È senza dubbio l’argomento del momento in materia Automotive quello della transizione elettrica. Il passaggio ai motori elettrificati, con conseguente stop ai motori benzina e diesel, è una autentica rivoluzione. E come sempre di fronte ad un cambiamento epocale, i rischi, i pericoli, i dubbi e le incertezze regnano sovrane.
Oggi esponiamo quelle che sono le preoccupazioni di Federmeccanica. Come si legge sul sito “Auto.it”, la Federazione Sindacale dell’Industria Metalmeccanica Italiana, che opera a tutela dell’industria manifatturiera e metalmeccanica in Italia, ha sollevato più di qualche perplessità riguardo al repentino stop alle auto con motori benzina e diesel previsto nel giro di poco più di 10 anni.
I dubbi sollevati dalla Federazione arrivano a dare manforte anche alle lamentele che i costruttori di mezzo Mondo hanno già da tempo sollevato. Per quanto riguarda l’industria italiana per esempio, vanno riportate le dichiarazioni di Carlos Tavares, CEO di Stellantis, che a suo tempo sostenne piùo meno la stessa cosa di Federmeccanica, cioè che sia un errore dire basta ai motori endotermici.
Stop motori benzina e diesel, di cosa si tratta?
Passare dai motori a benzina e a gasolio, a quelli completamente elettrici è ciò che le istituzioni hanno già da tempo deciso ed imposto ai costruttori. Che si stanno già adoperando con progetti, investimenti e lavorazioni.
Un passaggio non indolore questo, come hanno già da tempo sollevato dubbi i costruttori automobilistici. Soprattutto perché è fissata al 2035 la data a partire dalla quale si è deciso di fermare la vendita di auto non elettriche. Lo ha deciso la UE e anche Federmeccanica, come si legge sul già citato sito, con le parole di alcuni dei suoi massimi esponenti, avanza dubbi e perplessità, parlando di autentico suicidio.
Le tre problematiche principali dello stop all’endotermico con passaggio completo all’elettrico
Sono sostanzialmente 3 le linee di errore che una scelta del genere produce. Partiamo dal punto di vista delle imprese, che rischiano di dover fare i conti con oggettive difficoltà. Produrre auto elettriche è più oneroso rispetto a quelle a benzina e diesel. Inoltre occorre fare i conti con una profondissima riorganizzazione delle attività nelle fabbriche. Vanno prima di tutto edotti i lavoratori, vanno cambiati molti macchinari e si deve spostare il lavoro sulle batterie per auto elettriche mettendo da parte le vecchie tipologie di produzione delle auto endotermiche.
Dal punto di vista dei lavoratori, oltre a cambiare impostazioni sulle linee di montaggio, sembra che si corrano rischi occupazionali. Pare che servono meno lavoratori rispetto a quelli necessari per le auto classiche a gasolio o benzina.
Il passaggio alle auto elettriche con stop ai motori benzina e diesel rischia di avere ripercussioni anche dal punto di vista occupazionale.
Infine, altra linea di errore che forse non considerano a livello istituzionale è quella che riguarda il mercato. Le auto elettriche per i problemi prima citati rischiano di diventare un prodotto di nicchia, che pochi potranno permettersi. A partire dalle fasce del ceto medio, per via dei costi maggiori che avranno le auto elettrificate sul mercato, ci saranno notevoli difficoltà a comperare una nuova auto elettrica.
La transizione oggi è piuttosto lenta, per questo lo stop a motori benzina e diesel è un problema
Senza considerare poi le evidenti carenze che in Italia si registrano per quanto riguarda punti di ricarica e colonnine. Si arriverà pronti al 2035 quando la stragrande maggioranza delle auto sarà elettrica? Il dubbio è evidente e largamente diffuso.
E poi, va considerato un punto dolente tutto italiano. Parliamo dell’elevato costo dell’energia elettrica. Un argomento caldo come mai prima d’ora visti i rincari di questi ultimi tempi. Basteranno gli incentivi all’acquisto delle auto elettriche che i governi del futuro prossimo dovranno adottare? Dubbio lecito vista la carenza di bonus dell’attuale esecutivo (niente incentivi in legge di Bilancio, anche Tavares ha lamentato l’assenza)?
Le richieste congiunte di Federmeccanica e sindacati al governo Draghi
Federico Visentin, Presidente Federmeccanica, insieme a Corrado La Forgia, Vicepresidente Federmeccanica con delega alla Transizione Tecnologica ed Ecologica, ha messo in luce le perplessità della loro Federazione. Perplessità che hanno trovato l’inevitabile avallo dei sindacati più rappresentativi del comparto metalmeccanico, cioè FIm-Cisl, Uilm e Fiom Cgil.
Le lamentele unitarie dei rappresentanti delle imprese e di quelli dei lavoratori sono tali da aver spronato questi soggetti a presentare richiesta trasversale di incontro al governo. Le richieste indirizzate al Premier Mario Draghi e ai Ministeri interessati che restano quelli di Economia e Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dello Sviluppo Economico e della Transizione Ecologica.
Cos’è emerso dall’Osservatorio Automotive di sindacati e associazioni
Tutto nasce da ciò che è emerso dall’Osservatorio Automotive che proprio i sindacati insieme a Federmeccanica ha costituito per affrontare al meglio eventuali problematiche di settore che interessano i datori di lavoro e i lavoratori.
È emerso in pratica che la transizione elettrica con lo stop ai motori benzina e diesel rischia di risultare altamente penalizzante, per l’Europa e per l’Italia, dal punto di vista economico e sociale.
L’importanza dell’industria automobilistica italiana è evidenziata dai numeri . In Italia l’Automotive fattura il 5,6% del Pil nazionale, qualcosa come 93 miliardi di euro. E dal punto di vista lavorativo e sociale, è forse lo spaccato principale dell’industria italiana, con 180.000 addetti tra fabbriche dei costruttori e indotto. In totale più di 2.000 imprese operano sul campo delle auto in Italia.
Un suicidio dire basta ai motori endotermici
Per questo lo stop alla vendita di nuove auto con motori tradizionali è argomento che va preso con le pinze. Una cosa su cui il governo viene accusato di non aver approfondito a priori se è vero che ormai anche il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica a fine 2021 ha confermato la dead line del 2035 come ordinato apicalmente dai vertici europei.
Vanno riportate le cifre di Anfia che ha messo in allerta i sindacati stimando in 63.000 i posti di lavoro che rischiano di perdersi da qui al 2030 continuando nel progetto di transizione elettrica totale. Perdite di occupazione che nel 2035 arriveranno a superare la soglia di 73.000 posti di lavoro cessati.
Per questo anche Federmeccanica chiede interventi del governo, e parla di autentico suicidio industriale che rischia di minare uno dei settori trainanti dell’economia italiana.