Tre modelli diversi, dall’indole racing, che rappresentano tre proiezioni dei rispettivi marchi nell’universo dorato dei 12 cilindri. I nomi sono di alto lignaggio: Ferrari, Maserati e Alfa Romeo. Il primo dei tre è quello storicamente legato a questa architettura motoristica, ma anche gli altri due vi hanno fatto ricorso. Si tratta di un frazionamento che ha scritto pagine indimenticabili di ingegneria, prestazioni e musicalità meccaniche.
Quando si pensa alle opere del “cavallino rampante”, la connessione al 12 cilindri viene spontanea. Enzo Ferrari ne era un appassionato cultore. La sua prima “rossa”, battezzata 125 S, aveva un cuore del genere, elevatosi a simbolo del mito di Maranello. Oggi la sua più alta rappresentazione è nella hypercar in tiratura limitata Daytona SP3, che lo ha traghettato al meglio nell’attualità. Il cuore di questa fuoriserie meriterebbe di essere tutelato dall’UNESCO, perché si erge a sintesi delle migliori capacità creative umane nello specifico ambito.
In questo post abbiamo voluto rendere omaggio al V12, celebrandone la presenza in alcune auto iconiche della produzione italiana. Nella lista troverete 3 creature di matrice racing, completamente diverse fra loro, come periodo storico e concezione, ma legate dal comune frazionamento propulsivo. Girate la chiave, date un colpo sul pedale del gas, e godetevi le emozioni di questo splendido viaggio.
Alfa Romeo 33 TT12
L’Alfa Romeo 33 TT12 nacque con la sapiente regia creativa del mitico ingegnere Carlo Chiti. Un nome conosciuto a tutte le latitudini, che pertanto non ha bisogno di presentazioni. In questa vettura da gara, il grande progettista toscano seppe conferire il miglior DNA del marchio del “biscione”. Le performance in pista furono brillanti, ma torneremo dopo sul tema. Qui iniziamo l’analisi del modello partendo dalla sigla, che mette in evidenza alcune sue caratteristiche. TT sta per telaio tubolare, mentre 12 è la cifra che esprime il frazionamento del suo cuore meccanico a cilindri contrapposti.
Si tratta di un motore da 3 litri, in grado di sviluppare una potenza massima di 500 cavalli a 11500 giri al minuto, su un peso di 670 chilogrammi. Facile intuire il tenore delle prestazioni, reso ancora più evidente dai risultati raccolti in gara. A gestire la danze dell’Alfa Romeo 33 TT12 ci pensarono piloti di grande calibro. Volete i nomi? Eccoli: Derek Bell, Henri Pescarolo, Arturo Merzario, Nino Vaccarella, Mario Andretti, Vittorio Brambilla, Jacques Laffitte, Jacky Ickx, Rolf Stommelen e Jochen Mass. Credo non ci sia altro da aggiungere, perché sono piloti leggendari.
Il modello diede il massimo del suo splendore nella stagione agonistica 1975, quando si aggiudicò sette gare su nove appuntamenti della serie iridata. Un ruolino di marcia che consegnò la gloria finale alla casa milanese. Poi la parabola discendente, dovuta al disimpegno dei vertici aziendali, che preferirono orientare gli sforzi in altre direzioni. L’Alfa Romeo 33 TT12 poteva superare i 330 km/h di velocità massima. Erano però le sue dinamiche il punto di forza del modello.
Gli uomini del “biscione”, con questo prototipo, misero a segno un bel colpo. Il fatto che a distanza di decenni sia ricordato con amore dagli appassionati rafforza il suo pregio. Alcuni collezionisti danno oggi la possibilità di rivedere la dodici cilindri milanese in pista, ed è un’emozione da sogno, non solo per le straordinarie musicalità meccaniche regalate all’apparato sensoriale. La vettura appartiene a una stirpe di grande storia, quelle delle Tipo 33 da gara, prodotte fra il 1967 e il 1977.
Queste creature hanno preso parte al Campionato del Mondo Sport Prototipi, mettendo in cassa due preziosi successi nel 1975 e 1977. In quella coppia di anni salirono nell’Olimpo della specialità. Non mancarono neppure le partecipazioni alla serie CanAm e alla cronoscalate. Furono 6 gli esemplari in cui sbocciò la 33 TT12, negli anni dal 1973 al 1976. Tra le sue innovazioni, l’uso di un inedito motore boxer e di una nuova carrozzeria in vetroresina. Anche questa molto bella.
Maserati MC12 Corsa
Qui ad indossare il dodici cilindri è un’auto del “tridente”. E che auto! Stiamo parlando di una versione esclusiva della più prestigiosa fuoriserie moderna del marchio modenese. La Maserati MC12 Corsa fu prodotta dal 2006 al 2007, in un totale di 15 esemplari, 3 dei quali sono stati trattenuti dalla casa madre, per varie missioni. Questa biposto prese forma dalla Maserati MC12 GT1, grande protagonista del Campionato FIA GT 2005, che vinse.
Non si tratta di una supercar stradale, come la sorella standard, ma di un mezzo privo di omologazione, che può essere usato solo in pista, fuori dall’ambito agonistico, per il quale non ha la fiche rilasciata dalle autorità sportive. Per i ricchi, uno splendido strumento di piacere, adatto ai track days. Cuore pulsante della Maserati MC12 Corsa è un motore V12 da 6 litri, derivato da quello della Ferrari Enzo. In questa veste guadagna energia rispetto ai 630 cavalli delle MC12 “normale” e GT1, assicurandosi la spinta di 755 purosangue di razza, a 8000 giri al minuto.
Questi 125 cavalli in più si fanno sentire, eccome, non solo in termini di sound, grazie anche al peso, ridotto a soli 1150 chilogrammi. L’energia viene scaricata a terra con l’ausilio di un cambio semiautomatico a 6 rapporti Cambiocorsa. A contrastarne l’energia dinamica provvedono dei freni da competizione in acciaio e carbonio. Il prezzo, all’epoca, era di un milione di euro. La Ferrari Enzo ne costava circa 660 mila. Per colore istituzionale si scelse uno splendido “Blu Vittoria”, in grado di valorizzarne al meglio i lineamenti.
Base di partenza fu una regina delle supercar del primo decennio degli anni duemila. La Maserati MC12 è senza ombra di dubbio l’opera d’arte più esclusiva dell’era moderna del marchio, almeno fra i modelli destinati al mercato. Il suo look profuma di corse in ogni centimetro dell’esecuzione stilistica. Questa creatura sembra scappata dal circuito di Le Mans, ma può essere usata anche per raggiungere un bar in centro città, facendo le dovute attenzioni. Il frontale, basso e largo, della Maserati MC12 affascina per i lineamenti, che esprimono eleganza e vigore sportivo.
Vederlo negli specchietti retrovisori mette subito in soggezione. Anche il profilo laterale è coinvolgente, con una geografia espressiva degna di un prototipo da pista. La coda è dominata dal grande alettone, che serve a dare la giusta deportanza a questo grosso e potente gioiello del “tridente”, con carrozzeria Roadster. Il tettuccio rigido è infatti asportabile. Di eccellente livello l’handling, degno di un bolide da corsa. La MC12 ha scritto un’altra bella pagina di storia Maserati.
Ferrari 250 GTO
La Ferrari 250 GTO è la più iconica delle “rosse”. Questa creatura prese forma dal 1962 al 1964, in 39 esemplari, 32 dei quali con carrozzeria della prima serie, che risultano più affascinanti sul piano estetico. Il merito della sua poesia stilistica è in buona parte di Sergio Scaglietti, che ne ha plasmato le forme. Nata come evoluzione della 250 GT Berlinetta SWB, ne estremizzava i concetti. Il motore fu arretrato. Grandi le modifiche sulle sospensioni e sulla carrozzeria. Il risultato? Un gioiello capace di dettare legge su tutti i circuiti del mondo.
Nella sigla ci sono alcune delle sue caratteristiche: 250 è il valore della cilindrata unitaria, mentre GTO è l’acronimo di Gran Turismo Omologata. La “O” finale divenne definitiva dopo che Ferrari avvisò i clienti dell’avvenuta omologazione nella categoria di riferimento. Al progetto del modello concorsero due nomi importanti dell’automobilismo: Giotto Bizzarrini e Mauro Forghieri. Destinata agli impegni agonistici, la Ferrari 250 GTO godeva della spinta di un fantastico motore V12 da 3 litri di cilindrata, mutuato dalla 250 Testa Rossa, che erogava circa 300 cavalli di potenza massima, a 7500 giri al minuto. L’energia veniva scaricata a terra con il supporto di un cambio manuale a 5 rapporto.
Notevole la velocità massima, nell’ordine dei 290 km/h. Per rallentarne la foga furono scelti dei freni a disco sulle quattro ruote. Il telaio tubolare in acciaio, di tipo aeronautico, era molto più solido di quello della 250 SWB. Composto da elementi di piccolo diametro, consentiva di abbassare il centro di gravità delle masse. La lubrificazione a carter secco permise di ridurre l’altezza del cofano, mentre il posizionamento arretrato del motore garantì una minore inerzia nei trasferimenti di carico. La 250 GTO fece suoi tre allori iridati tra il 1962 e il 1964.
L’esordio avvenne alla 12 Ore di Sebring del 1962, con Phil Hill e Olivier Gendebien. I due giunsero secondi sulla linea di arrivo, dietro la Sport TRI 61 di Bianchi-Bonnier. In parecchi frangenti, la Gran Turismo Omologata tenne tranquillamente il passo dei prototipi. Nel corso della stagione vinse molte gare, guadagnando in souplesse il Trofeo riservato ai Costruttori. Fu così anche nei due anni successivi. Nella sua classe trionfò con straordinaria frequenza.
Lunghissimo l’elenco dei successi raccolti in gara da questa meravigliosa creatura, nata dalla migliore interpretazione dell’idea Ferrari. La 250 GTO ha inciso le note più belle nel pentagramma motoristico. Il suo look da sogno e le sublimi musicalità meccaniche elargite dal suo cuore hanno fatto il resto, consegnandole il trono della specialità.