Luca di Montezemolo è la figura di cui la Ferrari avrebbe bisogno per traghettare il marchio verso il futuro. Non sono l’unico a pensarlo. In un recente sondaggio di RMC Motori, il 91% degli intervistati si è detto favorevole a un suo ritorno al vertice della casa di Maranello.
Il manager e imprenditore bolognese gode di molti apprezzamenti per la qualità del suo percorso professionale e dei suoi risultati, ma anche per il suo carisma e per la connessione stretta con la storia del marchio, oltre che per la passione genuina verso il “cavallino rampante”.
Luca di Montezemolo è entrato in Ferrari nel 1973, come assistente di Enzo Ferrari e responsabile della Squadra Corse. Nessuno, quindi, può mettere in dubbio il valore del suo reclutamento, visto il soggetto da cui è giunto. I risultati furono luminosi. Sotto la sua guida, nella prima parentesi a Maranello, la Ferrari vinse il Campionato del Mondo Costruttori in Formula 1 per tre anni di seguito, dal 1975 al 1977, e due Campionati del Mondo Piloti con Niki Lauda, nel 1975 e 1977, anno in cui Luca di Montezemolo iniziò una nuova avventura manageriale, sempre nella galassia Fiat.
Luca di Montezemolo: la seconda volta in Ferrari
Nel 1991 il ritorno a Maranello, con il ruolo di Presidente, ricoperto fino al 2014. Fu un fiorire di successi sportivi e commerciali. Giunse l’era Schumacher e le GT di Maranello recuperarono vigore tecnologico e qualitativo. Poi il divorzio. Oggi si avverte la sua assenza. Lui sarebbe l’uomo giusto al posto giusto, nel momento giusto. I rischi all’orizzonte sono tanti: meglio che certi passaggi delicati vengano gestiti da chi ha competenza e cultura storica, oltre a un legame affettivo con Enzo Ferrari.
Il “cavallino rampante” non è un marchio come tanti e non può essere svilito nella dimensione della finanza pura, che lo svuoterebbe di contenuti, mortificandone il valore vero, che non è quello dei dividendi, delle operazioni borsistiche, dei matrimoni forzati. Un’immersione nella storia e nella tradizione sarebbe salutare, per non perdere il rapporto con la dimensione del mito.
Una protezione per l’immagine del marchio
Luca di Montezemolo, cui va il merito di una lunghissima scia di successi in ambito industriale, di prodotto e sportivo (basti pensare alla già citata era Schumacher), era una certezza assoluta, anche per la connessione storica e l’amore vero per la Ferrari. A lui va la gratitudine di tutti per come ha difeso e custodito i valori del mito di Maranello, traghettandoli con impagabile stile nell’attualità. L’intelligenza degli Elkann dovrebbe evitare rischi, anche se purtroppo il SUV sta prendendo forma, con il nome Purosangue.
Giunti a questo punto, se proprio lo si deve fare, speriamo che il futuro del “cavallino rampante” non contempli altre eresie del genere, magari per fare contenti gli azionisti con lauti dividendi, o con l’intento di condividere piattaforme, per ottenere economie di scala. Un approccio del genere spegnerebbe la magia delle “rosse”, mortificandone l’essenza. Speriamo inoltre che la Ferrari resti sempre italiana: Gianni Agnelli, uomo simbolo della Fiat, comprò la quota di maggioranza per difenderla dall’acquisto della Ford, salvaguardandone l’autonomia. I nipoti dell’avvocato non possono seguire una strada diversa, che non gli farebbe onore.
John e Lapo Elkann sono persone di grande apertura mentale, quindi è lecito aspettarsi le mosse giuste. Con Luca di Montezemolo sul ponte di comando della Ferrari i convogli strategici si muoverebbero sul binario corretto, con la passione rossa per stella polare, dando continuità all’opera del Commendatore. Il sentiero da lui tracciato, nel solco della migliore tradizione, non può essere smantellato, perché sarebbe la fine della Ferrari. Anche le deviazioni comportano un alto indice di rischiosità. Meglio evitarle. Spero nella saggezza di chi detiene la proprietà del marchio. Sono molto fiducioso.