La storia dell’Alfa Romeo è costellata di tappe avvincenti, che hanno scritto l’impalcatura di un marchio capace di far sognare gli appassionati, a tutte le latitudini del mondo. Dal punto di vista legale, la nascita dell’Alfa (acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) risale al 24 giugno 1910. Nello stesso anno, presso le officine milanesi del Portello, furono concepite due vetture destinate a fissarsi per sempre nella storia aziendale, come primi modelli a sua firma: la 24 HP e la 12 HP, che nella sigla riferiscono la potenza erogata dal motore.
Queste vetture a quattro cilindri furono le creature iniziali del “biscione“, sbocciate dall’intesa fra il cavaliere Ugo Stella e il progettista piacentino Giuseppe Merosi. L’azienda milanese è appartenuta allo Stato italiano, attraverso l’IRI, dal 1932 al 1986, anno in cui entrò nel Gruppo Fiat e nelle sue derivate. Oggi Alfa Romeo è nella galassia Stellantis, ma qui vogliamo occuparci della fase IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), iniziata come già scritto nel 1932.
Pillole di storia Alfa Romeo
Nel 1933 l’Alfa Romeo, a causa di problemi di natura finanziaria, annuncia la sua decisione di ritirarsi dalle corse. Enzo Ferrari vorrebbe rilevare il reparto sportivo, ma si rende conto di non essere finanziariamente all’altezza del passo. Per fortuna la Pirelli intercede, convincendo l’azienda a fornire alla Scuderia del “cavallino rampante” sei vetture modello P3, insieme alla consulenza dell’ingegner Bazzi e del tester Marinoni. È proprio in questo momento che la creatura del geniale uomo modenese diventa il reparto corse della casa del Biscione.
La Scuderia Ferrari vedrà alternarsi nelle proprie file grandissimi campioni, quali Giuseppe Campari, Louis Chiron, Achille Varzi e, addirittura, il mitico Tazio Nuvolari. Nel 1937 la squadra dell’emiliano inizia a costruire l’Alfa Romeo 158 “Alfetta”, che dominerà le più importanti competizioni internazionali.
Il progettista dello straordinario bolide è Gioacchino Colombo, mentre all’ingegnere Massimino va il merito di aver studiato la efficace sospensione posteriore. Nel 1938, dopo che l’Alfa decide di riassorbire il reparto sportivo, la Scuderia Ferrari viene chiusa ed Enzo riceve l’incarico di direttore tecnico della divisione Corse, sotto la supervisione di Wilfredo Ricart, capo del reparto ingegneristico. Poi le strade si separarono e Ferrari andò per i fatti suoi.
Il conflitto mondiale e le sue conseguenze
Si avvicina la seconda Guerra Mondiale ed anche l’Alfa Romeo paga dazio al conflitto, ma resta l’immagine positiva connessa ai successi sportivi e alle produzioni precedenti, con eccellenze stradali che annoverano anche la la 8C 2300 e la 8C 2900. Alla fine delle ostilità, riprende la produzione della 6C 2500, sviluppata prima della parentesi bellica. Qualche anno dopo, esattamente nel 1950, giunge sul mercato la 1900: prima vettura del marchio veramente di serie, che poi prese forma nella nuova catena di montaggio del Portello.
Nel neonato Campionato del Mondo di Formula 1, la Tipo 158 “Alfetta” da Gran Premio fa piazza pulita dei rivali, conquistando la vittoria in tutte le gare che la vedono protagonista. Il titolo piloti va a Nino Farina, che si ripete l’anno successivo, sempre al volante del bolide rosso, figlio di un progetto longevo e di grande qualità. Poi l’uscita di scena, perché il management decide di concentrarsi sul prodotto commerciale, orientando in quella direzione le limitate risorse finanziarie a disposizione.
Nel 1954 nasce la Giulietta Sprint; l’anno dopo è il turno della Giulietta, che raccoglie un grande successo di mercato, rimpinguando le casse e regalando al brand la natura di grande costruttore. Le finanze diventano più solide, l’azienda è salva grazie a questa vettura, soprannominata la “fidanzata d’Italia”. Va bene anche la produzione della successiva Giulia, sbocciata nel 1962, sotto la presidenza Lurani.
Un marchio entrato nel cuore
Alfa Romeo è un marchio che piace e le sue auto hanno una spiccata personalità, che nasce anche dalla prestigiosa eredità storica. Nel 1964, Alfa Romeo torna ad impegnarsi in forma ufficiale nel mondo delle corse, avvalendosi del supporto dell’Autodelta di Carlo Chiti. Prendono forma i tempi felici delle Giulia TZ, delle GTA e GT Am, che nelle gare Turismo faranno valere la loro legge per un paio di lustri ed anche oltre. Fra le stradali giunge la spider Duetto: è il 1966. Sbocciano anche le Tipo 33, che si metteranno in mostra nel Campionato Sport Prototipi, vinto nel 1975 e 1977. Della 33 ci fu anche una versione stradale, un’opera d’arte stradale nata in 18 esemplari tra il 1967 e il 1969.
Nel 1972 nascono l’Alfasud (prima auto a trazione anteriore del marchio) e l’Alfetta, ma si avvicina la crisi petrolifera e i problemi che investono l’industria automobilistica mondiale non risparmiano l’Alfa Romeo, costretta anche lei a leccarsi le ferite. Il 1975 è l’anno del rientro in Formula 1, dopo una parentesi di fornitura motori: il cuore sportivo della casa milanese torna a rombare anche fra le monoposto a ruote scoperte, in un bolide sviluppato completamente in house.
Verso l’era moderna e il divorzio dall’IRI
Al 1977 risale il debutto della nuova Giulietta, seguita due anni dopo dall’ammiraglia Alfa 6, che non fece breccia nel cuore della clientela. Analogo destino toccò all’Arna del 1983, nata da una joint venture con Nissan, che fu un vero flop. Andò molto meglio alla contemporanea 33, ma il prestigio del marchio è fortemente appannato e non più in linea con la nobile tradizione. Incolore l’Alfa 90 del 1984, che rimane in listino quanto un battito di ciglia, per lasciare il posto alla ben più efficace ed amata 75 del 1985, primo modello a montare un motore Twin Spark. I bilanci della casa ancora non ridono, anche per gli alti costi di produzione, e l’IRI, che detiene il controllo del marchio, nel 1986 cede l’Alfa Romeo alla Fiat.
L’anno dopo giunge sul mercato la splendida 164, disegnata da Pininfarina e sviluppata sullo stesso pianale utilizzato da Fiat Croma, Lancia Thema e Saab 9000. Il modello piace ed unisce alla bella estetica delle doti dinamiche e prestazionali all’altezza, in un quadro di comfort e abitabilità in linea con le aspettative. Se avesse avuto la trazione posteriore avrebbe sfondato, ma i suoi numeri furono comunque buoni, ma già siamo fuori dall’era IRI di Alfa Romeo.