La cassa integrazione è un ammortizzatore sociale che fa da tutela per gli operai nei momenti di crisi e di calo della produzione. Questo vale sia per Stellantis che per qualsiasi altra azienda. Ma bisogna capire il punto di vista dei lavoratori, perché ci sono mutui, prestiti, esigenze familiari e così via che mal si sposano con la riduzione del reddito derivante dagli ammortizzatori sociali.
Per questo il fatto che da Melfi a Mirafiori, da Pomigliano a Termini Imerese, il ricorso alla cassa integrazione diventato abitudine anche con Stellantis, come lo era già prima della fusione di FCA con PSA, mette ansia e tribolazione.
Preoccupazione crescente quindi, ma anche dubbi e perplessità che nascono dai numeri dei ricavi di Stellantis in questo primo trimestre dell’anno, che mal si sposano con il ricorso crescente alla cassa integrazioni. Senza contare che dove viene imposto lo stop alla produzione, si apre ad un aumento della stessa al rientro in fabbrica dei lavoratori.
E sul sito “tpi.it” si produce una attenta analisi che mette in luce tutta una serie di incongruenze e di anomalie che riguardano la situazione Stellantis in italia, di cui noi di CLubAlfa da tempo parliamo.
Ricavi su ma anche cassa integrazione in aumento
“Gli azionisti brindano, gli operai piangono. Aumentano i ricavi ma anche la cassa integrazione”, questo il titolo dell’articolo pubblicato sul sito di The Post Internazionale che la dice lunga su cosa sono costretti a vivere adesso gli operai di Stelantis e tutti i lavoratori degli stabilimenti italiani, indotto compreso.
La crisi dell’auto continua a farsi sentire, così come l’assenza di componentistica che blocca la produzione a Melfi come a Pomigliano. Ciò che si rinfaccia all’azienda è la mancanza di un piano aziendale ben preciso, se è vero che tutto è fermo ad un vecchio piano impostato dall’allora FCA (Fiat Chrysler Automobiles), che adesso appare quando meno fuori dai tempi.
Infatti è in corso la transizione verso le auto elettriche che in tutto il Mondo e per tutte le case automobilistiche rappresenta una opportunità. La paura è che gli stabilimenti Stellantis vengano lasciati fuori da questa transizione o vengano inseriti nel nuovo contesto produttivo in sensibile ritardo.
La nascita del 4° produttore di autoveicoli mondiale, che comprende ben 14 marchi, insieme all’avvento massiccio dell’elettrico, facevano presupporre altri scenari rispetto a quelli attuali, con i lavoratori che continuano a barcamenarsi tra aperture e chiusure con annessi periodi più o meno lunghi di cassa integrazione. E nel frattempo, crisi economica e di mercato o no, i ricavi per gli azionisti salgono.
Il risultati del 2021 non sembrano in linea con la cassa integrazione a macchia d’olio
Il ricorso alla cassa integrazione, la chiusura degli stabilimenti per settimane, le lamentele per la crisi del settore auto e così via, ai più appaiono quanto meno fuori luogo dal momento che lo scorso 5 maggio, con la pubblicazione dei risultati del primo trimestre 2021, i numeri sono buoni.
Nei primi tre mesi dell’anno 2021, che tra le altre cose sono i primi tre mesi di vita di Stellantis dopo la fusione tra i francesi di Psa e gli italiani di Fca, l’azienda ha prodotto 37 miliardi di euro di ricavi, per un totale di 1,5 milioni di auto prodotte e consegnate ai clienti.
Numeri importanti che fanno segnare un aumento del 14% del fatturato dell’azienda rispetto allo stesso periodo del 2020 (in quel caso i numero sono quelli cumulativi tra Peugeot e Fiat Chrysler Automobiles, dal momento che non c’era ancora stata la fusione). In altri termini, da quando è nata Stellantis, sono state consegnate 11 auto in più ogni 100 che ne consegnavano messe insieme Peugeot ed Fca.
I numeri non sono campati in aria perché è stata l’azienda stessa a renderli pubblici aumentando il senso di confusione che accompagna gli addetti in queste settimane.
“Il portafoglio di marchi diversificato ha trainato la crescita dei volumi”, così ha giustificato i risultati Richard Palmer, il direttore finanziario dell’azienda. Basta questo a giustificare il fatto che rispetto alla media europea del settore, che ha fatto registrare un aumento del 4% del primo trimestre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020, l’11% in più di veicoli consegnati è eloquente circa l’appeal di Stellantis nel mercato.
Per questo non si capisce la situazione delle fabbriche, anche perché il 40% del mercato italiano è assorbito interamente da Stellantis.
E fa specie che mentre gli operai sono in questa angosciante situazione, è del 15 aprile la notizia che gli azionisti di Stellantis si sono portati a casa nuovi dividenti, ovvero nuovi ricavi dividendosi un surplus di un miliardo di euro.
Una situazione strana che deve essere spiegata agli operai
Il lavoro dei sindacati, che hanno tirato dentro anche la politica nella questione Stellantis è proprio quello di fare luce sulla situazione. Una situazione che ripetiamo, lascia più di qualche dubbio. Aumentano i ricavi dell’azienda, aumentano le consegne dei veicoli, ma aumenta anche la cassa integrazione e lo stop alla produzione. E come se non bastasse, per esempio a Melfi è già stato deciso che dopo il 10 maggio (ultimo giorno di chiusura della produzione partito il 3 maggio scorso), si dovranno produrre più veicoli rispetto a prima.
Ma i numeri per essere capiti devono essere generalizzati, perché non si può non parlare di crisi del settore se si vedono i numeri precedenti il 2020, cioè quelli degli anni in cui il COvid e tutta la pandemia non esistevano. Infatti nel 2019, solo nel primo trimestre, PSA e FCA insieme avevano immatricolato in tutta Europa 823.000 veicoli contro i 604.000 di oggi, cioè il 27% in più.
E va ricordato che per il settore il 2019 era considerato un anno nero. Infatti ancora prima, da gennaio 2018 a marzo 2018, i veicoli consegnati da quelle aziende che oggi hanno dato vita a Stellantis, erano stati 973.000, cioè il 38% in più rispetto al primo trimestre 2021. Una crisi evidente che non riguarda solo Psa ed Fca, ma anche altre case automobilistiche come la Volkswagen o la Renault, che hano visto un calo tra 2018 e 2021 rispettivamente del 34% e del 41%.
Il quadro della situazione italiana
La crisi rispetto agli anni precedenti e pre pandemia è evidente, ed a peggiorare la situazione in Italia la carestia di microchip e semiconduttori che hanno portato alla chiusura degli stabilimenti.
Melfi è l’esempio calzante di una crisi senza precedenti poiché c’erano altre aspettative per il post fusione. Lo hanno rimarcato bene i sindacati, che in questi giorni sono al lavoro per spronare il governo nostrano all’intervento, soprattutto dopo l’apertura del Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti l’altro giorno alla Camera dei Deputati.
“Nel 2020 l’impianto di Melfi ha prodotto da solo metà delle auto Fca made in Italy. L’inizio del 2021 doveva essere il tempo della piena occupazione per i 7.200 addetti del sito, con la partenza del terzo turno sulla linea di produzione delle ibride e il riassorbimento dei 1.500 lavoratori in cassa integrazione a rotazione da settembre 2018, dopo il fermo produttivo della Fiat Punto. Invece abbiamo assistito a continui rinvii e ad ulteriori richieste di cassa integrazione guadagni”, questo ciò si legge in un rapporto della Fim-Cisl.
E proprio da melfi emerge anche la preoccupazione per il taglio di una linea produttiva, perché si dice con insistenza che da due linee si passerà ad una sola nonostante resterà con ogni probabilità la produzione di tutti e tre i modelli canonici, cioè le due Jeep Renegade e Compass, e la 500x.
Ma non c’è solo Melfi a preoccupare, perché negli Stabilimenti italiani di Stellantis la situazioen assomiglia tanto a quella di Melfi. A Pomigliano la Cassa Integrazione Guadagni a rotazione ha già interessato la stragrande maggioranza dei 4.500 lavoratori dello stabilimento. La fine della produzione dell’Alfa Romeo Giulietta per esempio, ha prodotto il 50% degli operai a casa nello stabilimento di Cassino.
E cassa integrazione è stata utilizzata anche a Mirafiori e Grugliasco, nonostante nel primo stabilimento il lancio della 500 elettrica aveva fatto ben sperare.
Nell’analisi di Tpi però, oltre a parlare di crisi del settore, si apre ad un dubbio amletico che riguarda l’intero universo dei lavoratori di Stellantis in Italia. Sembra che le fabbriche italiane abbiano un ruolo di secondo piano rispetto alle pari grado francesi. E tornando ai numeri che dicono sempre tutto, la stessa Stellantis ha confermato come i risulotati importanti del gruppo nel primo trimestre dell’anno sono trainati tutti da Peugeot 208, Peugeot 2008, Citroën C4 e Opel Mokka, manco a farlo apposta, autovetture della ex Psa e non della ex Fca.
Ciò che preoccupa è la mancanza del piano aziendale, perché solo a fine 2021 uscirà il nuovo piano aziendale che per l’Itala prevede il restyling della Alfa Romeo Giulia, della Stelvio e del Ducato, oltre alle nuove varianti ibride di 500x, Jeep Compass, Jeep Renegade e Maserati Levante. Poi c’è attesa per i nuovi modelli annunciati per l’anno in corso che restano quelli annunciati che sono l’Alfa Romeo Tonale e le Maserati Grecale, Mc20, Gt e Gc.