Alla fine, è arrivata la decisione attesa, che non rappresenta nessuna sorpresa. Il Governo Draghi si allinea alla proposta della Commissione Europea: dal 2035 in Italia si venderanno solo auto elettriche. Doveva per forza andare così. Tutto normale, tutto logico.
Il via libera è arrivato in occasione della quarta riunione dei Cite, il Comitato interministeriale per la Transizione ecologica. Qui, i ministri della Transizione ecologica Roberto Cingolani, delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini, dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, hanno definiti le tempistiche di sostituzione dei veicoli con motore a combustione interna.
Si chiama bando delle endotermiche, ma va di moda definirlo phase out delle auto nuove con motore a combustione interna. Dovrà avvenire entro il 2035. Mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040.
In questo percorso, occorre mettere in campo tutte le soluzioni funzionali alla decarbonizzazione dei trasporti. Dicono i politici. In una logica di “neutralità tecnologica”. Valorizzando, pertanto, non solo i veicoli elettrici. Ma anche le potenzialità dell’idrogeno. Nonché riconoscendo il ruolo imprescindibile dei biocarburanti, in cui l’Italia sta costruendo una filiera domestica all’avanguardia.
Per quanto riguarda i Costruttori di nicchia (leggi Ferrari e altri della Motor Valley), misure specifiche potranno essere eventualmente valutate con la Commissione Europea all’interno delle regole comunitarie.
Solo auto elettriche: 5 pericoli
Certo che adesso l’Italia non sarebbe pronta al grande passo. Ci sono 12.500 stazioni di ricarica pubblica nel nostro Paese. Con 25.000 punti per fare il pieno. Siamo indietrissimo, anche perché molte colonnine funzionano poco e male. In più, oneri fiscali e parafiscali fanno schizzare in alto il costo degli elettroni: il pieno di corrente per strada è troppo costoso.
Quali i rischi? Uno: l’auto elettrica, costosa di per sé, solo per pochi. Due: un effetto Cuba, con un esercito di diesel vecchissimi e molto inquinanti, e insicuri, specie nelle zone più povere della nazione. Tre: gli stranieri, in particolare i turisti, avrebbero serie difficoltà a caricare in fretta le loro auto. Quattro: sulle autostrade, così come in città e fuori, sono pochissime le colonnine fast e ultrafast. Cinque: servirebbe come minimo un piano di un miliardo di euro l’anno di incentivi per l’elettrico.
A oggi, le idee sono splendide in Italia: mobilità pulita, auto elettrica. Ma la realtà parla tutta un’altra lingua, soprattutto in alcune aree dello Stivale che non possono essere trascurate. Servono investimenti rapidi e lo snellimento dell’apparato burocratico-amministrativo quando un fornitore desidera installare una colonnina veloce. In questo momento, siamo squattrinati che intendono sedersi in un ristorante di lusso nel 2035, pure in bella compagnia: come paghiamo?