Bertone è una delle grandi firme del design italiano. Il suo nome è conosciuto in ogni angolo del mondo, perché dalla sua matita sono uscite alcune delle auto più belle di sempre. Non mancano quelle col marchio Alfa Romeo. Oggi ne ho selezionate tre per voi. Ritengo che possano rappresentare al meglio la liaison, abbracciando periodi storici diversi. Prima di tuffarci alla scoperta dei modelli scelti, è doveroso spendere due parole sul marchio Bertone.
Questa carrozzeria si è legata a tanti costruttori automobilistici, Alfa Romeo compresa. La sua nascita avvenne nel 1912, a Torino. Il merito della fondazione va ascritto a Giovanni Bertone, uomo determinato e visionario. Purtroppo nel 2014 è giunto il fallimento, che ha chiuso un ciclo importante nella storia dell’auto. Molti ricordano la carrozzeria Bertone per gioielli come le Lamborghini Miura e Countach, per la Lancia Stratos ed altre sportive del genere, ma il campionario è davvero vasto.
Un grande impulso allo sviluppo del marchio avvenne sotto la guida di Nuccio Bertone, figlio del fondatore, che strinse nuove relazioni e potenziò la dimensione industriale dell’azienda. In Bertone sono nati tanti eccellenti stilisti: su tutti meritano una menzione speciale Marcello Gandini e Giorgetto Giugiaro. Si può dunque parlare di una vera culla delle eccellenze, di una fucina di geni. Porta la firma di Bertone il prototipo Pandion disegnato per Alfa Romeo ed esposto al Salone di Ginevra del 2010, per celebrare il secolo di vita della casa milanese.
Il 28 settembre 2015, al termine dell’asta fallimentare, l’Automotoclub Storico Italiano (ASI) ha acquisito la collezione storica della Carrozzeria Bertone, evitando la sua emigrazione verso lidi esteri. Un gesto nobile, per custodire in patria un patrimonio culturale del nostro paese. La raccolta – tutelata e vincolata dal Ministero Italiano per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo – è composta da 79 pezzi tra veicoli completi e funzionanti, telai e modelli di stile. Oggi è esposta al pubblico presso il Museo Volandia all’Aeroporto Milano Malpensa.
Ve ne fanno parte diverse Alfa Romeo. C’è la Giulia Sprint del 1963, forse la vettura più celebre carrozzata da Bertone per il marchio del “biscione”. Insieme a lei, l’Alfa Romeo Giulia SS del 1963, l’Alfa Romeo 2600 Sprint del 1964, l’Alfa Romeo Montreal del 1972, la Bertone Alfa Romeo Delfino del 1983, l’Alfa Romeo GT del 2004 e l’Alfa Romeo GT Cabrio del 2004. Quest’ultima è una bella cabriolet con capote chiara, rimasta esemplare unico. Una chicca in mezzo a tante altre. A questo punto è arrivato il momento di iniziare il viaggio alla scoperta di alcuni modelli Alfa Romeo altamente rappresentativi dell’estro creativo di Bertone e dei suoi qualificati designer. Se lo gradite, allacciate le cinture, accendete il motore e…avanti tutta.
L’Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupé Bertone del 1942
L’Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupé Bertone nacque per le corse, ma nel 1946 fu ricarrozzata da Bertone per l’uso stradale. Il risultato? Un’autentica opera d’arte, un capolavoro. I molti riconoscimenti guadagnati in giro per il mondo stanno a dimostrarlo. L’auto ha il telaio numero 915516 e il motore 923616. Fa parte della collezione Lopresto. Secondo la casa madre è una Super Sport. Nei modelli di questa serie, nati dal 1942, c’è una barra trasversale a rinforzare la struttura. L’elemento manca però sulla vettura di cui ci stiamo occupando. Questo fa ipotizzare che sia nata su un telaio precedente, adeguato alle nuove specifiche, senza l’introduzione della citata barra.
Il suo allestimento stradale fu curato dalla Carrozzeria Bertone, che si avvalse dell’estro creativo di un maestro dello stile come Mario Revelli De Beaumont. Ne deriva un design incantevole, che miscela le note dell’eleganza a quelle della sportività. L’andamento dei volumi trasmette il senso del suo vigore dinamico. La ricercatezza è alta a tutti i livelli. Non fanno eccezione i dettagli, come le maniglie a scomparsa, perfettamente inserite nella tela grafica generale. La sua presenza scenica è di alto lignaggio.
Al compito della spinta provvede un motore a 6 cilindri in linea, da 2443 centimetri cubi di cilindrata, che eroga una potenza massima di 125 cavalli. Ha due valvole per cilindro. L’alimentazione è affidata a tre carburatori monocorpo, che dissetano le camere di combustione. Il valore della potenza massima non è impressionante, ma andava bene per quegli anni. Va ancora meglio nell’esemplare unico di Lopresto, la cui missione è quella della bellezza. Guardando la sua linea, infatti, viene più facile immaginare l’Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupé Bertone sfilare negli itinerari più esclusivi piuttosto che fra i cordoli di un tracciato automobilistico.
L’energia viene scaricata a terra sulle ruote posteriori, giovandosi di un cambio a 4 rapporti più retromarcia, con comandi al volante. Il comfort viene assecondato dalla taratura turistica delle sospensioni anteriori e posteriori a ruote indipendenti, che rendono gradevole la marcia in souplesse. Il passo è di 2700 millimetri, accorciato di 300 millimetri rispetto a quello standard, come da specifica configurazione. Spesso fu la Scuderia Ferrari a ridurre a questa misura l’interasse, per incrementarne l’agilità. Nell’era moderna l’Alfa Romeo 6C 2500 SS Coupé Bertone conserva intatto il suo fascino ed è una vera regina di bellezza. I numerosi riconoscimenti ottenuti nei più prestigiosi concorsi mondiali d’eleganza sta a confermarlo.
Questo pezzo unico si è imposto come primo di classe al Pebble Beach Concours d’Elegance 2010, è stato eletto Best in Show in diversi altri appuntamenti. Ha guadagnato la Coppa d’Oro al Concorso d’Eleganza Villa d’Este del 2011. Niente male, vero? La sigla “6C”, acronimo di 6 cilindri, descrive il frazionamento del motore con cui tutti i modelli della serie vennero equipaggiati, sia pur con differenze sostanziali nei vari step, a partire dalla cilindrata, continuamente aumentata dai 1500 cm3 originari fino ai 2500 cm3 di fine carriera.
Alfa Romeo Giulietta Sprint
L’Alfa Romeo Giulietta Sprint prese forma nelle catene produttive della casa milanese dal 1954 al 1965. L’anno dopo fu il turno della Giulietta, che raccolse un grande successo di mercato, rimpinguando le casse e regalando al brand la natura di grande costruttore. Le finanze diventarono più solide, l’azienda era salva grazie a questa vettura, soprannominata la “fidanzata d’Italia“. Andò bene anche la produzione della successiva Giulia, sbocciata nel 1962, sotto la presidenza Lurani.
Alfa Romeo era un marchio che piaceva e le sue auto avevano una spiccata personalità, frutto anche della prestigiosa eredità storica. Una parte del merito del ritrovato fulgore è certamente ascrivibile all’Alfa Romeo Giulietta Sprint, poi rinominata “Giulia Sprint“, che riaccese il fuoco della passione. Questa coupé sportiva giunse sul mercato prima della versione berlina, da cui derivava. Esigenze di varia natura imposero questo ruolino di marcia a parti invertite. Un fatto irrituale, ma poco importante.
All’affinamento stilistico del modello, partendo dall’idea iniziale di Bertone, concorsero vari designer. L’apporto creativo di squadra ebbe positivi riflessi sul prodotto finale. Il debutto in società del prototipo avvenne al Salone dell’Auto di Torino del 19 marzo 1954. L’accoglienza del pubblico fu subito entusiastica. I clienti furono subito tanti, con richieste superiori alle più rosee aspettative. Non poteva che essere così per un’auto di tale fascino.
Sul piano motoristico, la scelta del management cadde su un’unità a 4 cilindri in linea da 1290 centimetri cubi di cilindrata, con due alberi a camme in testa azionati da catena ed ingranaggi. Questo cuore, alimentato da un carburatore a doppio corpo, erogava una potenza massima di 65 cavalli a 6000 giri al minuto. L’accelerazione sul chilometro con partenza da fermo richiedeva 37 secondi, mentre la velocità massima si spingeva nel territorio dei 160 km/h. Non erano prestazioni da gara, ma andavano bene.
Il cambio a quattro rapporti più retromarcia aveva la giusta manovrabilità sportiva. Le sospensioni erano a ruote indipendenti davanti e ad assale rigido dietro. Al compito del rallentamento pensavano dei freni a tamburo, che facevano come potevano il loro lavoro. Queste le dimensioni dell’Alfa Romeo Giulietta Sprint: 3980 mm di lunghezza, 1535 mm di larghezza, 2380 mm di passo. Il peso era di 880 chilogrammi. Al successo del modello concorse la sua linea moderna e sportiva, che piacque sin da subito. Oggi ha ancora il suo fascino. Questo la rende apprezzata nei raduni ed incide sull’interesse guadagnato nell’universo del collezionismo, dove l’attenzione nei suoi confronti non è mai bassa.
Alfa Romeo Montreal
L’Alfa Romeo Montreal aveva le credenziali giuste per poter ambire a un grande successo di mercato, ma nacque in una fase congiunturale infelice. Si è fissata comunque nella storia, perché l’eccellenza trova sempre il suo spazio, in un posto di rilievo. Nella sue veste definitiva, questa creatura del “biscione” fece il debutto in società al Salone dell’Auto di Ginevra del 1970. Il tempo vola: è passato già mezzo secolo da quell’evento, che celebrò la sintonia del modello con il pubblico. La Montreal piacque subito, grazie allo splendido stile firmato da Marcello Gandini per Bertone.
Ottimo anche il motore, decisamente in linea col lignaggio del marchio. Un V8 da 2.6 litri di cilindrata, con 200 cavalli a 6500 giri al minuto, che si traducevano in prestazioni di ottimo livello. Il cuore discendeva da quello usato sulle 33 da gara, anche se ammorbidito per l’uso stradale. Notevole la sua grinta, solo in parte evidenziata dalla potenza massima. L’accelerazione da 0 a 100 km/h veniva liquidata in 7.1 secondi, mentre per espletare la pratica del chilometro con partenza da fermo bastavano 27.5 secondi. La velocità massima si spingeva oltre la soglia dei 224 km/h. Il vigore prestazionale era congruo alle aspettative. A rallentare le danze del modello provvedevano dei freni a disco autoventilanti Girling sulle quattro ruote.
Nessuna nota stonata, quindi, per l’Alfa Romeo Montreal, ma i suoi volumi produttivi subirono pesantemente gli effetti della crisi petrolifera di quegli anni, che fece saltare i piani del management. In totale il modello prese forma in sole 3925 unità. Avrebbe potuto fare molto di più. Oggi, nelle sue uscite, continua a suscitare un forte interesse fra gli appassionati. Le sue linee sono magnetiche e richiamano l’attenzione di tutti. Il merito è del design illuminato di Marcello Gandini.
Uno degli elementi caratteristici è la vistosa presa d’aria di tipo Naca al centro del cofano motore, che alleggerisce sul piano ottico il rigonfiamento dovuto alla presenza del corposo propulsore. Il trattamento muscolare dei volumi regala tanta personalità stilistica all’Alfa Romeo Montreal, il cui look trae ulteriore vigore da alcune tinte vistose del catalogo. Fra i dettagli stilistici, meritano di essere menzionate le “palpebre” che celano parzialmente i doppi fari anteriori e le sei feritoie orizzontali sui montanti che snelliscono la vista laterale, conferendole altro vigore dinamico. Tocchi da grande maestro, degni della matita di Marcello Gandini.
L’insieme è ben calibrato nei suoi elementi espressivi ed anche i dettagli sono in linea con la tela grafica generale. Impossibile non farsi catturare dalla sua presenza scenica. Come abbiamo riferito in un precedente post, il DNA da corsa è presente nell’Alfa Romeo Montreal, declinato però nello spirito granturismo, per garantire un adeguato comfort agli ospiti. Qui la sportività è di casa, ma non è estrema, perché il modello non fu pensato per i piloti professionisti. Il suo target erano i clienti facoltosi, dallo spirito dinamico e dai gusti forti. Gente di successo, che non aveva paura di mettersi al centro dell’attenzione.