I sindacati si dicono preoccupati per le fabbriche italiane del gruppo Stellantis. E se lo sono i sindacati, inevitabilmente la preoccupazione riguarda anche i lavoratori, diretti interessati di eventuali cambi di politica aziendale che porta a tagli e riduzioni di occupazione.
Il fatto che da quando è nato, il gruppo Stellantis , dia l’impressione di avere più di qualche perplessità sulle modalità di produzione che abbiamo in Italia, è assodato. E questo è ciò che preoccupa di più, perché circolano voci di tagli di linee produttive, cambiamento dei servizi e riduzione dei costi aziendali.
Voci dicevamo, perché dall’azienda non traspare nulla di ufficiale, a partire dai piani aziendali di produzione. Anche su eventuali nuovi veicoli da produrre in Italia, se si esclude il SUV Tonale, poco e niente si sa. Diverso per esempio ciò che emerge dalla vicina Francia, dove sembra che siano già in programma lanci di nuove vetture, soprattutto nel segmento delle elettriche che fanno stare tranquilli i lavoratori francesi sul proseguo delle attività negli stabilimenti transalpini.
In Italia niente, perché si brancola quasi nel buio, niente piani produttivi nuovi (e si resta con i programmi, naturalmente obsoleti di FCA prima della fusione) e voci che si rincorrono che destabilizzano operai e sindacati.
La chiarezza dovrebbe fuoriuscire da un nuovo summit tra governo e parti sociali a Torino, che dovrebbe essere convocato a giorni. Usare l’ipotetico è d’obbligo sia sulla convocazione dell’incontro che sulla chiarezza sui programmi che dovrebbe venir fuori. Infatti anche dai precedenti vertici, poco o nulla è emerso, con i sindacati che hanno spuntato solo la loro tenuta in considerazione futura.
Ma cosa arriveranno a chiedere adesso i sindacati ai vertici aziendali di Stellantis? Vediamo adesso le cose poco chiare che interessano di più lavoratori e loro rappresentanti.
Sindacati preoccupati per gli stabilimenti italiani
Ai sindacati i lavoratori contestano i risultati, pochi, raggiunti nei precedenti vertici. È vero, l’azienda ha promesso di avvisare le parti sociali di eventuali cambiamenti di programma e di politiche aziendali. Ma tutto qua, cioè poco per i lavoratori che vivono continui periodi di cassa integrazione e che non sanno su cosa dovranno lavorare e come in futuro, come accade a Melfi, dove probabilmente anche la Jeep Compass verrà spostata come produzione, sulla linea della Jeep Renegade e della Fiat 500X.
Una linea in meno con gli operai che saranno costretti a riversarsi tutti sull’unica rimasta, con evidenti problemi logistici e di organizzazione. E sulla linea cancellata potrebbero arrivare attività oggi affidate alle ditte dell’indotto, che subirebbero un duro colpo dato che le loro lavorazioni dipendono esclusivamente dalla commesse Stellantis che se venissero meno, produrrebbero inevitabilmente se non la chiusura, quanto meno la riduzione del lavoro in queste piccole ma importanti aziende.
Il futuro di Stellantis quindi, in Italia è tutt’altro che definito ed è questo che i sindacati chiederanno nel vertice, cioè di fare chiarezza. Le fabbriche italiane furono definite troppo costose dal CEO Carlos Tavares, che poi ha un po’ ritrattato il tutto, promettendo che nessun posto di lavoro sarebbe stato perso.
Parole a cui sono seguiti fatti che però non coincidono tra loro. Infatti la cassa integrazione continua ad essere la prassi, e dal punto di vista dei programmi futuri, ancora non si sa nulla.
La posizione dei sindacati, le parole di Michele De Palma
“Abbiamo bisogno nel minor tempo possibile di un accordo con governo e i vertici di Stellantis sulla transizione industriale verso l’elettrico. Un’intesa che garantisca almeno gli attuali livelli occupazionali in Italia, che favorisca il turn-over tra chi va in pensione e i più giovani dopo dieci anni di cassa integrazione. Che coinvolga università e centri di formazione sull’analisi di mercato dei servizi accessori. Come l’utilizzo delle auto tramite canone”, così si è espresso il sindacalista Michele De Palma, responsabile auto di Fiom Cgil come si legge sulle pagine del Corriere della Sera.
Quanto meno serve che l’azienda arrivi a garantire la permanenza dei livelli occupazionali attuali. In pratica, non si chiedono certo nuove assunzioni, ma si chiede che sia confermata ufficialmente la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, promessa da Tavares, ma che deve essere rafforzata dalla presentazione di piani aziendali che siano coincidenti con l’obbiettivo.
Il quadro della situazione italiana stabilimento per stabilimento
Salvaguardia dell’occupazione e stop alla cassa integrazione, questo ciò che si aspettano gli operai come risposte ai dubbi sul futuro. Dubbi che riguardano anche l’indotto che non deve essere abbandonato, anche perché Tavares parlando di posti di lavoro al sicuro, ha parlato per l’azienda Stellantis, non per la miriade di conto lavorazioni che gravitano nell’orbita Stellantis ma ne sono esterne, andando a costituire l’indotto, che occupa più o meno lo stesso numero di operai di Stellantis, se non di più.
E De Palma è arrivato ad elencare tutti i nodi al pettine che stanno interessando tutti gli stabilimenti italiani. Un quadro a dir poco desolante, perché “a Grugliasco il mese di giugno lo passeranno con la cassa a zero. Cassino viaggia ai minimi: che tipo di strategia ha Stellantis per l’Alfa Romeo visti i volumi in picchiata? Perché il nuovo SUV della Maserati non sarà in grado di garantire la piena occupazione. A Pomigliano non è ancora partita la produzione del Tonale, la cui data di lancio sta slittando. A Mirafiori i volumi della nuova 500 elettrica sono lontani dagli obiettivi”, questo ciò che ha ribadito il rappresentante dei metalmeccanici della Cgil.
Naturalmente da De Palma non poteva mancare un accenno a Melfi e allo stabilimento ex FCA sito in Basilicata, che resta quello dove si producono la metà della auto di Stellantis in Italia, e probabilmente uno degli stabilimenti più importanti d’Europa.
“Melfi pesa la metà dei volumi italiani di auto di Stellantis. Se l’ipotesi fosse confermata si aprirebbe uno scenario di scontro con i sindacati. Non siamo disposti ad accettare la cancellazione di una linea per la produzione della 500X, della Renegade e della Compass. Verrebbe meno il presupposto di partenza confermato da Carlos Tavares: cioè garantire l’attuale capacità installata che a regime fa un milione e mezzo di veicoli all’anno”, così De Palma ha affermato che su Melfi si potrebbe arrivare allo scontro, al muro contro muro.
E dall’azienda occorre chiarezza anche sul progetto di transizione elettrica, perché dalla Francia come da altre zone dove Stellantis ha interessi e fabbriche, i piani appaiono già chiari e dove si pensa addirittura a nuove assunzioni (in Francia e negli USA per esempio).
I sindacati in pratica, chiederanno all’azienda di annunciare i piani futuri, anche perché agli operai italiani oggi le uniche cose che arrivano sono le ipotesi di riduzione dei costi.
“Uno dei punti del confronto con Stellantis e col governo è che tipo di transizione stiamo costruendo. Serve uno stabilimento che produca le batterie perché sarebbe una verifica indiretta dei volumi. Non si possono tenere all’oscuro i lavoratori. Non c’è un tavolo che ci permetta di capire quali scelte stia facendo l’azienda. Ci arriva solo il tema della riduzione dei costi. Ma è chiaro che con volumi ridotti al minimo i costi-Paese sono più alti. Invece dobbiamo costruire una filiera per tutelare le aziende di componentistica“, così ha chiuso De Palma la sua lunga intervista sul Corriere della Sera.