Ci sono momenti che possono essere importanti anche per segnare il futuro. Ed il momento che sta attraversando Stellantis è uno di questi.
Ormai sono trascorsi 8 mesi dalla nascita del colosso dell’Automotive e i tempi sono maturi per dettare le linee produttive ed occupazionali d’azienda.
In queste settimane sono numerosissimi gli argomenti che riguardano Stellantis, dal progetto sulla transizione ecologica ed elettrica agli incentivi all’esodo.
Livelli occupazionali, finanziamenti richiesti dall’azienda, fabbriche di batterie elettriche, nuovi veicoli elettrici. C’è né per tutti in questa delicatissima fase per il colosso dell’Automotive nato dalla fusione tra PSA ed FCA.
Ecco il punto della situazione
Una autentica rivoluzione quella che aspetta Stellantis in questi mesi. Molto cambierà per tutta l’azienda, con un colpo di spugna al sistema adottato in precedenza, sia quando eravamo ancora in Fiat Chrysler Automobiles che nei primi mesi di vita del colosso italo-francese del settore Automotive.
Patiamo dalla situazione dei lavoratori degli stabilimenti italiani di Stellantis. Oggi sembra che tutto sia rimasto come prima, con lunghe fermate collettive, con casa integrazione a fasi alterne un po’ ovunque, da Mirafiori a Melfi, passando per Pomigliano, Termoli, Cassino e così via.
Non c’è stabilimento italiano che oggi lavora a regime. Ed in ogni stabilimento (più o meno), sindacati e azienda hanno raggiunto accordi sull’esodo incentivato dei lavoratori. In altri termini, grazie a premi in danaro, l’azienda, con l’avallo dei sindacati, ha deciso di collocare a riposo chi aderirà all’esodo.
Si tratta per lo più di lavoratori prossimi alla pensione, cioè i dipendenti più anziani, ma da indiscrezioni che provengono dalle fabbriche, non mancano anche i giovani che stanno valutando l’idea di aderire all’esodo.
L’azienda paga fior di denaro per spingere i lavoratori a lasciare il posto di lavoro. Una soluzione simile al taglio dei livelli occupazionali, ma mascherata da dimissioni volontarie, pur se lautamente incentivate.
E per quanto riguarda i più anziani come età, strumenti come isopensione o contratti di espansione, varati dal governo per l’intero sistema produttivo italiano, danno una mano al progetto voluto da Stellantis.
Stellantis e l’elettrificazione della sua gamma
Non esiste stabilimento di Stellantis in Italia che lavora a regime. Il fatto è che i veicoli a combustione termica stanno andando in disuso.
Un po’ la crisi covid (non coincidente però con i dati degli utili dell’azienda nel primo semestre del 2021), un po’ la carenza di semiconduttori, ma soprattutto la transizione ecologica ed elettrica sono alla base della riduzione di produzione in molti stabilimenti italiani.
Masti pensare a Termoli, dove si producono motori termici che presto saranno sempre meno perché meno saranno i veicoli diesel e benzina prodotti.
Rivoluzione Stellantis dicevamo, perché in quasi tutti i brand del gruppo sono stati programmati nuovi veicoli elettrici da produrre nei prossimi anni. Full electric o al massimo ibridi, ma pur sempre di una rivoluzione si tratta. E così a Melfi dal 2024 si dovrebbero produrre ben 4 nuove tipologie di auto elettriche di altrettanti marchi di Stellantis.
A Termoli, dove la situazione lavorativa era precaria visto che parliamo dello stabilimento dove si producono motori termici, dal 2025 verrà costituita una fabbrica di batterie per auto elettriche, la cosiddetta Gigafactory.
I costi aziendali di Stellantis, i prestiti e la finanza del gruppo
AL lavoratore dipendente sta a cuore la stabilità lavorativa, l’occupazione e lo stipendio, che con le casse integrazioni si riduce drasticamente.
Al datore di lavoro, e quindi, in questo caso, a Stellantis, interessano gli utili, i dividendi, gli azionisti e i costi di produzione. Si, anche quei costi di produzione che, durante la sua prima visita a Mirafiori e Grugliasco, il CEO Carlos Tavares criticò perché troppo elevati.
E sono costi che saliranno inevitabilmente proprio per la transizione verso l’elettrico. Proprio l’Amministratore Delegato di Stellantis, Carlos Tavares, qualche giorno fa pubblicando i dati del primo semestre 2021 di Stellantis, ha dichiarato che produrre auto elettriche a livello di costi aziendali salirà del 40%.
Tutto gira intorno a questi dati, sia il programma di incentivazione all’esodo dei lavoratori, che i tagli di personale, dell’indotto ma forse non solo, perché alla fine a rischio potrebbero essere pure gli addetti interni a Stellantis.
Perché se è vero che anche Tavares ha continuato a ribadire che i livelli occupazionali saranno tutelati (ma già l’esodo incentivato senza nuove assunzioni li abbatte drasticamente), c’è una vicenda che allarma non poco.
Parliamo del famoso prestito che l’azienda, quando era ancora FCA, chiese ed ottenne da Intesa Sanpaolo. Un prestito concesso grazie ad una garanzia statale.
FCA aprì con Intesa Sanpaolo una linea di credito di 6,3 miliardi, e Sace ne garantì l’80%. Una garanzia dello Stato su cui FFCA si impegno a non ridurre il personale e a prevedere 5 miliardi di investimenti nel Bel Paese.
Vincoli che adesso però verrebbero meno. Questo perché Stellantis adesso ha sottoscritto una nuova linea di credito da 12 miliardi di euro con un pool di 29 banche. Soldi che serviranno pure per azzerare il prestito precedente. E senza prestito precedente, nessun vincolo va rispettato.
Stellantis così oltre a risparmiare interessi (almeno così sembra), avrà mano libera per i suoi progetti, senza dover dar conto allo Stato per la promessa fatta all’epoca della garanzia Sace.
Gli investimenti però sembrano esserci da parte di Stellantis
Se aleggiano nubi spettrali sui lavoratori, dal punto di vista degli investimenti Stellantis ha progettato il futuro e l’Italia non sembra sarà abbandonata dal colosso.
Stellantis investirà 30 miliardi da qui al 2025, ma come dicevamo, c’è da fare i conti con una autentica rivoluzione, perché bisogna cambiare produzione, dai veicoli termici a quelli elettrici. Se a Termoli la situazione pare sia stata messa a posto con la fabbrica di batterie elettriche, occorre vedere come proseguirà il progetto per le fabbriche dove si fabbricano i cambi dei veicoli.
Investimenti ok, ma poi c’è da dare sicurezza ai lavoratori, con programmi futuri certi e precisi. E soprattutto, occorre arrivare al 2024 o al 2025, quando la transizione elettrica diventerà definitiva. Ad oggi infatti tutto è confuso nelle fabbriche, e spesso la comunicazione aziendale non contribuisce certo a fugare i dubbi.