Se il contenimento della spesa che Stellantis sostiene per la produzione delle auto in Italia deve passare per i tagli di organico, chi rischia di più non è il dipendente interno al gruppo, cioè i lavoratori che una volta erano di FCA. Infatti sono i lavoratori dell’indotto quelli più pericolanti, cioè i lavoratori delle piccole e medie aziende che fanno da corollario all’attività produttiva diretta di Stellantis.
Il modello francese è quello che a più riprese è stato messo in evidenza come punto di arrivo e come esempio da copiare. Ma l’indotto francese è completamente diverso da quello italiano, ed i sindacati lo hanno già sottolineato. Ma sembra che dai vertici aziendali questa differenza non venga considerata, offuscati come sono tutti i manager, dal principio dell’utile a tutti i costi.
Già con FCA prima della fusione qualcosa per l’indotto non andava
L’esempio è quello di Melfi in Basilicata, dove la grande area produttiva sita in Località San Nicola, conosciuto come l’ex stabilimento Fiat-Sata o negli ultimi tempi, FCA, ha un indotto imponente. In Francia l’indotto è costituito da aziende che per dimensioni possono benissimo essere considerate grandi imprese.
In Italia invece l’indotto è formato da tante piccole realtà, tanti piccole imprese con un numero di dipendenti che spesso non supera le poche centinaia di addetti. Prima della fusione con Stellantis, anche FCa aveva chiesto alle aziende dell’indotto di fermare alcune attività a loro appaltate come la ricerca per esempio, o anche lo sviluppo e la produzione per le auto utilitarie del marchio.
E già all’epoca, i ottica fusione che da li a qualche mese sarebbe sopraggiunta, si chiedeva di prendere ad esempio il “modello francese” di Psa, cioè di Peugeot, Citroen ed Opel.
L’indotto italiano è formato da tante piccole e medie imprese, la maggior parte tutte italiane, esterne a Stellantis ma che di fatto hanno lavorato sempre e tirato avanti grazie alle commesse che prima provenivano da FCA e adesso arriveranno da Stellantis.
L’importanza delle attività dell’indotto sono notorie, perché è in questa parte delle aree industriali dedicate alle auto che si producono e sviluppano parti dei tergicristalli, pezzi per le sospensioni, le chiusure delle auto o le manopole delle portiere. E l’attività in queste piccole realtà è di fatto basata esclusivamente su Stellantis, perché è in base alle commesse che l’azienda principale passa a quelle dell’indotto che queste ultime acquistano materiali, si dotano di macchinari e assumono lavoratori.
E nel momento in cui si parla di spostare all’interno di Stellantis alcune delle attività che oggi sono destinate all’indotto che il rischio per l’occupazione in queste piccole realtà è piuttosto alto.
Cosa sta per accadere all’indotto Stellantis
Al momento si tratta solo di allarmi generici ma ciò non vuol dire che la situazione sia positiva. Il fatto che in Italia i costi di produzione per le auto sono troppo elevati, secondo i vertici di Stellantis potrebbe scaturire dal fatto che si spendono soldi per appaltare all’esterno alcune lavorazioni.
In buona sostanza, secondo i manager dell’azienda, spostare all’interno di Stellantis alcune lavorazioni oggi esterne, potrebbe essere un vantaggio in termini di utili, che poi è l’obbiettivo che ogni manager di qualsiasi azienda ha.
Ed a Melfi per esempio si parla di chiudere una linea produttiva (la linea 2 dove si produce la Jeep Compass), spostando ciò che si produceva lì nell’altra linea rimasta, e trasferendo nella postazione della linea chiusa, alcune attività oggi esterne che così diventerebbero interne all’azienda stessa, in barba alle esigenze dell’indotto.