Sono trascorsi 50 anni da quando al Salone di Torino del 1971 cominciò la storia dell’Alfasud. La berlina, creatura di Giorgetto Giugiaro, è un vero emblema nella storia del Biscione da qualunque lato la si guardi. Molto spesso si narra che i primi schizzi che portarono alle linee della vettura fortemente voluta da Rudolph Hruska, che al tempo era direttore generale in Alfa Romeo, furono messi in pratica da Giugiaro su di un tovagliolo di carta di un bar di Torino.
L’Alfasud portava con sé volontà molto importanti, a cominciare dalle intenzioni configurate in riferimento allo stabilimento campano di Pomigliano d’Arco che fu sede delle attività produttive.
Alcuni interessanti retroscena sulla gestazione dell’Alfasud sono stati raccontati da Giorgetto Giugiaro
Sebbene l’Alfasud fu particolarmente problematica sotto diversi punti di vista, di cui abbiamo parlato già in questo approfondimento, rimane una delle Alfa Romeo più vendute di sempre. È infatti la seconda vettura del Biscione più venduta della sua storia grazie a 906.824 Alfasud immatricolate, seconda solamente alla 33 che nello stesso arco temporale (12 anni) riuscì a vendere circa 80mila vetture in più.
Ora che l’iconica Alfasud del Biscione compie 50 anni, Giorgetto Giugiaro ha svelato ulteriori dettagli su come andarono le cose all’epoca, essendo stato lui stesso assieme ad Aldo Mantovani al centro della genesi produttiva della apprezzata compatta.
Giugiaro ha discusso già qualche settimana fa di alcuni aneddoti molto particolari. Dal momento in cui incontrò l’ingegnere Rudolph Hruska al quale Luraghi (presidente di Alfa Romeo) aveva affidato il progetto dell’Alfasud.
“Ci vedemmo con Hruska per la prima volta, assieme ad Aldo Mantovani, in un piccolo bar di Torino. Hruska condensò il capitolato della macchina in un rapido schizzo su un foglietto a quadretti, indicando tutti gli ingombri con estrema precisione: motore, assi delle ruote, abitacolo. Restammo affascinati dalla sua straordinaria cultura e così gli chiedemmo in quale fabbrica sarebbe stata costruita la vettura che avremmo dovuto disegnare. Ci rispose che ancora non esisteva nessuna fabbrica”, ha detto Giugiaro durante i festeggiamenti rivolti all’Alfasud presso Torino Esposizioni un mese fa.
L’Italdesign, fondata proprio all’epoca da Giugiaro, Mantovani e Bosio si ritrovò ad avviare un progetto attorno ad una configurazione praticamente nuova che non disponeva nemmeno dello stabilimento utile alla sua realizzazione.
“La progettazione della carrozzeria della berlina Alfasud è stata un’esperienza decisiva sotto tutti gli aspetti, due però in particolare: per la prima volta si è studiata una carrozzeria prima della meccanica; aver proposto idee nuove ed essere riusciti a farle realizzare dai fornitori. Alla soluzione finale siamo giunti dopo quattro anni di lavoro. Il disegno del primo bozzetto della vettura risale, infatti, al settembre del 1967. C’è una precisa filosofia in questo lavoro: prima si è guardato all’uomo, cioè agli spazi che lui chiedeva per sé e per i suoi bagagli, poi al motore che doveva trasportarlo. I maggiori ostacoli ce li hanno dati i problemi di aerodinamica. Se infatti dovessi ridisegnare l’Alfasud, vi aggiungerei tutte quelle cose che l’aerodinamica mi ha fatto togliere o modificare”, aveva ammesso invece al quotidiano La Stampa già nel 1971.
Doveva garantire spazio a sufficienza per quattro occupanti
Tra le prerogative richieste dallo stesso Hruska ci fu la volontà di realizzare una compatta Alfa Romeo capace di garantire viaggi piuttosto confortevoli a quattro occupanti, peraltro con la richiesta che questi fossero alti anche 185 centimetri.
Un particolare legato alle note cerniere esterne al vano destinato ai bagagli è stato svelato dallo stesso Giugiaro:
“Hruska ci disse che dovevano starci senza problemi quattro valigie con misure 450x210x700 mm. Girammo per giorni tutti i negozi di Torino e Milano per trovare bauli di quelle dimensioni, ma non li aveva nessuno. Ancora mi chiedo dove riuscì a trovarle. Le cerniere a vista furono una cosa inaudita: Hruska le volle per massimizzare la capienza del vano bagagli”, ha ammesso Giugiaro.
Interessante invece il particolare che condusse Giugiaro ad adottare fascette col logo Alfa Romeo sul montante posteriore: “lì c’era una saldatura a vista che a un certo punto, per ragioni ecologiche, non fu più possibile realizzare con lo stagno. Fu un espediente estetico per non renderla visibile”.