La si chiama cannabis terapeutica o marijuana medicinale ma con la droga e l’illegalità, oltre al nome non ha nulla.
Infatti dal 2006 i medici italiani possono prescrivere preparazioni che hanno tra gli ingredienti sostanze attive a base di cannabis per uso medico. E addirittura, se per uso medico, il Testo Unico sulle droghe del 1990 (TU 309), permette pure di coltivarla, anche se è necessario, sempre, essere autorizzati dalle autorità competenti in materia.
Come si sa, fare uso di marijuana e derivati, espone a gravi rischi se ci si mette alla guida. Rischi di sicurezza personale e degli altri, come è evidente che sia. Ma pure rischi derivanti da possibili sanzioni da parte delle forze dell’ordine.
Molti si chiedono se i medesimi rischi si corrono anche se invece del classico spinello, si fa uso della cannabis terapeutica.
Vediamo di approfondire il tutto traendo spunto dalle indicazioni sulla normativa nazionale italiana come si legge sulle pagine del sito “laleggepertutti It”.
Cannabis terapeutica, di cosa si tratta davvero e a cosa serve
La medicina ha fatto passi da gigante e sono moltissime le patologie che si curano con i cannabinoidi per uso medico.
“La cannabis terapeutica può essere prescritta, da un qualsiasi medico per qualsiasi patologia per la quale esista letteratura scientifica accreditata che dimostri la bontà del prodotto per la sua cura”, questa la regola generica.
Naturalmente i costi di approvvigionamento del prodotto sono tutti a completo carico del paziente. Questi prodotti vengono utilizzati per patologie come la sclerosi multipla o per il dolore cronico, oppure per lesioni del midollo spinale, effetti successivi alla chemioterapia, alla radioterapia. E ancora, la cannabis medica viene usata per terapie relative all’HIV, oppure anche semplicemente come stimolante dell’appetito per la cachessia, l’anoressia.
I rischi penali ci sono a coltivarla da soli
La coltivazione domestica è, previo autorizzazione, ammessa. Ma non bisogna certo esagerare. Infatti coltivarla con un limitato numero di piante e indirizzarla al solo consumo personale dal punto di vista penale non comporta rischi.
Ma va ricordato che non esistono norme, leggi e regolamenti che stabiliscono quantità e limiti. Tutto è demandato alla giurisprudenza e agli accertamenti delle forze dell’ordine. Per questo anche se sulla carta il rischio penale sarebbe quasi nullo, nella realtà potrebbe esserlo differentemente.
L’auto produzione di cannabis, anche se per uso personale e medico, può, in caso di detenzione, venire considerata illecito amministrativo. È l’articolo n° 75 del Decreto del Presidente della Repubblica n° 390 del 1990 a stabilire le sanzioni amministrative in questo caso.
E a rischio finisce pure la patente di guida.
Infatti viene prevista la sospensione dei documenti per la guida, quella della carta di identità e del passaporto e pure del porto d’armi.
Sulla patente va ricordato che se è minorenne l’interessato dal provvedimento, al posto della sospensione può sopraggiungere il divieto di conseguimento.
In caso di cannabis terapeutica, se trasportata al di fuori della propria abitazione, occorre portare dietro la prescrizione medica da esibire in caso di controllo. In assenza della prescrizione, anche se per dimenticanza, si può essere assoggettati comunque alle relative sanzioni.
La sospensione massima della patente di guida può arrivare a 3 anni. Per gli extracomunitari invece a rischio il permesso di soggiorno o il suo futuro rinnovo.
E dopo l’assunzione di cannabis terapeutica, cosa accade alla patente? Si può guidare?
Se la detenzione e la coltivazione, sono assoggettate a rischi e particolari regole di comportamento, come quelle prima citate, per l’assunzione occorre chiarire qualcosa.
Dopo l’assunzione di cannabis terapeutica, cosa accade alla patente? Una domanda senza dubbio che può interessare molti.
Così come molti si chiedono se utilizzare la marijuana per uso medico metta a rischio l’eventuale rinnovo per i soggetti interessati dalle cure.
Come dicevamo, il consumo di queste sostanze per motivi di salute è lecito, anche se non vanno trascurati i rischi prima citati per la coltivazione e la detenzione.
Rischi più amministrativi che penali naturalmente, come già detto in precedenza.
Guidare dopo assunzione di cannabis terapeutica, si può?
C’è da capire però cosa accade se una persona, dopo aver fatto uso di cannabis e derivati per fini terapeutici, può poi mettersi al volante della propria vettura.
La legge su questo esiste e vieta di mettersi al volante sotto l’effetto di sostanze stupefacenti così come sotto l’effetto di sostanze alcoliche.
Ma allo stesso tempo non è possibile avere né il rilascio né il rinnovo della patente se si fa un uso abituale di medicinali la cui assunzione possa influenzare la propria abilità alla guida.
Una regola che vale per tutto quanto e non solo per la cannabis terapeutica naturalmente. Infatti esistono farmaci che sono altrettanto pericolosi a livello di attenzione se usati costantemente.
Inoltre ci sono soggetti affetti da patologie che non permettono di ottenere questi farmaci a base di marijuana medica da parte del servizio sanitario nazionale. E sono i soggetti che spesso si coltivano da soli questa sostanza. E sono coloro che rischiano di passare per persone avvezze al vizio dello spinello se fermati dalle forze dell’ordine.
Il decreto Lorenzin è molto chiaro in materia
È del 2015 l’ultimo intervento normativo che riguarda la cannabis terapeutica. Si tratta del famoso decreto Lorenzin.
Con questo atto normativo è cresciuta esponenzialmente la platea dei consumatori di farmaci a base di cannabis. Ma si è ben definito il perimetro entri cui andrebbe rispettata la legge.
Prima di analizzare la guida successiva all’assunzione di cannabis terapeutica, vediamo nel dettaglio cosa prevede il decreto Lorenzin.
“I soggetti in terapia dovrebbero essere esentati dalla guida di veicoli o dallo svolgimento di lavori che richiedono allerta mentale e coordinazione fisica per almeno 24 ore dopo l’ultima somministrazione con cannabis per uso medico”, questo è ciò che il decreto prevede.
In parole povere, il paziente che di cura con cannabis terapeutica, dovrebbe non guidare l’auto se ciò che ha assunto mette a rischio la sua coordinazione fisica e la lucidità mentale.
La capacità di capire se si può guidare o meno conta?
Il rischio conseguente è quello di essere fermati da una pattuglia delle forze dell’ordine, essere accompagnati in ospedale per le analisi di urina e sangue e risultare positivi a sostanze che ripetiamo, sono vietate quando ci si mette alla guida. Infatti il Codice della Strada all’ex articolo 187 prevede il correlativo reato che non distingue quindi tra assunzione a scopo esclusivamente terapeutico o assunzione per altre finalità.
Anche se c’è la prescrizione medica per l’utilizzo di queste sostanze, la condizione sine qua non è che il paziente che assume farmaci di questo tipo, può guidare solo a condizione che la sua capacità di guida non sia alterata dal farmaco.
Ma come detto in precedenza, questo discorso vale per ogni tipo di farmaco assunto prima di guidare. I rischi a mettersi alla guida sotto l’effetto di farmaci alla cannabis quindi non sono pochi dal punto di vista amministrativo.