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Auto elettrica, transizione costosa: quali soluzioni

L’UE preme affinché si inquini meno, anche grazie all’auto elettrica. Ma la transizione dal carbone è costosa

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Addio carbone e fossili, sì all’auto elettrica e all’energia pulita: l’UE preme affinché si inquini meno. La Commissione Europea propone che, dal 2035, le Case producano solo macchine a corrente. Ma la transizione dal carbone all’elettrico è costosa. Anzitutto, si teme per i livelli occupazionali. Secondo, c’è molta preoccupazione in tutta la filiera automotive, in particolare quella della componentistica.

A scendere in dettaglio è l’Anfia, l’Associazione nazionale filiera auto Italia. Le tecnologie tradizionali a combustione interna, che la proposta prevede di bannare al 2035, sono quelle su cui la filiera europea e quella italiana (seconda solo a quella tedesca) hanno basato la leadership. Nel mondo. Se si eliminano auto a benzina e diesel, si apre una potenziale voragine.

La Commissione UE non rispetta il principio di neutralità tecnologica, che solitamente è fondamento della legislazione europea. Impone invece obiettivi stringenti. Morale: sono a rischio il 30% delle imprese della componentistica e circa 70.000 addetti diretti. Sono numeri che se sommati alle stime fatte in Germania, in Spagna, in Francia, in Polonia e Repubblica Ceca, rendono socialmente “pericolose” certe scelte. La disoccupazione crea infatti forti tensioni sociali.

Ma cosa propone l’Anfia? Carburanti rinnovabili a zero e basse emissioni. Inserendo nella regolamentazione un meccanismo di “crediting system”: meno inquini, più verrai premiato. target: salvaguardare i posti di lavoro, non solo nella filiera automotive.

Seconda idea: le esenzioni per i Costruttori “piccoli” (per numero di immatricolazioni, ossia 1000 all’anno), che però rappresentano l’eccellenza italiana: Ferrari, Lamborghini, Maserati, Piaggio. Perché? Perché si tiene così conto delle loro peculiarità e degli sforzi incommensurabili che vengono richiesti rispetto a quanto i loro prodotti influiscono sulle emissioni.

Tre: riconoscere il potenziale delle tecnologie ibride, in particolare delle plug-in, senza “demonizzarle”. A oggi quei consumatori virtuosi che hanno acquistato queste tecnologie nell’assenza infrastrutturale ricorrono più spesso all’alimentazione a benzina che in elettrico. Va da sé che la tendenza si invertirà non appena la rete di ricarica lo consentirà.

Auto elettrica con poche colonnine: guaio

Attenzione però allo “stallo” in cui versa lo sviluppo della rete infrastrutturale. Solo 2,7 colonnine di ricarica ogni 100 km di strade italiane: la metà che in UE. Occhio ai problemi connessi alla tenuta delle reti elettriche

Quindi, l’Anfia lavorerà per rendere la regolamentazione sostenibile anche dal punto di vista industriale e sociale. Al contempo, sul piano nazionale, urge mettere in campo uno specifico “pacchetto automotive”: incentivi di peso, strutturali, e via libera all’invasione di stazioni per fare il pieno di corrente in fretta.

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