Come ci si attendeva, a un anno di distanza dalla riforma del Codice della Strada, ecco l’invasione di autovelox nei centri città. Tutto lecito, purché le apparecchiature siano installate dal Comune solo con l’autorizzazione del Prefetto. Fra segnale di preavviso (attenzione controllo elettronico della velocità) e postazione di controllo devono esserci almeno 80 metri. Così da dare il tempo di reagire all’automobilista. L’obiettivo è la deterrenza, far calare i sinistri, non dare multe e incassare quattrini.
Autovelox nei centri città: alcuni paletti
Comunque, l’articolo 142 del Codice della strada era e resta sacro. Al comma 6, dice: per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate. Serve l’omologazione, non la semplice approvazione.
Ma cosa deve fare il Prefetto? Sentiamo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori: visti i limiti minori di velocità sulle strade urbane, solitamente 50 km/h, non basta che i Prefetti li autorizzino come fanno ora. Bisogna che sia il Prefetto a dover fissare il limite di velocità. E abbia la responsabilità di decidere l’esatta posizione e non il semplice km della postazione di controllo. Troppo spesso piazzato in modo nascosto dai comuni subito dopo una curva e non correttamente segnalato e visibile come prevede il Codice della Strada.
Dona auspica che siano i Prefetti a stabilire, essere responsabili e controllare se la segnaletica è conforme al Codice della Strada e ben visibile, dove deve essere collocato l’autovelox, in modo che sia ben visibile, su quale lato della strada debba essere collocato. Di quali cartelli parliamo? Avviso della postazione, limite di velocità.
Infine, il comma 6 bis dell’art. 142 secondo il quale “le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili“ viene vanificato se il cartello è solo a destra e si sta sorpassando: è oscurato dal veicolo sorpassato.
L’auspicio è che non venga innescata la consueta guerra legale fra automobilisti e Comuni: i primi accusano i secondi di voler fare solo incassi per ripianare i debiti della politica; i secondi accusano i guidatori di correre troppo.