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Stellantis: fino al 30% dei componenti all’interno, e l’indotto?

Contenere i costi di produzione e allo stesso tempo dare più lavoro nelle fabbriche interne di Stellantis è alla base del progetto di internalizzazione della componentistica.

Stellantis

E se alla fine andasse davvero in porto il progetto di internalizzazione di molti dei componenti che oggi vengono prodotti esternamente a Stellantis, cosa accadrebbe alle piccole e medie imprese dell’indotto che oggi vivono pressoché tutte sulle commesse del colosso nato dalla fusione di PSA ed FCA? Una domanda che molti oggi si pongono, soprattutto alla luce di ciò che si legge sul Corriere della Sera edizione di Torino, città simbolo di Fiat ed FCA prima, e adesso di Stelantis.

Il Piemonte, dove i questi giorni monta una dura polemica che ha chiamato dentro anche le istituzioni politiche che hanno accusato Stellantis di aver tradito la Regione, decidendo di spostare la prima Gigafactory del gruppo a Termoli, in Molise e non a Mirafiori, in Piemonte appunto.

Stellantis ha cacciato il piano aziendale, tra vocazione all’elettrificazione, nuovi veicoli da produrre a Melfi e nuova fabbrica di batterie per auto elettriche a Termoli. Un piano aziendale che va però ben oltre questi progetti, pur se evidentemente importantissimi.

Una rivoluzione su larga scala quella di Stellantis, perché Tavares, il CEO di Stellantis ha deciso di andare fino i fondo a risolvere il principale nodo che ha trovato in Italia non appena si è insediato, cioè l’alto costo della produzione di veicoli in Italia.

Il Corriere della Sera, o meglio, Corriere Torino, ha preso visione di tute le documentazioni che Stellantis ha inviato ai fornitori di componentistica, un dossier importante da dove si evincono alcune sfaccettature che giustificano il programma di internalizzazione di molte produzioni oggi esterne alle fabbriche dirette del gruppo. Ed è proprio l’internalizzazione una selle soluzioni individuate dai vertici aziendali per contenere i costi di produzione ed avvicinarli a quelli di Francia e Germania, dove a Stellantis produrre auto evidentemente costa di meno.

Stellantis e la componentistica, si torna indietro nel tempo? Non è così ma quasi

Tra il 20 ed il 30%, questa la percentuale di componenti che oggi vengono prodotte dalla cosiddetta filiera (le fabbriche dell’indotto, ditte esterne a Stellantis) che rischiano di essere riportate all’interno. Da anni infatti, molte delle componenti che servono per produrre auto, vengono appaltate a ditte che con Stellantis hanno solo un rapporto di commesse. Prima, quando ancora si era nell’Universo Fiat,  in tutti gli Stabilimenti italiani si producevano auto, ma anche ogni singolo componente delle stesse auto, con una produzione interna al 100%.

Come scrive il Corriere Torino, “Stellantis sta aprendo ad una revisione della sua catena di approvvigionamento di componenti”. Il riferimento è proprio al fatto che da oltre un ventennio, Fiat ed FCA (Stellantis è nato recentemente, a gennaio, quando ci fu la fusione tra i francesi di PSA e gli italiani di FCA appunto), hanno adottato la politica della esternalizzazione per la fornitura di pezzi.

Adesso invece si punta a riportare all’interno alcune produzioni di componenti. Il primo obbiettivo è la razionalizzazione dei costi, perché sembra che produrli all’interno di Stellantis potrebbe essere meno oneroso. E poi, portando la produzione di determinati componenti all’all’interno, potrebbe avere ricadute a livello occupazionale, dal momento che più cose ci sono da fare e da produrre in uno stabilimento, più operai lavorano e meno ore di casa integrazione vengono date.

Il problema occupazionale è sempre in auge, come dimostrano le contestazioni che da Melfi a Torino, da Termoli a Grugliasco e in ogni stabilimento Stellantis italiano, grande o piccolo che sia, emergono quotidianamente.

Naturalmente ciò non vuol dire che si riporterà tutto dentro Stellantis, ma una buona parte dei pezzi che oggi vengono esternalizzati, torneranno presumibilmente all’interno, con buona pace delle piccole realtà dell’indotto che inevitabilmente subiranno il contraccolpo.

Cosa si riporta all’interno in materia di componentistica?

I documenti che Stellantis ha inviato ai fornitori della filiera e che il Corriere ha visionato, distinguono i pezzi da fornire in tre grandi aree.  Ci sarebbero quelli che sono difficilmente producibili all’interno, poi ci sono quelli che hanno difficoltà oggettive ad essere spostati perché occorrerebbe adeguare i macchinari atti a produrli e poi ci sono quelli che effettivamente non presentano difficoltà ad essere prodotti internamente a Stellantis.

E proprio quest’ultima area quella che potrebbe davvero segnare la rivoluzione di cui accennavamo prima, perché si ridurrebbero i costi a produrli da soli e a non appaltali più all’indotto. E sarebbero decine i componenti di questa vasta area che rappresenta il 20 o il 30% della produzione che oggi viene affidata all’esterno. E si parla già di una operazione da completare da qui a fine anno, cioè senza perdere altro tempo.

A dimostrazione del fatto che si inizia a ragionare su questa linea, il fatto che da settimane ai fornitori Stellantis ha chiesto dapprima se fosse possibile aumentare le forniture, per poi passare a chiedere sconti sulle commesse. Un modo per mettere alle strette i fornitori, per contenere i costi e, per i più sospettosi, un modo per andare poi a giustificare lo stop alle commesse e il ritorno alla produzione interna di componentistica.

“Mi fai lo sconto su questa fornitura di componenti? Non è possibile? Allora sposto tutto all’interno, perché mi conviene di più!”, questo più o meno quello che potrebbe accadere molto presto. Una linea che Stellantis sta intraprendendo ma che non rappresenta un unicum nel settore dell’Automotive da momento che, sembra che anche i colossi tedeschi dell’auto, da BMW ad Audi-Volkswagen hanno da tempo intrapreso a loro volta.

Il taglio dei costi degli stabilimenti italiani, iniziato con il taglio ad alcuni servizi esterni, nei soli primi tre mesi di vita di Stellantis, cioè nel primo trimestre 2021, ha riportato all’interno già il 10% dei componenti precedentemente appaltati all’esterno.

Il dato negativo è che così si penalizza fortemente la filiera che comunque ha reagito bene ai primi tagli. Infatti di quel 10% di produzione che dall’esterno è tornata all’interno, la filiera ha adottato lo stesso sistema, richiamando all’interno delle loro attività, alcune sub componenti appaltate a loro volta all’esterno. Una catena che gioco forza finisce con l’abbattersi sui più piccoli, e che andrà sempre a peggiorare man mano che aumentano le lavorazioni tolte di fatto agli appalti esterni e riportate all’interno di Stellantis.

La filiera resta importante e non va trascurata

Se è vero che le polemiche sono soprattutto sui rischi di tagli all’occupazione interni a Stellantis, come si evince anche dal fatto che in più stabilimenti azienda e sindacati hanno trovato l’intesa per incentivare i licenziamenti e per incentivare l’esodo volontario dei lavoratori, la filiera non è meno importante.

La componentistica del settore Automotive in Italia vale oltre 49 miliardi. Infatti sarebbero, dai dati del Corriere, circa  2.198 le imprese del settore, tutte piccole e medie imprese, piccole e medie realtà che occupano la bellezza di 164.305 addetti.

Parliamo di piccole imprese che hanno quasi il 60% del loro lavoro basato sull’Italia, soprattutto su Stellantis perché l’export vale poco più del 40%. Ciò significa che perdere le commesse Stellantis, che alla fine decide di prodursi i pezzi da sola con i suoi operai, potrebbe essere un serio problema a livello occupazionale. Solo in Piemonte per esempio, ci sono 736 imprese di questo tipo, con oltre 60.000 addetti. Ma a Melfi per esempio, siamo sulla stessa linea d’onda.

Il rischio concreto è che alla fine le mobilitazioni che ogni giorno si sentono dagli stabilimenti di Stellantis, finiscano con il garantire i grossi e quindi gli addetti interni di Stellantis, a discapito dell’indotto, con una discriminazione evidente tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.

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