri già avuti anche con il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, sembra marginale.

“Potrebbe essere che Stellantis stia mettendo pressione ai vertici sindacali per poi fargli accettare qualsiasi cosa, ovviamente a spese degli operai, in cambio di un ritrovato tavolo industriale. E mentre si prospettano periodi ancora più duri, l’azienda aumenta la produzione, oltre a ritmi e carichi di lavoro, durante la cassa integrazione Covid-19”, queste le accuse che i sindacati muovono al gruppo reo secondo loro di adottare politiche strane che aumentano la produzione dei veicoli nei periodi in cui i vertici decidono, nonostante una marea di lavoratori in cassa integrazione Covid, e poi chiude lo stabilimento per intere settimane.

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