Si alza la temperatura della polemica in fatto di tasse di proprietà delle vetture, da versare alle Regioni. C’è la proposta di introdurre il bollo auto storiche. A tale proposito, l’ASI-Automotoclub Storico Italiano è perentorio: purtroppo, in Parlamento si discute sulla proposta di aumentare la pressione fiscale sui veicoli certificati e registrati come storici alla Motorizzazione con anzianità compresa tra i 20 e i 29 anni, premette.
L’ASI aveva chiesto e ottenuto un abbassamento della pressione fiscale per tale categoria nella Finanziaria 2019. Target: evitare che moltissimi proprietari rottamino o esportino le macchine in Paesi dove la pressione fiscale è più bassa. Far rimanere la ricchezza automotive, culturale e storica qui da noi.
No al bollo auto storiche: ecco perché
Opporsi al bollo auto storiche significa impedire la depauperazione del patrimonio motoristico nazionale e dell’indotto legato al restauro delle auto storiche. A beneficio della filiera di artigiani e delle attività coinvolte nel settore. I veicoli ventennali che godono di questa agevolazione (niente bollo), a tre anni dall’entrata in vigore della legge che è ormai a regime, sono lo 0,15% del parco veicolare totale e l’1,14% del parco veicolare ventennale (dati Motorizzazione al 2 novembre 2021).
E allora ecco la domanda dell’ASI: perché andare a colpire queste 66.050 auto e 14.992 moto? Non c’è alcun motivo razionale per farlo. La perdita dell’indotto sarebbe decisamente superiore al mancato gettito per lo Stato, che è stato calcolato essere ben inferiore ai 10 milioni annui.
L’impatto ambientale di un provvedimento del genere è pari a zero. Tra un veicolo vecchio e un veicolo certificato di interesse storico c’è un’enorme differenza: ogni singolo veicolo per diventare di interesse storico e collezionistico viene visionato e certificato.
Infatti, il 99% dei veicoli ventennali non gode di questa agevolazione. Quella certificazione la si ottiene a fatica, non la si dà ai rottami da buttare, sporchi, pericolosi e inquinanti.
Il bollo auto storiche potrebbe minare il rapporto fiduciario tra Stato e cittadino, attacca l’ASI. Insomma, un disastro.
Molti appassionati, proprio grazie alla norma andata in vigore nel 2019, hanno deciso di acquistare veicoli di potenziale interesse storico e collezionistico, li hanno restaurati (o li stanno restaurando), certificati e registrati alla motorizzazione con tutte le spese che questo ha comportato.
Suona male se lo Stato cambia idea d’improvviso e decide di ritornare sui suoi passi cancellando quella norma che li aveva portati a prendere quelle decisioni. Ora la palla passa al Parlamento.