Se oggi Alfa Romeo è un conclamato marchio di successo il merito va attribuito sì ai protagonisti odierni, ma pure agli artefici del passato, in grado di trasformarla da una realtà di nicchia a un simbolo dell’eccellenza italiana in tutto il mondo. Tra le figure sicuramente più influenti merita un posto di riguardo Giuseppe Luraghi, il cui trentesimo anniversario dalla scomparsa ha avuto luogo proprio ieri.
Giuseppe Luraghi: gli inizi alla corte di Pirelli e l’approdo in Finmeccanica
Giuseppe Luraghi nacque il 12 giugno 1905 a Milano, figlio di un dirigente di una società d’import ed export con l’India. Quand’era ancora adolescente perse entrambi i genitori, in un paio d’anni, e così arrivarono le difficoltà economiche. Eppure, proseguì ugualmente gli studi, presso la Bocconi, durante il servizio militare, nel 1927, presentando una tesi sull’industria aeronautica. Negli anni precedenti aveva praticato la boxe a buoni livelli, aggiudicandosi diversi match: come egli rivelò a più riprese, ne temprò notevolmente lo spirito.
La prima occupazione degna di nota fu in Pirelli, dove bruciò velocemente le tappe, fino a diventarne il direttore generale nel corso del secondo conflitto bellico, pur senza averne il diritto. Nel 1950 rassegnò, tuttavia, le dimissioni, per via dei contrasti inconciliabili con Alberto Pirelli sulla strategia.
Già allora Giuseppe Luraghi godeva di ottima fama, il che gli consentì di trovare rapidamente un’altra carica rilevante: quello di direttore generale di Finmeccanica. E proprio in tale occasione entrò, indirettamente, a contatto con Alfa Romeo.
Si alzò il sipario sulla Giulietta
L’obiettivo di Finmeccanica si traduceva nel supportare economicamente le industrie meccaniche e cantieristiche assorbite dallo Stato, previa riassetto. A dispetto delle notevoli difficoltà iniziali, Luraghi ebbe la sagacia di coinvolgere le persone giuste nel progetto e di intuire l’importanza di sviluppare un modello di media cilindrata in grado di registrare degli soddisfacenti numeri commerciali.
Si alzò il sipario sulla Giulietta, proposta dapprima in coupé, quindi, nel 1954, nella versione Sprint. Poi toccò a berlina e spider. In un quinquennio la Casa prese il largo e, da circa 6 mila, salì fino a una tiratura di 177 mila unità nel 1965, al termine del rispettivo ciclo. Il carattere forte rese breve (ma intensa) la parentesi lavorativa, visto che lasciò la poltrona a seguito dei decisi scontri con il nuovo numero uno dell’Iri, Aldo Fascetti.
Al termine del 1960 rifece capolino, chiamato da Giuseppe Petrilli per prendere le redini di Alfa Romeo. L’intento dichiarato era di ampliare il raggio d’azione, di espandersi: sicché il Portello cominciava a risultare stretto, partirono i lavori per dar vita alla fabbrica di Arese. L’investimento preventivato fu ingente, un fardello insostenibile se la Giulia non avesse sbancato. Immessa in commercio nel 1962, ripagò le attese. In occasione del ritiro, nel 1977, avrebbe superato la soglia del milione di esemplari realizzati. Sempre nel ‘62 Luraghi inaugurò la costruzione della pista di prova di Balocco.
Pomigliano d’Arco, Alfa Sud e Alfetta
Raggiunta la solidità dell’azienda, l’Iri pensò di moltiplicare la capacità produttiva. Perciò Luraghi sottopose, nel settembre 1966, l’idea di una nuova fabbrica nel Meridione, presso il complesso napoletano di Pomigliano d’Arco. Nel 1968 venne posata la prima pietra, mentre, nel 1972, videro la luce due vetture destinate a scrivere pagine memorabili, che rispondevano ai nomi di Alfasud e Alfetta.
L’addio di Giuseppe Luraghi ad Alfa Romeo
In una posizione teoricamente idilliaca, Giuseppe Luraghi poté festeggiare poco. Difatti, nell’estate del 1973 il Governo, a maggioranza democristiana, esercitò pressione per l’edificazione di un secondo impianto nel sud della penisola, più esattamente in provincia di Avellino. Finché gli fu possibile Luraghi cercò di dissuadere dai piani, rimettendoci il posto nel gennaio 1974, insieme alla maggioranza dei consiglieri d’amministrazione del Costruttore. In malo modo fu, pertanto, liquidato dall’Iri e solo nel decennio successivo sorse lo stabilimento di Pratola Serra. Il 10 dicembre 1991 si spense nella sua Milano.