Fra auto elettrica e Cop26 per l’ambiente c’è un legame molto forte. Infatti, l’obiettivo è semplice a dirsi e difficile a farsi: salvare il pianeta dall’inquinamento. Anche con veicoli puliti. La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, ossia la XXVI Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si terrà a Glasgow (Scozia) dal 31 ottobre al 12 novembre 2021, sotto la presidenza del Regno Unito.
In base all’Accordo di Parigi, ogni 5 anni si fa una verifica degli impegni sottoscritti: a che punto siamo con la lotta contro l’inquinamento e contro il riscaldamento globale? Si tratta di un meccanismo al rialzo: bisogna sempre migliorare. L’asticella si alza. E si vuole ridurre l’influenza delle società che sfruttano i combustibili fossili. Con le nazioni UE impegnate nella battaglia anti auto termiche, visto che la Commissione dell’Unione Europea intende bannare le macchine a benzina e diesel dal 2035, obbligando a produrre solo auto elettriche.
All’interno di queste intenzioni lodevoli e di questi programmi per il verde del globo terracqueo, irrompe la Cina. Il Paese più inquinante al mondo con il suo 28% di emissioni globali. Nulla di illecito o di illegale, visto che ogni nazione è libera di attuare la politica che crede. Il Paese del Grande Dragone è scatenato: dopo la pandemia, sta ripartendo a razzo in ogni settore, incluso quello delle auto. Per fare in fretta, la Cina punta sul carbone. Strategia che stride con Cop26 per l’ambiente. E con la pressione fortissima messa dall’UE agli Stati membri.
Per il 70%, la Cina produce elettricità grazie al carbone. Cop26 domanda a Pechino di adottare sistemi ecologici per arrivare alla completa decarbonizzazione entro il 2060. Come reagiscono i vertici del Partito Comunista cinese? Valutano la possibilità di rivolgersi all’Australia e ad altri Paesi per reperire il combustibile. Storica la debolezza del colosso orientale, sotto questo profilo: per l’energia, si rivolge sempre fuori. Infatti, se si alza la domanda cinese di petrolio, il greggio schizza alle stelle. Come sta accadendo oggi nel mondo per via del rilancio post coronavirus.
Cop26 per l’ambiente: allarme temperatura
Cosa accadrà se le emissioni globali non saranno tagliate globalmente del 55% entro il 2030? Non riusciremo a limitare l’aumento della temperatura terrestre sotto i +1,5 gradi Celsius, come ha esortato l’ultimo studio del Panel climatico delle Nazioni Unite Ipcc. E sfonderemo quota +2,7°.
Con lucidità e senza giri di parole da politico burocrate, il ministro della Transizione ecologica Cingolani va al cuore del problema: alla Cop26 in programma a Glasgow serve un accordo con Paesi come Cina e India. Lo sottolinea in un’intervista al quotidiano La Stampa.
Attenzione, perché l’Onu dice che siamo lontani dai due gradi massimi di aumento della temperatura globale e il ministro concorda. “È così. Siamo fuori traiettoria. Al Cop26 dobbiamo portarci tutti dietro. Non a due, ma un grado e mezzo. Sembra poco ma è una differenza colossale. Non bastano Europa e Usa”.
Il paradosso è che gli sforzi giganteschi dell’UE, dell’industria automotive europea, dei cittadini vengano resi vani dalla Cina. Che intende crescere ulteriormente, e in fretta, a livello economico.
A fare un tentativo è John Forbes Kerry, politico ed ex militare statunitense, attualmente inviato speciale del presidente per il clima. Per conto di Joe Biden, cercherà di dialogare con i rappresentanti della Cina. La quale per ora è irremovibile nei propri target: raggiungimento di zero emissioni entro il 2060 e picco di queste ultime fissato al 2030. Con molta calma, con tanto tempo. Il Regno Unito si propone di tagliarle del 78% entro 10 anni, l’Europa il 55%, l’America stessa il 50%.
Una bella differenza rispetto al pressing notevolissimo portato dall’UE sulle industrie del Vecchio Continente. Un enorme vantaggio competitivo per le aziende cinesi. Anche dell’auto.