La Fiat Argenta non è uno dei modelli che si è maggiormente fissato nel cuore della clientela del marchio torinese. Questa vettura prese forma dal 1981 al 1985, per poi lasciare il passo alla ben più seducente Croma. Nata per sostituire la 132, era una berlina di classe medio-alta, ma non seppe far fronte alla concorrenza delle auto tedesche e francesi dello stesso segmento di mercato. Si è ritagliata ugualmente un posto nella storia, perché l’Argenta è stata l’ultima vettura di grande serie a trazione posteriore nata in casa Fiat.
A pesare sul suo destino e sulle sue fortune commerciali furono le scelte del management, orientate sul piano finanziario verso altri progetti della gamma, su tutti la nuova Fiat Uno, ben più importante in chiave strategica. Così, per lei, restavano solo poche risorse a disposizione.
In un quadro del genere non si poteva ipotizzare un modello completamente nuovo, che peraltro cominciava ad aleggiare fra le mura di Mirafiori per la serie successiva della specie, da far sbocciare nell’ambito di un progetto condiviso con altri costruttori. Stiamo parlando di quello che diede poi forma alle Fiat Croma, Lancia Thema, Saab 9000 e Alfa Romeo 164. Quindi la Fiat Argenta, nata come ammiraglia di transizione, dovette accontentarsi di non essere né carne né pesce, come si suol dire nel gergo comune. Un concetto poco fine, che però rende bene l’idea.
Una Fiat 132 vestita in modo nuovo
Per la Fiat Argenta si optò per un profondo restyling della 132, che non era certo un modello fresco. Il maquillage esterno, in un quadro strutturale invariato nella sua articolazione di massima, lasciò poco spazio alla fantasia, per quanto rilevanti furono gli interventi apportati. Questo produsse una linea non particolarmente appetibile. Più riusciti gli interventi di radicale revisione dell’abitacolo, che segnavano qualche progresso in più sul fronte della modernità.
La Fiat Argenta portava nel nome l’omaggio al nome della giovane figlia di Maria Sole Agnelli, ma era una macchina dal look pesante, non facilmente associabile alla delicatezza dei lineamenti di una ragazza. Anche gli aspetti dinamici non erano all’altezza: tenuta di strada precaria sul bagnato, scarsa indole prestazionale, sete elevata di carburante. Il pacchetto non sembrava quello giusto per vincere la sfida di mercato. I numeri modesti delle vendite testimoniarono la scarsa presa esercitata dal modello sullo specifico target di clientela. La ricca dotazione di accessori non bastò a compensare le altre lacune. Diciamo che il progetto nacque già vecchio, e si vedeva.
Fiat Argenta: i propulsori disponibili
Sul fronte delle motorizzazioni, la Fiat Argenta fu proposta inizialmente con tre unità propulsive: “1600” da 98 cavalli di potenza, “2000 i.e.” da 122 cavalli e “2500 Diesel” da 72 cavalli. Con il modello restyling del 1983, dotato di mascherina in linea col family feeling del periodo e di diverse modiche estetiche, giunse il nuovo “2500 Turbo D” da 90 cavalli, che portò all’esordio nel listino della casa torinese un cuore diesel sovralimentato su una berlina. La versione aspirata dello stesso motore, anch’essa proposta alla clientela, erogava una potenza massima di 72 cavalli ed aveva una grande robustezza.
Per i mercati esteri venne lanciata la “110”, una 1600 a carburatori da 113 cavalli di potenza. Nel 1984 fu il turno della “SX”, fiore all’occhiello della gamma, equipaggiata col quattro cilindri a benzina da 2 litri con compressore volumetrico, per una potenza massima nell’ordine dei 135 cavalli. Qui le prestazioni si facevano interessanti, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 9.8 secondi e una velocità massima di 185 km/h, ma ormai il modello era alle battute finali, con una richiesta di mercato sempre più bassa. In casa Fiat giunge il turno della Croma, che scriverà una storia completamente diversa.