Nella sua lunga storia, Fiat ha realizzato anche delle auto di taglio sportivo. Oggi ne abbiamo scelte alcune della specie, che si caratterizzano per la cifra stilistica particolare o per le note tecniche fuori dall’ordinario. Se lo gradite, seguiteci nel nostro viaggio alla loro scoperta.
Fiat Dino
La Fiat Dino è un’auto muscolosa e di cuore nobile, prodotta dal 1966 al 1972, in poco meno di 8 mila esemplari, divisi fra la versione coupé e la versione spider (sbocciata in meno di 2 mila unità). Questa vettura sportiva si giovava di una collaborazione al top: quella con Ferrari. Dalla casa di Maranello giungevano i motori V6 destinati ad alimentarne le danze. Una condivisione tecnica importante, con la Dino 206 GT.
Qui il propulsore emiliano era però addomesticato ed erogava una potenza massima di 160 cavalli a 7200 giri al minuto. Ad installarlo fu, per prima, la variane scoperta, firmata e costruita da Pininfarina. In questa veste la Fiat Dino fece il suo debutto in società. Poi fu il turno della coupé, disegnata e prodotta da Bertone, la cui presentazione avvenne al Salone dell’Auto di Torino del 1967.
La meccanica era la stessa della sorella aperta, ma il passo crebbe a 2550 millimetri, dai 2256 millimetri dell’altra. Grazie anche alle dimensioni generose, con 4514 millimetri di lunghezza e 1709 di larghezza, sulla coupé era possibile accogliere fino a quattro persone nel suo abitacolo. Le dinamiche stradali erano un po’ impacciate rispetto alla spider, più compatta e leggera.
Nel 1969 entrambe le versioni furono aggiornate. La cilindrata del motore passò a 2.4 litri, mentre la potenza crebbe a 180 cavalli. Con questa iniezione di energia, la Fiat Dino toccava i 205 km/h sulla coupé, per inoltrarsi nel territorio dei 210 km/h con la spider. L’arrivo della versione di più alta cubatura portò delle novità sul fronte sospensioni: al retrotreno, il ponte rigido lasciò spazio alle ruote indipendenti. Pochi i dettagli estetici che differenziavano la versione da 2.4 litri da quella da 2.0 litri.
Fiat Coupé
Il modello porta la firma del designer americano Chris Bangle. La sua produzione andò avanti dal 1994 al 2000. Fra i punti di forza di questa vettura, una grande identità stilistica, che la rende inconfondibile nel panorama automobilistico mondiale. Oggi accusa il peso degli anni, ma al momento della presentazione aveva una forte presa scenica.
Alcuni l’amavano, altri la trovavano eccessiva. Una cosa metteva tutti d’accordo: il carattere espressivo non mancava certo alla Fiat Coupé. Oggi può essere una scelta per distinguersi a basso costo. Bello l’allestimento degli interni, curato da Pininfarina, che si occupò anche l’assemblaggio nei suoi stabilimenti. Nel quadro delle ottimizzazioni produttive, la piattaforma su cui la vettura prese forma era condivisa con altri modelli del gruppo Fiat, ma questo non aveva implicazioni negative sullo stile.
Varie le motorizzazioni disponibili. I clienti della Fiat Coupé potevano scegliere fra i cuori a benzina da 1.8 e 2.0 litri, disposti anteriormente, in posizione trasversale. Nella versione a cubatura più grande, che per prima giunse in società, la sportiva della casa torinese veniva offerta anche con il turbo. Così la potenza si spingeva a quota 190 cavalli, contro i 139 della versione aspirata. In questa veste liquidava il passaggio da 0 a 100 km/h in 7.5 secondi e raggiungeva una velocità massima di 225 km/h.
Nel 1996 fece il suo debutto la già citata versione da 1747 centimetri cubi, a quattro cilindri come le altre due che, però, lasciarono spazio a dei motori a 5 cilindri e 20 valvole, da 147 cavalli nella versione aspirata e da 220 cavalli in quella sovralimentata. Così, per passare da 0 a 100 km/h bastavano 6.3 secondi, con una punta velocistica nell’ordine dei 250 km/h. Nel 1998, il 2.0 aspirato vide crescere la potenza a 154 cavalli. L’energia veniva scaricata a terra sulle ruote anteriori, con l’ausilio di un cambio manuale a 5 rapporti, tranne che sulle versioni turbo post 1998, che si giovavano di un’unità a 6 rapporti. Tra le versioni speciali, va segnalata la Fiat Coupé 20V Turbo Limited Edition, dall’indole più racing.
Fiat Barchetta
Questa spider è una delle auto più piacevoli realizzate dalla casa torinese nell’era moderna. Buona parte del merito è ascrivile al disegno della sua carrozzeria, frutto dell’estro creativo del designer greco Andreas Zapatinas. Le forme sinuose del modello, infatti, miscelano la sportività all’eleganza, in un quadro dimensionale molto compatto.
La Fiat Barchetta prese forma dal 1994 al 2005. Il suo arrivo in listino colmò un lungo digiuno di auto scoperte per il marchio torinese. Gli appassionati apprezzarono. Il nome si ispirava a quello della Ferrari 166 MM, così battezzata dall’avvocato Gianni Agnelli che, quando la vide per la prima volta al Salone dell’Auto di Torino del 1948, rimase folgorato dalle sue linee nautiche.
La spinta faceva capo a un motore da 1747 centimetri cubi di cilindrata. Un quattro cilindri a 16 valvole che erogava una potenza massima di 130 cavalli a 6300 giri al minuto. La cifra era sufficiente per mettere a segno un passaggio da 0 a 100 km/h in meno di 9 secondi e una velocità massima di oltre 200 km/h. Il tutto in un quadro di encomiabile piacevolezza di guida, reso ancora migliore dalla grande elasticità del sistema propulsivo.
Non si tratta, come ben sapete, di una vettura da corsa, ma nell’uso quotidiano la Fiat Barchetta riesce a regalare emozioni di un certo livello, nonostante la trazione anteriore. L’impianto frenante a 4 dischi si dimostra degno della missione ad esso affidata. In opzione c’era anche l’ABS, disponibile di serie su alcune versioni speciali. La distribuzione dei pesi, tipica delle trazioni anteriori, registrava una netta prevalenza dei carichi all’anteriore, ma questo non incideva negativamente sul comportamento stradale dell’auto.
Fiat 850 Spider
Altra auto degna di stare in questo gruppo è la Fiat 850 Spider, frutto dell’estro creativo di uno dei più grandi designer italiani: Giorgetto Giugiaro. Fu lui a definirne le linee per Bertone. Il risultato degli sforzi progettuali fu un’auto che ispira simpatia e curiosità. La sua presentazione avvenne nel mese di marzo del 1965. Poi il lungo ciclo produttivo, che si protrasse fino al 1973.
Anche se discende dalla comune 850, questa vettura scoperta ha un fascino completamente diverso e a tratti esotico. Come abbiamo riferito in un’altra circostanza, l’indole sportiva ne fece un mezzo appetibile per la clientela giovanile, che sulla Fiat 850 Spider poteva sognare le emozioni di auto scoperte più costose e inaccessibili. Certo, ci voleva una certa dose di fantasia, ma quella costa poco.
La spinta, nella prima serie del modello, si appellava a un motore a quattro cilindri in linea da 843 centimetri cubi, con 49 cavalli di potenza massima, erogati a 6500 giri al minuto. La velocità massima toccava quota 145 km/h, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 17.7 secondi. Poi venne il turno dell’unità propulsiva da 903 centimetri cubi, con 52 cavalli di potenza. Non ci fu nessun balzo in avanti in termini di scatto, ma la punta velocistica guadagnò 5 tacche. La maggiore cilindrata fu un dono della seconda serie, battezzata Fiat 850 Sport Spider.
Questa fu immessa sul mercato nel 1968 e portò alcune novità stilistiche sul modello. Interventi che ne appesantirono il look, come i fari verticali e i nuovi paraurti, più massici di prima. Un dazio dovuto alle normative statunitensi del tempo, che sporcarono lo stile anche degli esemplari europei. La piccola sportiva torinese piacque dall’altra parte dell’Oceano. Negli Stati Uniti, con una certa dose di generosità, qualcuno la chiamò “Little Ferrari”, forse per alcuni dettagli estetici che evocavano vagamente quelli delle sculture dinamiche del “cavallino rampante”.
Fiat X1/9
La Fiat X1/9 ha l’immagine di una piccola supercar o, se volete, di un’auto da corsa. Del resto, gli impegni agonistici non sono mancati per questa creatura della casa torinese. Ancora oggi la si vede negli slalom e nelle gare in salita, dove continua a suscitare un forte interesse. Sua fonte di ispirazione fu la concept car Runabout del 1969, anch’essa firmata da Marcello Gandini per Bertone. Credo non occorra aggiungere altro sul prestigio di chi ha messo la firma sulle sue linee di taglio geometrico.
Prodotta dal 1972 al 1989, in varie declinazioni, la Fiat X1/9 è una vettura sportiva di grande identità. La presenza del tetto rigido asportabile ne fa un prodotto ancora più appetibile, perché allarga la gamma d’uso, in un quadro emotivo che può essere appagato in vari modi. A Gianni Agnelli piacque. Fu lui che la volle in listino.
La presentazione alla stampa avvenne sulle strade della Targa Florio, in Sicilia. Una scelta non casuale, fatta per evidenziarne l’indole. Cuore pulsante era un motore a 4 cilindri da 1290 centimetri cubi, disposto in posizione posteriore centrale. La potenza massima toccava quota 75 cavalli: una cifra non certo da brividi, ma sufficiente per dare la giusta verve ai 900 chilogrammi di peso. Nel 1978 giunse in listino la Fiat X1/9 Five Speed a cinque marce (una in più dello step precedente).
La cilindrata crebbe a 1498 centimetri cubi, con riflessi positivi sulla potenza, ora passata a 85 cavalli, e sulle performance. Le cifre non sono da bolide da pista, ma vanno bene: accelerazione da 0 a 100 km/h in 10 secondi, velocità massima di 185 km/h. Un bel salto in avanti rispetto alla sorella più piccola, costretta ad accontentarsi di 170 km/h. L’energia era scaricata a terra sulle ruote posteriori. Notevole l’agilità di marcia. Del resto, il telaio era imparentato con quello della Lancia Stratos.