Alfa Romeo è un nome che, nell’immaginario collettivo, si lega a vetture sportive e prestigiose, anche se nel tempo alcuni passi falsi compiuti a livello gestionale hanno ferito la nobile tradizione. Per fortuna, nei listini dell’era moderna del marchio ci sono stati dei modelli di grande fascino, che hanno tenuto alta la bandiera, come le 8C Competizione e Spider, la 4C, le Giulia GTAm ed altre ancora. Oggi, però, non ci occuperemo di queste auto dall’indole muscolare.
La nostra lente d’ingrandimento, infatti, metterà a fuoco le Alfa Romeo più piccole sbocciate dal 1980 ad oggi. Stiamo parlando di un periodo che non prese le mosse in modo felice. L’Arna del 1983, nata da una joint venture con Nissan, fu un vero flop. Andò molto meglio alla contemporanea 33, nata l’anno prima, ma il prestigio del marchio, per una serie di errori precedenti, era fortemente appannato e non più in linea con la nobile tradizione. Incolore l’Alfa 90 del 1984, che rimase in listino quanto un battito di ciglia, per lasciare il posto alla ben più efficace ed amata 75 del 1985, primo modello a montare un motore Twin Spark.
I bilanci della casa milanese ancora non ridevano, anche per gli alti costi di produzione, e l’IRI, che deteneva il controllo del marchio, nel 1986 cedette l’Alfa Romeo alla Fiat. L’anno dopo giunse sul mercato la splendida 164, disegnata da Pininfarina e sviluppata sullo stesso pianale utilizzato da Fiat Croma, Lancia Thema e Saab 9000. Il modello piacque molto. Se avesse avuto la trazione posteriore avrebbe sfondato, ma i suoi numeri furono comunque buoni.
Poi fu il turno delle SZ, RZ, della 155 e della splendida 156, giunta sul mercato dopo le 145, 146, GTV e Spider. Negli anni a seguire fecero il loro sbarco nel listino le 147, GT, 159, Brera, 8C Competizione, Mito e compagnia bella. Siamo quasi all’attualità, segnata da stelle come la 4C e la Giulia, anche se i numeri commerciali più importanti li ha messi a segno il SUV Stelvio. Se lo gradite, fate insieme a noi un viaggio alla scoperta delle Alfa Romeo più piccole offerte alla clientela dal 1980 ad oggi.
Alfa Romeo 33 1.3
L’Alfa Romeo 33 porta un nome impegnativo, che proietta la mente verso auto storiche di ben altro lignaggio. Qui, invece, stiamo parlando di un berlina compatta prodotta dalla casa del “biscione” a partire dal 1983. Pur essendo di una galassia minore, ha svolto egregiamente il suo ruolo, vincendo la sfida in ambito commerciale. Il modello discende dall’Alfasud. Rispetto a questa cambia totalmente il look, ma permane la capacità di distinguersi dalla massa con la forza di un’identità espressiva davvero inconfondibile.
Le sue linee di taglio geometrico nacquero dall’estro creativo di Ermanno Cressoni, che ne firmò il vestito. Qui compare un accenno di coda, per un timido terzo volume, perfettamente inserito nella tela grafica generale. Il suo innesto nel profilo laterale è l’elemento più identificativo dell’Alfa Romeo 33, auto cui il carattere stilistico non manca certo. Questa vettura, disponibile solo in versione a 5 porte, prese forma nel sito produttivo di Pomigliano d’Arco.
L’accoglienza del mercato fu molto calda nei suoi confronti, come testimoniano i numeri di vendita: 989324 le unità piazzate. Nella nostra lista abbiamo deciso di inserire la versione con il motore base, quella spinta dal noto boxer da 1.3 litri di cilindrata. Questo cuore a 4 cilindri contrapposti erogava una potenza massima di 79 cavalli, per una punta velocistica di 167 km/h. Onesto il suo comportamento stradale.
Rispetto alle sorelle più lussuose, era priva di fascioni laterali ed aveva la mascherina nera. Anche l’allestimento interno era meno raffinato. Più corta la lista degli optional, in linea con il suo spirito di versione di accesso alla gamma. La clientela seppe apprezzare le sue doti ed ancora oggi c’è chi ricorda con nostalgia l’Alfa Romeo 33. Nei raduni di auto storiche più comuni non è difficile incontrarne qualche esemplare.
Alfa Romeo Arna 1.2
Questa vettura del 1983 è di una bruttezza unica. A mio avviso è l’Alfa Romeo con minore personalità di sempre. Nacque da una joint venture con Nissan e fu un vero flop. Il suo breve ciclo produttivo giunse all’epilogo nel 1987. Era l’epoca IRI e il management puntava a guadagnare quote di mercato nella parte bassa del segmento C, con un prezzo d’acquisto invitante. La sinergia con la casa giapponese doveva servire proprio a questo.
Per contenere i costi e accelerare i tempi di produzione, si scelse di utilizzare le scocche della Nissan Pulsar N10. Su questa fu adottata la meccanica dell’Alfasud, opportunamente tarata sul nuovo progetto. Anche la componentistica era italiana. In pratica nel nostro paese nascevano il motore, la trasmissione e l’avantreno. Qui avveniva anche l’assemblaggio. Il resto era Made in Japan.
Difficile trovare qualche traccia del DNA del “biscione” nelle sue linee scialbe e di taglio orientale. Con un look diverso, forse, l’esperimento avrebbe avuto un esito migliore, perché il comportamento stradale non era deludente. Per motore si scelse l’onesto 4 cilindri boxer da 1.2 litri, con 63 cavalli di potenza all’attivo, su 850 chilogrammi di peso in ordine di marcia. Questi i dati prestazionali: accelerazione da 0 a 1000 metri in 33 secondi; velocità massima di 170 km/h.
Anche se in listino fece il suo sbarco anche la variante sportiva TI, spinta da un cuore da 1.3 litri, nella nostra lista di oggi inseriamo, per evidenti ragioni solo l’Alfa Romeo Arna di cubatura più bassa. L’accoglienza del pubblico verso questo modello fu molto fredda. Poche le frecce al suo arco, per sperare in un successo commerciale. Quel look insolito e triste pesava come un macigno.
Alfa Romeo MiTo 0.9
L’Alfa Romeo MiTo ha preso forma dal 2008 al 2018. Poi il suo ciclo produttivo si è chiuso. In totale ne sono stati realizzati oltre 293 mila esemplari, presso lo stabilimento Fiat Mirafiori. Il merito del suo look accattivante va a Juan Manuel Diaz, che lo ha sviluppato per il Centro Stile Alfa Romeo. Questa vettura di segmento B ha un’immagine fresca e giovanile. Non ci vuole molto a capire quale fosse il suo target commerciale.
Si tratta dell’unica utilitaria prodotta dalla casa del “biscione” nel corso della sua storia. Il frontale è aggressivo. Slanciato il profilo, nonostante le dimensioni contenute del modello. Lo specchio di coda è dominato dai gruppi ottici circolari, che evocano quelli di auto ben più prestazionali. Impossibile confonderla con altre vetture. L’Alfa Rome MiTo è molto curata nell’assetto, per garantire un buon piacere di guida.
Diverse le motorizzazioni previste per la vettura. Quella che le consente di entrare nella nostra lista è l’unità propulsiva 0.9 TwinAir turbo 8 valvole da 85 cavalli a 5500 giri al minuto. La coppia motrice tocca il suo picco di 145 Nm a 1900 giri al minuto. Questa versione a benzina da 875 centimetri cubi rimase sul mercato quanto un battito di ciglia: da settembre 2012 a maggio 2013.
Le sue prestazioni erano brillanti rispetto alla cubatura: accelerazione da 0 a 100 km/h in 11 secondi netti; velocità massima di 173 km/h. Poi giunse la variante più muscolosa dello stesso 2 cilindri in linea, in grado di erogare ben 105 cavalli di potenza a 5750 giri al minuto, con 145 Nm di coppia a 2000 giri al minuto. Fu la continuità della specie e rimase in commercio da maggio 2013 a febbraio 2018.