Meno un bene è disponibile, più è caro: questa legge dell’economia, che spesso vale, diventa fondamentale oggi, coi prezzi del gas auto più alti. Infatti, il riavvio dell’economia post Covid, specie in Oriente, ha portato con sé una gigantesca domanda di gas, con questo che ha raggiunto vette incredibili: addirittura, in alcune aree d’Italia, il metano vola a due euro al kg. Tutto peggiora perché l’Unione Europea spinge molto per il Green Deal, transizione energetica che comporta costi a quanto pare inattesi dai politici UE.
Così, l’Unione Europea cerca accordi per ricevere più gas. E si è rivolta anche alla Russia. La risposta? No. Anzi, “niet” da parte della Gazprom: stranota azienda energetica russa parzialmente controllata dallo Stato, con sede a di San Pietroburgo. Infatti, la Gazprom si affida ai meteorologi moscoviti. I quali fanno la seguente previsione: l’inverno alle porte sarà ancora più terribilmente gelido dei soliti inverni. Col risultato che Gazprom pomperà quantità enormi di gas in più per i russi. E non c’è spazio per dare gas all’UE.
La priorità di Gazprom sono le forniture di gas al mercato interno russo rispetto all’esportazione. Lo ha detto il responsabile delle vendite nazionali Sergei Gustov. Che esibisce anche uno studio preciso: piante di sorbo sono piene di bacche adesso. Tradotto, inverno durissimo per la Russia.
Prezzi del gas auto più alti: che scontro con la Russia
Durissimo il presidente della Russia, Vladimir Putin, contro l’UE: respinge le accuse, parla di “isteria e confusione” in Europa per le forti spinte politiche verso la transizione green. E per i bassi investimenti Ue nelle industrie estrattive. Machiavellicamente, per il Cremlino il gas è uno strumento geopolitico con cui la Russia potrebbe far leva sugli Stati europei. Con un target: promuovere i propri interessi.
A questo punto, vanno fatti i conti per il gas. Il prezzo della materia prima è cresciuto di oltre il 600% nell’ultimo anno e un andamento simile si è visto per il Gnl, il gas naturale liquefatto, cresciuto più del 500%. Dopo il no della Russia, l’UE come si muove? Per iniziare, come un pachiderma, con estrema lentezza, tipica della sua burocrazia.
Si parla in UE di stoccaggio condiviso di gas, appalti condivisi e interventi normativi così da slegare in parte i prezzi della materia prima dalle tariffe. Ma la decisione è collettiva: ci sono forti resistenze di alcuni Stati membri. Il forte rischio è che lo scontro Bruxelles-Mosca diventi asperrimo.
Basti sentire le parole della presidente della Commissione Ursula von der Leyen: “La domanda globale sta crescendo, ma le forniture non stanno aumentando. Quindi, siamo grati che la Norvegia stia aumentando la produzione, ma non sembra essere il caso in Russia”.
La base di partenza è pessima: l’UE ha un tasso di dipendenza energetica del 61% dall’esterno. Questo complica le cose in transizione energetica. E forse andava soppesato meglio in anticipo, per prevenire. Situazione delicatissima per l’Italia: è dipendente dall’estero per più dell′80% del suo fabbisogno energetico. Pur avendo riserve di un certo valore. Nel 2019, importavamo dalla Russia 32 miliardi di metri cubi di gas, 15 dall’Algeria, 7 dalla Norvegia.