La Lancia Appia prese forma nelle linee produttive dal 1953 al 1963. Questa vettura, nelle diverse declinazioni, fu costruita in oltre 100 mila esemplari, superando per la prima volta tale soglia nella storia del marchio torinese, fondato da Vincenzo Lancia. Gli alti volumi di vendita furono la cartina di tornasole delle qualità del modello, apprezzato dalla clientela di quel periodo storico.
Oggi non è raro vedere la Lancia Appia nei raduni di auto d’epoca, dove ha sempre le sue schiere di ammiratori. Spesso sono persone che la collegano a splendidi ricordi dei tempi che furono.
Anima della gamma e principale declinazione della serie era la berlina, nata per rimpiazzare l’ormai vecchia Ardea. Lo stile della nuova nata era simile a quello della sorella maggiore Aurelia, sbocciata alcuni anni prima. Qualcosa di analogo, nella storia Lancia, era successo anche con la già citata Ardea, facile da confondere con la più grande Aprilia.
Propulsore da 1.1 litri
Cuore pulsante della Lancia Appia era un motore a quattro cilindri da circa 1100 centimetri cubi, con 38 cavalli di potenza massima. Ovvio che, con una scuderia del genere, non ci si potesse aspettare prestazioni da bolide da corsa. La velocità massima, infatti, non superava i 120 km/h. Del resto, il target non erano gli sportivi in cerca di emozioni tra i cordoli, ma i padri di famiglia desiderosi di avere un’auto comoda per le normali trasferte con moglie e figli. Il tutto col vantaggio di un’immagine importante e con un costo d’acquisto accessibile anche per i comuni mortali, ma ben sistemati.
La presentazione in pubblico di questa nuova “piccola” di casa Lancia avvenne al Salone dell’Auto di Torino, andato in scena nel mese di aprile del 1953. Alla declinazione iniziale del modello furono poi affiancate altre versioni, dalle destinazioni più mirate. Nel listino fecero la loro comparsa le varianti coupé, spider, familiare, autocarro e furgone. Nacque pure una versione ambulanza, a riprova della sua versatilità.
La cornice di mercato
Per la cilindrata del motore che ne animava le danze, la Lancia Appia aveva come concorrente più diretta la contemporanea Fiat 1100, meno prestigiosa e raffinata nell’allestimento e nella tecnologia. Lo scarto emergeva anche nell’immagine e nel prezzo, molto più contenuto per la rivale di casa Agnelli. Diversi, in fondo, erano anche i clienti. Quelli della Lancia Appia pretendevano qualcosa in più, che ottenevano sul loro modello.
Il nome di quest’ultimo era un omaggio a una storica strada romana, conosciuta in ogni angolo del mondo. Si tratta dell’arteria consolare di collegamento tra la capitale e Brindisi, sede di un porto nevralgico all’epoca dell’Impero.
Lancia Appia: gli step successivi
Tornando all’auto di cui ci stiamo occupando, al Salone di Ginevra del 1956 fece il suo sbarco in società la seconda serie della berlina, che guadagnava una carrozzeria più sensuale nello specchio di coda e una serie di miglioramenti nelle finiture, per renderla più congrua alle sue ambizioni di piccola creatura di lusso. Aggiornamenti interessarono anche le altre versioni della gamma.
Con chiari fini di marketing, la casa torinese rese disponibili tredici pianali di Lancia Appia seconda serie, sui quali far esprimere il genio creativo di alcuni noti carrozzieri italiani. Questi accolsero la “sfida” e si misurarono sul tema, dando forma a splendide interpretazioni. Su tutte, la coupé Zagato, con le classiche gobbe sul tetto, stilema tipico di questa firma. La riuscita dell’iniziativa portò a ripeterla.
Così presero forma le magnifiche coupé Pininfarina e cabriolet Vignale, entrate nel listino nella seconda parte del 1957. A marzo del 1959, sempre nella cornice salonistica di Ginevra, giunse la terza ed ultima serie della Lancia Appia, con una revisione profonda del frontale. Questa fu la sua modifica estetica più appariscente. Si avvicinava l’uscita di scena del modello. In casa Lancia era già tempo della Fulvia.