È passato mezzo secolo da quando l’Alfa Romeo Alfetta fece il suo debutto in società, nell’ormai lontano 1972. Il suo ciclo produttivo andò avanti fino al 1984, quindi per un periodo abbastanza lungo. Questa berlina sportiva di classe medio-alta si offre allo sguardo con linee molto tese, frutto dell’estro creativo degli uomini del centro stile interno. L’insieme esprime vigore, ma il taglio geometrico dei volumi non incontra il gradimento di tutti. All’epoca, però, era una cifra dialettica che piaceva.
Si può parlare di un look allineato ai canoni della modernità negli anni settanta, ma con alcuni richiami agli stilemi classici del marchio del “biscione”. Il frontale è inconfondibile e fa subito capire la provenienza del modello. Pesante lo specchio di coda, ma qui l’estetica si doveva conciliare col bisogno di un’alta capacità di carico. Abbastanza curati gli studi aerodinamici, tenendo conto dell’importanza che si dava ad essi in quel periodo storico, meno esigente sul tema rispetto ai tempi attuali.
Se l’esterno aveva una forte presenza scenica, anche l’abitacolo non scherzava. Gli spazi interni dell’Alfa Romeo Alfetta avevano ciò che gli amanti del marchio si aspettavano, in un quadro generoso anche in termini di volumi abitabili. Il posto guida era di impronta sportiva, in linea con la tradizione del “biscione”. Ricca la strumentazione, disegnata come piaceva agli alfisti.
Un’auto di carattere
La presentazione di questo modello avvenne il 17 maggio a Trieste, con sei mesi di ritardo sulla tabella di marcia inizialmente fissata dal management. Una serie di circostanze e alcune valutazioni spinsero i vertici aziendali a spostare più avanti le lancette del vernissage. Sul fronte propulsivo, la scelta cadde inizialmente su un quattro cilindri in linea da 1.779 centimetri cubi di cilindrata, che erogava una potenza massima di 122 cavalli a 5500 giri al minuto.
Questo bialbero, interamente costruito in lega di alluminio, era alimentato da due carburatori doppio corpo Weber. Garantiva una buona robustezza e una vivace tempra prestazionale. La velocità massima si spingeva nel territorio dei 178 km/h, mentre l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiedeva meno di 10 secondi. Il cambio a 5 marce era posto dietro, in blocco col differenziale, secondo lo schema transaxle, per una migliore distribuzione dei pesi.
Una novità che faceva il paio con le sospensioni posteriori a ponte De Dion, introdotte per la prima volta nel listino commerciale della casa milanese. Queste miglioravano il comportamento su strada del modello, in termini di tenuta e stabilità. I clienti apprezzarono i progressi sul piano dinamico, ma gli alfisti di vecchia data ebbero qualcosa da ridire sulla manovrabilità del cambio, a loro avviso meno piacevole che in passato. Anche le finiture non si facevano amare, perché poco curate rispetto alle auto della concorrenza.
Diversi cuori per l’Alfa Romeo Alfetta
Nel cuore della crisi petrolifera, giunse in listino un motore meno performante, da 1.570 centimetri cubi e 109 cavalli di potenza. Le prestazioni ne risentivano, ma in quegli anni altre erano le priorità. Nel 1977 giunse in società l’Alfa Romeo Alfetta 2.0, con frontale ridisegnato e ingrandito. Due fari rettangolari presero il posto dei quattro gruppi ottici rotondi del modello iniziale. Così era immediatamente riconoscibile. Tante le altre modifiche di dettaglio.
La potenza crebbe presto dai 122 cavalli iniziali ai 130 cavalli delle evoluzioni. Il tutto in un quadro di maggiore raffinatezza e comfort. Nel 1979 fu il turno dell’Alfa Romeo Alfetta 2.0 turbodiesel, il cui motore portava la firma di VM. La cavalleria si fermava a quota 82, ma nessuna vettura a gasolio da due litri era, in quegli anni, più veloce di questa, che superava i 155 km/h. Il modello aspirato da 1.8 litri, che nella fase intermedia del suo percorso di vita era sceso a 118 cavalli, nel 1979 tornò alla dotazione energetica originaria, di 122 cavalli, ma a 5300 giri al minuto.
Tra benzina, diesel e restyling
Al 1983 risale l’esordio in listino dell’Alfa Romeo Alfetta 2.4 Turbo Diesel, con un propulsore fornito sempre da VM, in grado di erogare una potenza massima di 95 cavalli. La punta velocistica si spingeva nel territorio dei 165 km/h. Vari i restyling e gli aggiornamenti di cui si è giovata, nel corso degli anni, la vettura oggetto di approfondimento in questo post. Il peso dell’Alfa Romeo Alfetta variava da 1060 a 1120 chilogrammi, in base alla versione e alla motorizzazione. Queste le cifre dimensionali: lunghezza da 4280 a 4385 millimetri, larghezza da 1.620 a 1.640 millimetri, altezza 1430 millimetri.
In totale il modello prese forma in 475.722 esemplari. Un numero significativo di questi finì nella disponibilità delle forze dell’ordine, arricchendo le flotte di Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza. Diverse le versioni scelte per le missioni operative. L’Alfa Romeo Alfetta faceva il suo effetto vestita da Pantera o Gazzella. Con lei si rafforzò la liaison fra gli uomini in divisa e le auto del “biscione”. Di particolare pregio, nell’ambito della gamma, la Quadrifoglio Oro del 1982, più accessoriata delle altre. Adesso per l’Alfetta si avvicina l’appuntamento con il cinquantesimo compleanno. Presto il modello spegnerà le candeline del mezzo secolo di vita e sarà grande festa per gli appassionati.