Sabato scorso a Melfi, davanti il cancello B dello stabilimento che una volta era FCA, i sindacati hanno indetto un presidio. Il sabato precedente erano stati gli operai autonomamente a fare lo stesso. E c’è chi, come l’Unione Sindacale di Base, che continua a mettere in risalto ciò che è poco chiaro circa il futuro della produzione nello stabilimento lucano. Ma qualche giorno fa è uscita la voce di una già prevista cassa integrazione anche a Termoli, nello stabilimento di Stellantis dove si producono motori e cambi.
Da un altro stabilimento, quello di Pomigliano invece, la FIOM ha convocato assemblee unitarie. In altri termini, problematiche continue e largamente diffuse in tutta Italia ed in ogni polo produttivo del gruppo. La situazione non è delle migliori perché c’è poca chiarezza circa il futuro degli stabilimenti Italiani. Ma perché tutto questo autentico caos nonostante stiamo parlando del quarto produttore di auto del mondo? Ecco uno spaccato della situazione, con tutte le cose che non vanno e che preoccupato sindacati e lavoratori.
La questione di Melfi è solo la punta dell’iceberg
Lo stabilimento ex FCA di Melfi in Basilicata, è senza dubbio quello da cui emergono più preoccupazioni e più problematiche. In primo luogo perché si tratta dello stabilimento ex Fiat che in Italia produce più veicoli (più della metà di tutti i veicoli che si producono in Italia). E poi perché si tratta di un polo produttivo, composto da moltissime aziende che fanno parte dell’indotto della stessa Stellantis, che per la Regione Basilicata (ma anche per le Regioni vicine), rappresenta la principale fonte di Pil e reddito dell’intero territorio.
Per questo l’attenzione dei media e della politica su Melfi è piuttosto diffusa così come sono diffuse le iniziative di sindacati, lavoratori e politica stessa. Se in premessa abbiamo parlato di presidi e manifestazioni delle parti sociali e dei lavoratori, vanno ricordate interrogazioni parlamentari al Ministro delle Attività Produttive e Consigli Regionali e Comunali con all’ordine del giorno proprio le vicissitudini dello stabilimento di Località San Nicola a Melfi.
Come dicevamo però, Melfi è solo la punta dell’iceberg di quello che accade in tutta Italia per ciascuno degli stabilimenti di Stellantis. Per esempio a Termoli si contesta il ricorso alla Cassa Integrazione guadagni che è già prevista per lo meno fino al 7 giugno prossimo.
Perché i sindacati monitorano la situazione
Il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ex Amministratore delegato di Peugeot, ha avuto subito da ridire sulla situazione degli stabilimenti italiani del gruppo. E se il buongiorno si vede dal mattino, sono stati subito chiari gli scenari potenziali per il futuro. Il manager portoghese non appena insediato, alla prima visita agli stabilimenti del Piemonte ha detto che le modalità di produzione in Italia erano troppo costose, perché gli sprechi secondo lui, a nome dell’intera azienda, erano troppi.
Il fatto che il bastone del comando è finito ai francesi è il primo nodo della situazione. Infatti se da Peugeot proviene l’attuale numero uno di Stellantis (appunto, Carlos Tavares), anche in Alfa Romeo chi comanda è Jean Philippe Imparato, anche lui proveniente da PSA.
A questo va aggiunto il fatto che il governo francese, cioè lo Stato, ha deciso di partecipare anche in Stellantis come faceva con Peugeot. Una partecipazione che non trova invece il nostro governo ed il nostro Stato nella stessa situazione. In altri termini, lo Stato francese ha una quota di Stellantis e la prima cosa che ha fatto è stata mettere subito la salvaguardia dei livelli occupazionali degli stabilimenti francesi al primo posto.
In Italia una presa di posizione del genere non c’è da parte del governo, che ha solo ricordato di essere in credito con FCA per via di una garanzia su un prestito che l’azienda aveva aperto prima della fusione. In quell’occasione, a fronte della garanzia statale sul finanziamento spuntato da FCA, fu messa la questione occupazionale come priorità da parte dello Stato italiano, ma adesso sembra che Stellantis non ne voglia sapere di mantenere impegni che erano stati presi prima della sua nascita.
La situazione ai sindacati non piace, tanto è vero che a più riprese è stato chiesto al governo di prendere posizione e di aprire un tavolo con i sindacati affinché si possa fare chiarezza su tutto.
Tagli di linee, tagli di veicoli e tagli di operai, cosa c’è di vero?
Adesso la Francia viene vista come un competitor da parte degli operai italiani e dei loro rappresentanti. Eppure si fa parte tutti della stessa famiglia. A poco sono servite le rassicurazioni da parte dei vertici aziendali circa la salvaguardia dei posti di lavoro. Rassicurazioni date tramite semplici dichiarazioni, spesso nemmeno in ambienti o eventi ufficiali che si scontrano con la realtà dei fatti.
C’è chi accusa, come alcuni sindacati a Termoli, la scelta dell’azienda di dislocare la produzione in Paesi dove tutto costa di meno come la Polonia, oggetto di ingenti investimenti da parte di Stellantis che sembrano dare ragione a chi si lamenta.
Salvaguardia dei posti di lavoro difficile da credere se davvero cambi e motori, che si producono a Termoli, possono traslocare nelle fabbriche di Stellantis, nell’Europa dell’Est.
La stessa cosa che sta accadendo a Melfi, dove si taglierà una delle due linee di produzione nello stabilimento. Infatti a Melfi si producono su una linea le Jeep Renegade e le Fiat 500x, mentre nell’altra le Jeep Compass. La linea di quest’ultimo veicolo dovrebbe essere riassorbita dalla prima. Una linea in meno significa che se si vuole tutelare l’occupazione, occorre passare tutti gli operai nell’unica linea che rimane e dove si produrranno tutti e tre i veicoli Stellantis.
Tra regole anti Covid sugli assembramenti, turni che non possono moltiplicarsi e così via, appare azzardato credere al fatto che nessuno rischia di perdere il posto di lavoro. Il continuo movimento di lavoratori che in questi giorni sta facendo il salto da una linea all’altra, in modo tale da essere aggiornati su tutti i veicoli sembra la conferma che il taglio della linea produttiva è pressoché scontato.
E si torna all’origine, perché è il contenimento dei costi di produzione di cui parlava Tavares è probabilmente il motivo di questa rivoluzione. Molti chiedono che a Melfi come in altri stabilimenti italiani vengano spostate le produzioni di nuovi veicoli Stellantis, magari anche quelli Peugeot per esempio. Richiesta che non ha avuto risposta.
E come in una “guerra tra poveri”, dietro l’angolo c’è il rischio che nel mirino del contenimento della spesa finisca l’indotto. Un campanello di allarme è quello che proviene da Melfi, dove sulla già citata linea 2 da tagliare, potrebbero finire le attività di assemblaggio, che oggi sono effettuate dall’indotto.
Questo significa che si porta all’interno di Stellantis una attività che era svolta da piccole imprese che fanno parte dell’indotto, con dipendenti esterni all’azienda, e che adesso potrebbero essere sacrificati. E dopo i servizi (pulizia, bagni e così via), che hanno già subito dei tagli per via del contenimento dei costi, anche l’indotto rischia di andare in una zona grigia di rischio.
Ipotesi al momento, perché oltre alla preoccupazione non ci sono notizie ufficiali, perché fermate collettive, riduzione dei turni e cassa integrazione vengono giustificate dall’azienda con la carenza dei microchip e con la crisi del mercato e non come una nuova politica aziendale.