Una sorta di mezzogiorno di fuoco per la vendita di Autostrade per l’Italia, di proprietà di Atlantia (holding dei Benetton): i soci arriveranno spaccati all’assemblea di lunedì, convocata per votare sulla proroga del progetto di scissione di Aspi da Atlantia. Infatti Edizione, la finanziaria della famiglia, non ritiene utile prolungare l’incertezza in attesa di ipotetiche offerte per tale partecipazione. Anche alla luce dell’offerta vincolante in via di definizione da parte del consorzio di investitori che fa capo a Cassa Depositi e Prestiti. In sostanza, c’è chi vuole vendere e chi no: i secondi vogliono la scissione di Aspi da Atlantia.
Dura la replica di Jonathan Amouyal, secondo azionista di Atlantia e da sempre favorevole alla scissione e contrario all’offerta di Cassa: “oi azionisti di minoranza non dovremmo essere costretti ad accettare un’offerta illegale solo perché l’accordo proposto dal Governo italiano ha imposto la vendita a Cdp”.
Cosa c’entra il Governo? Dopo il crollo del Ponte di Genova del 2018, su un tratto gestito da Autostrade, si parlò di revoca della concessione. Non se ne fece nulla: una sconfitta sotto il profilo dell’immagine per quei politici che si esposero. Dopodiché, si è parlato di vendita di Aspi. Oggi, nulla di fatto.
Ma quanto costa Aspi? Per Atlantia, da ottobre 2020 il consorzio di CdP, beneficiando di diverse proroghe richieste alla holding di volta in volta lungo il processo, ha presentato più offerte di acquisto, tutte però giudicate dal Consiglio di Amministrazione di Atlantia non congrue.
I 9,1 miliardi proposti da Cdp insieme a Blackstone e Macquarie sono “molto al di sotto delle valutazioni indipendenti fornite ad Atlantia. L’offerta dovrebbe essere respinta con forza dal Cda di Atlantia”, dice Amouyal.
Certo che il Governo Conte ha lasciato una patata bollente all’Esecutivo Draghi. Una delle tante questioni irrisolte, in uno stallo sconfortante.