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Ferrari: le 3 “rosse” meno belle con il rosso

Il colore istituzionale delle auto di Maranello non si intona al meglio con alcuni modelli

Ferrari 412
Linee molto geometriche sulla Ferrari 412 (Foto Ferrari)

Quando si parla di Ferrari, si parla di “rosse”. Ma il cromatismo tipico delle auto del “cavallino rampante”, che valorizza le forme di quasi tutti i suoi modelli, elevandosi a scelta privilegiata e di forte connessione storica, non si presta a vestire alcune vetture del marchio. Ecco quelle che, a mio avviso, lo digeriscono di meno.

Ferrari 612 Scaglietti

Questa creatura della casa di Maranello predilige i colori scuri, insieme al blu Tour de France Blue, un po’ più luminoso. La sua produzione è andata avanti dal 2004 al 2011. Il modello ha preso forma per rimpiazzare la stupenda 456 GT, rispetto alla quale è meno armonica e filante nelle linee. Anche in questo caso la firma è di Pininfarina. Imponenti le dimensioni, con una lunghezza di 4902 millimetri, una larghezza di 1957 millimetri e un passo di 2950 millimetri.

Il peso a vuoto ne risente, spingendosi a quota 1725 chilogrammi. Diciamo che non è proprio un fuscello, ma nella guida dissimula bene le masse in gioco, con un comportamento dinamico degno del marchio di cui si fregia. Non lasciatevi ingannare dal look da auto per commendatori: qui le emozioni sono di alto livello, anche se le supercar a due posti secchi sono tutta un’altra cosa.

La principale fonte di piacere è il motore V12 da 5748 centimetri cubi di cilindrata, in grado di erogare una potenza massima di 540 cavalli a 7250 giri al minuto, con un picco di coppia di 588 Nm a 5250 giri al minuto. Questo cuore, di nobile tradizione, esprime una verve entusiasmante, sottolineata da gradevoli sonorità meccaniche, rese ancora più incisive dalle scelte generose sugli scarichi fatte da alcuni proprietari.

Il quadro prestazionale, per una coupé della sua stazza, è ancora oggi di altissimo livello, figuriamoci al momento della presentazione. Bastano pochi dati a dare un’idea di quello che intendo dire: l’accelerazione da 0 a 100 km/h viene espletata in 4.2 secondi, mentre la velocità massima tocca quota 320 km/h. Per coprire un giro della pista di Fiorano la Ferrari 612 Scaglietti ha bisogno di 1’30″50, un tempo inferiore di mezzo secondo rispetto alla più specialistica 360 Modena, anche se questa accusa un gap, in termini di cavalli, pari a 140 unità.

Il dato, comunque, riflette il corretto bilanciamento e il sano handling della vettura, che nasconde bene le masse in gioco. Ottimo il lavoro svolto dalle sospensioni, a quattro ruote indipendenti, con bracci trasversali ed ammortizzatori idraulici con molle elicoidali. L’energia del motore viene scaricata sulle ruote posteriori, con l’ausilio di un cambio F1 a 6 marce. Come riferisce il sito ufficiale della casa di Maranello, la Ferrari 612 Scaglietti è il risultato di un progetto d’avanguardia che prosegue la tradizione Ferrari nel settore delle 2+2.

Nel nome c’è l’omaggio a Sergio Scaglietti, carrozziere modenese che negli anni ’50 e ’60 realizzò alcune delle “rosse” più belle di sempre. Qui, però, come dicevamo, il colore istituzionale delle opere da corsa del “cavallino rampante” non si adatta bene allo stile della carrozzeria. La grossa coupé di cui ci stiamo occupando predilige infatti le tonalità scure. Diciamo che è una Ferrari in abito da sera, adatta per le occasioni eleganti, ma pronta a tirare fuori un carattere sportivo quando serve.

I tratti stilistici, per quanto riguarda i volumi esterni, sono morbidi e vellutati. A volte danno l’impressione di essere indecisi. Diciamo che non si è al cospetto di una creatura di Maranello che scatena passioni incontenibili. Del resto, il suo target non era la clientela più “estrema”, che cerca le emozioni più intense, quelle che si fissano davvero nel cuore.

Doveroso, tuttavia, ammettere che rispetto alla 456 GT il passo indietro sul fronte stilistico si coglie in pieno. La Ferrari 612 Scaglietti era plasmata completamente in alluminio. Il suo abitacolo era di grande raffinatezza, sul piano estetico e qualitativo, specie per l’abbondante uso di nobili pellami. Alcuni elementi della componentistica, invece, non erano del tutto all’altezza. Mi riferisco, in particolare, ai comandi plastici, a volte appiccicosi.

Ferrari GTC4 Lusso

Questa è un’altra vettura della casa di Maranello che non digerisce bene l’abito rosso. Il ragionamento vale anche per la FF, da cui discende, ma dovendone scegliere una, tra le due creature a 12 cilindri, ho puntato sulla più recente, che meno si presta a quella colorazione (idem per la T ad 8 cilindri).

La Ferrari GTC4 Lusso è rimasta in listino dal 2016 al 2020. Ora, al suo posto, arriverà un’auto completamente diversa: il SUV (o FUV) Purosangue, il cui imminente arrivo getta nello sconforto di appassionati più puri, legati alla migliore tradizione del marchio. Qui, però, non siamo nel posto giusto per approfondire il tema, che abbiamo trattato ampiamente in altra sede. Torniamo, dunque, alla shooting-brake di cui ci stiamo occupando.

Si tratta di una vettura a quattro posti, dalle dimensioni imponenti: 4922 millimetri di lunghezza, 1980 millimetri di larghezza, 1383 millimetri di altezza, 2990 millimetri di passo. Il suo stile è insolito e irrituale. In un certo senso è stata un’auto di rottura per la casa di Maranello. Non solo sul piano stilistico ma anche sul fronte concettuale. Questa vettura scarica a terra la potenza con l’apporto della trazione integrale.

Il vigore dinamico giunge da un motore di sublime fascino: un V12 da 6262 centimetri cubi di cilindrata, con angolo di 65° fra le bancate, disposto in posizione anteriore. Un cuore generoso e molto coinvolgente, che sviluppa una potenza massima di 690 cavalli a 8000 giri al minuto, con un picco di coppia di 697 Nm a 5750 giri al minuto. Sono cifre migliori di quelle della FF, che si “fermava”, rispettivamente, a 660 cavalli e 683 Nm.

Le prestazioni della Ferrari GTC4 Lusso sono di alto lignaggio e non temono il confronto con quelle espresse da auto più specialistiche. L’accelerazione da 0 a 100 km/h viene liquidata in 3.4 secondi, mentre dopo 10.5 secondi, sempre con partenza da fermo, si raggiungono i 200 km/h. Sono dati che, in quegli anni, non erano eguagliati da altre granturismo di analoga matrice. La velocità massima tocca quota 335 km/h: anche qui un dato fuori dal comune.

Corposa la frenata, grazie a un impianto che permette di fermare l’auto in 34 metri dai 100 km/h e in 138 metri dai 200 km/h. Niente male per un veicolo il cui peso a secco è di 1790 chilogrammi. Rispetto alla FF il design è meno armonico, specie nella parte posteriore, dove risulta più pesante nell’esecuzione. Tornano però degli elementi molto cari agli appassionati della casa di Maranello: le quattro luci circolari sullo specchio di coda. Anche la parte anteriore dell’auto, a mio avviso, perde stile rispetto al modello di partenza. Meno evidente lo scarto nel profilo laterale, che resta più simile a quello dell’antesignana.

Come dicevamo, sul piano tecnico, uno degli elementi caratterizzanti è la presenza del sistema di trazione integrale intelligente, affinato rispetto a quello introdotto dalla FF. Qui si integra con le quattro ruote sterzanti. Dalla Ferrari GTC4 Lusso è stata derivata la GTC4 Lusso T, dotata di un V8 biturbo da 3855 centimetri cubi. Sulla “piccola” la potenza scende a 610 cavalli a 7500 giri al minuto ed anche le magnifiche sonorità del V12 cedono il passo a un sound certamente da sogno, ma meno entusiasmante. L’estetica è sostanzialmente la stessa. Come per la sorella maggiore, anche qui il colore rosso non è la scelta cromatica vincente. Strano per una Ferrari.

Ferrari 412

Un’altra opera di Maranello che non si veste bene col rosso è la Ferrari 412. In realtà nella lista andavano inserite anche le precedenti 365 GT4 2+2 e 400, di cui prese il posto. Queste due sposavano ancora peggio il colore istituzionale, ma per riferirci a tutta la famiglia abbiamo deciso di legare il ragionamento alla più recente espressione della stirpe.

La Ferrari 412 giunse sul mercato nel 1985, rinfrescando lo stile delle antesignane, per renderle al passo coi tempi. Come abbiamo già riferito in una precedente occasione, Pininfarina riuscì abilmente nell’impresa, consegnando note di maggiore modernità al look. Gli interventi non furono radicali, ma bastarono a dare un tocco diverso allo stile, per renderlo più al passo coi tempi. I cambiamenti presero forma sui paraurti (ora diversi e in tinta con la carrozzeria), sullo spoiler anteriore, sulle cornici dei cristalli e su altri elementi.

Questi tocchi, singolarmente presi, potevano sembrare di piccola chirurgia, ma messi insieme disegnavano un’immagine decisamente più attuale. Il compito della spinta faceva capo a un motore V12 di 4943 centimetri cubi di cilindrata, con 340 cavalli all’attivo. Due le soluzioni disponibili sul fronte della trasmissione. I clienti potevano scegliere fra un cambio automatico a 3 rapporti + RM e un cambio meccanico a 5 rapporti + RM. Le prestazioni cambiavano in base alla scelta fatta, anche se tra le due versioni la differenza di peso era minima: solo 5 chilogrammi.

Con l’automatico, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiedeva 8.3 secondi, quella da 0 a 400 metri 15.2 secondi, quella da 0 a 1000 metri 27.7 secondi. La velocità massima toccava quota 245 km/h. Più energico il quadro dinamico col cambio manuale. In questo caso lo scatto da 0 a 100 km/h veniva liquidato in 6.7 secondi, quello da 0 a 400 metri in 14.6 secondi, mentre per archiviare la pratica del chilometro con partenza da fermo ci volevano 26.4 secondi. La velocità massima cresceva a 250 km/h.

Non erano numeri da brivido in senso assoluto, ma nella sua categoria facevano la differenza. Si può dire che il vigore caratteriale c’era tutto, in linea con la nobile tradizione della casa di Maranello. Sul modello venne offerto di serie l’ABS, per una migliore sicurezza attiva. Lo sfarzo era la cifra distintiva dell’abitacolo di questa grossa grossa coupé 2+2 del “cavallino rampante“, rimasta in produzione fino al 1989. Già nelle serie precedenti si coglieva un’atmosfera raffinata e lussuosa, che la Ferrari 412 enfatizzò ulteriormente.

L’impressione era di trovarsi in un salotto, vestito di splendidi pellami. Anche la cabina di comando riusciva a stupire: sembrava quella di un Jumbo Jet. In totale la vettura prese forma in 303 esemplari. Non è una delle opere della casa di Maranello più ammirate nei raduni, ma ha carattere da vendere. Le sue linee tese e spigolose la rendono unica e inconfondibile nel panorama automobilistico mondiale.

I tratti decisi si collocano sul fronte opposto rispetto a quelli quasi “spaventati” della 612 Scaglietti, che trasmettono un senso di incertezza esecutiva a mio avviso ricercata, per renderla meno appariscente, in un periodo storico in cui questa sembrava la richiesta della clientela per la specifica categoria di prodotto. Sul fronte dimensionale, la Ferrari 412 era molto generosa, anche rispetto a certi standard attuali: lunghezza di 4810 millimetri, larghezza di 1798 millimetri, altezza di 1314 millimetri, passo di 2700 millimetri.

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