Si avvicina il debutto della Ferrari Purosangue, che farà entrare la casa del “cavallino rampante” nell’universo dei SUV: quanto di più lontano dalla sua tradizione. Una grande eresia per molti appassionati legati col cuore al marchio di Maranello e alla sua storia. Facile comprendere il loro stato d’animo, che è pure il mio. Può essere interessante ascoltare queste voci, magari per aprire un dibattito sul tema, con chi la pensa in modo diverso.
Purtroppo la quotazione in borsa della Ferrari ha dato voce a bisogni che non sempre corrispondono a quelli della passione. Gli azionisti, infatti, si aspettano (legittimamente) dei buoni dividendi. Per la maggioranza di loro, poco importano gli aspetti sentimentali. Il business è business, non c’è spazio per il romanticismo. Il SUV Ferrari Purosangue, in questa prospettiva, diventa una soluzione facile per produrre volumi, fatturato ed utili.
Mentre gli azionisti di riferimento -Exor N.V. e Piero Ferrari- possono anche rinunciare a una parte del potenziale finanziario del marchio, per far prevalere le ragioni del cuore, non sempre ciò accade per gli investitori comuni. Questi ultimi, infatti, cercano il più delle volte un buon rendimento sulle somme messe nel mercato azionario, e poco gli importa del privilegio di detenere una parte del capitale sociale di un’azienda che è un mito.
A volte non si capisce che i soldi (o le alte remunerazioni del capitale) non sono tutto. Non si è più ricchi se si ha più denaro, ma se si possiede più bellezza. E la Ferrari è bellezza e prestigio. Il suo valore è nella storia, nell’arte, nella tecnologia, nella passione, nelle emozioni, nei successi, nei valori del mito. Possedere una quota del capitale sociale della Ferrari fa bene al cuore e questo dovrebbe bastare. Certi rendimenti emotivi valgono più di quelli economici.
Ferrari Purosangue: cuore contro ragione
In Ferrari, il 65,72% del capitale è flottante, anche se con diritto di voto del 48,95%. Molti piccoli investitori, forse, sentono poco il rapporto affettivo col marchio e cercano dei buoni dividenti, preferendoli agli aspetti culturali e sentimentali. Così, progetti arditi come quelli del SUV Ferrari Purosangue diventano uno strumento facile (anche se non sul piano ingegneristico) nelle mani del management per regalare performance economiche e finanziarie degne di nota, senza troppi sforzi. Eppure non c’è nessun motivo di vanto in tutto questo, perché fare il SUV è la strada più semplice per raggiungere l’obiettivo, vista la forte richiesta sul mercato di tale tipologia di veicoli.
A questo punto, per assurdo, si potrebbe anche pensare a un pick-up, per capitalizzare il consenso della specie in certi ambienti facoltosi del mondo arabo e americano. Ma sarebbe un’altra scorciatoia e un’altra ferita inferta alla nobile storia della casa di Maranello. La Ferrari non dovrebbe inseguire il mercato, ma scrivere le regole del mercato. Qualcuno che la sapeva più lunga di me diceva che la Ferrari non ha concorrenza, è la concorrenza. Il ruolo di leader consiste proprio in questo. E il “cavallino rampante” è sempre stato leader. Adesso, però, con le sirene della finanza, rischia di piegarsi alle mode, seguendo il trend e non scrivendolo. Fare ciò sarebbe, a mio avviso, un segnale di debolezza. Il SUV Ferrari Purosangue, che pure sarà il top nel suo ambito, non tranquillizza su questo fronte.
Quali sono i rischi del SUV Ferrari
Se la memoria non mi tradisce, in un’intervista Enzo Ferrari ebbe a dire: “Le mie auto non sono forse le migliori, ma sono diverse”. Ecco il punto: non adattarsi a certi gusti capricciosi e volatili. Qualcuno dice che la Ferrari Purosangue sarà comunque uno Sport Utility Vehicle fuori dagli schemi, ma poco importa: è il frutto di un tendenza imposta da una clientela potenziale che, verosimilmente, ama la Ferrari più per l’esclusività che per i valori intrinseci. E Ferrari si è sempre nutrita di passione pura e genuina, anche nel management. Non può diventare un marchio di lusso qualunque: svilirebbe la sua identità.
Un SUV (o FUV che dir si voglia) manca anche di coerenza, fattore invece quasi sempre ricorrente sulle “rosse”. Non puoi fare una sportiva pesante e con il baricentro alto: sarebbe un ossimoro, almeno sul piano filosofico, anche se l’elettronica fa miracoli. Certo, la presenza di un oggetto del genere in gamma può far impennare i volumi produttivi, ma anche l’esclusività e il rispetto della storia fanno parte del fascino Ferrari.
Si legge in giro che Porsche, Lamborghini e compagnia bella fanno i SUV, ma qui si torna al tema precedente: la Ferrari non si allinea, fa allineare. Sono gli altri a doverla inseguire. Alcuni dicono che Enzo Ferrari amava le corse e che i modelli di serie gli servivano soltanto a procurarsi le risorse per le attività in pista. In questa chiave, quindi, anche lui avrebbe accettato formule nuove come il SUV, se fossero servite ad alimentare il serbatoio di risorse da destinare al motorsport.
Pure questo può essere messo in discussione, perché anche se il Drake aveva una predilizione per le gare, il suo rapporto col prodotto di serie non era freddo e utilitaristico, in un’epoca peraltro meno felice sul piano economico. Prova ne sia che alcune soluzioni che avrebbero arriso ai bilanci aziendali non ebbero il suo consenso. Lui sapeva come conciliare le cose, senza far perdere un filo di prestigio e di identità al marchio creato. Anche nell’esperimento Dino, che consentì di allargare la clientela verso nuove fasce, lo spirito della cultura storica era tutto presente.
Ferrari Purosangue: il Suv è strada obbligata?
I più pratici ed avanguardisti diranno che, comunque, un’azienda vive di bilanci e di utili e che questi servono ad affrontare i grossi investimenti per garantire la sopravvivenza in un’era proiettata verso l’elettrificazione e verso standard ambientali sempre più costosi e restrittivi. Questo è vero ed impone qualche sacrificio e qualche eresia filosofica, ma deve per forza prendere la forma di un SUV? Il rischio non è che poi ci si prenda gusto e si faccia un altro SUV più piccolo, e poi uno più grande, e poi ancora un altro prodotto fuori tradizione, riducendo le supercar e le granturismo Ferrari a semplici comparse nel listino?
Resta il tema di fondo: i soldi, comunque, servono e la sola passione non basta in questo periodo storico. Ma siamo sicuri che non esistano altre soluzioni, magari un po’ più impegnative e raffinate, ma più rispettose della tradizione? Io sono convinto che il fatturato e la ricompensa dell’investimento azionario possa giungere da molte altre strade.
Già al volo, senza pensarci troppo, mi vengono delle idee che non modificano la geografia del prodotto: più serie limitate, potenziamento del merchandising, rafforzamento dei canali di assistenza alle auto d’epoca, servizi di ingegneria venduti ad altri (una sorta di Ferrari Engineering più aperta al mercato), ricerca e brevetti, investimenti immobiliari (lo fanno già Porsche Design, Aston Martin ed altri con dei prestigiosi residence), prodotti di lusso, servizi di alta gamma e a 360° (quindi extra-automobilistici) per un’utenza al top. La lista sarebbe molto più lunga pensandoci più di un paio di minuti. Questa la semplice voce di tanti cuori, ma le scelte non spettano a noi. Voi che ne pensate, a livello concettuale, della Ferrari Purosangue?