Le Ferrari sono auto da sogno, ma alcuni modelli hanno un fascino unico e si collocano al vertice nella scala dei desideri. Oggi abbiamo stilato una classifica con le 5 “rosse” migliori che si possano avere in una collezione. Certo, l’elenco dei capolavori della casa di Maranello è molto più lungo, ma dovendo stringere il cerchio, abbiamo limitato le presenze. Nella lista ci sono dei nomi che fanno tremare i polsi e che spingono a mille le pulsazioni cardiache degli appassionati.
Sono modelli, talvolta, molto diversi fra loro, che danno soddisfazione a quanti cercano anche l’assortimento. Una cosa li unisce: si tratta di cinque delle espressioni più nobili in assoluto del mito di Maranello. Al cospetto di simili creature si resta senza parole. Qui ci sono tutta l’arte, l’ingegno, la passione e il genio creativo italiano. Non mancano, ovviamente, le musicalità meccaniche, espresse in modo più o meno intenso. Del resto, mentre alcuni gioielli scelti sono nati per le corse, altri, come la 250 GT Spyder California, sono nati per missioni completamente diverse.
Ferrari 330 P4
Siamo al cospetto della più bella auto da corsa di tutti i tempi e di una delle creature a quattro ruote migliori della storia. Un’icona di bellezza e di ingegneria, di amore e di passione. Impossibile non emozionarsi davanti a questa scultura dinamica che, per me, è il capolavoro assoluto. Solo la 250 GTO regge il confronto con lei, ma quella è una GT.
La Ferrari 330 P4 è di un fascino disarmante. Incredibile come un prototipo da corsa possa esprimere i suoi fabbisogni funzionali in una tela grafica così elegante ed armoniosa. Se l’estetica è al top, non meno coinvolgente è il sistema propulsivo, cuore di ogni “rossa” che si rispetti. Anche qui c’è la sintesi migliore del mito del “cavallino rampante”.
Ad animare le danze di questa vettura provvede un motore V12 da 4 litri di cilindrata, in grado di erogare una potenza massima di 450 cavalli a 8000 giri al minuto. Si tratta di un prezioso distillato di competenze tecniche, acquisite da uomini con la più grande passione per le auto nell’apparato genetico. La sua robustezza, il suo crescendo, la forza del suo carattere sono note di sublime magia, accompagnate da musicalità meccaniche che neanche la migliore orchestra saprebbe interpretare meglio. Sotto l’effluvio delle sue inebrianti melodie, i 792 chilogrammi di peso danzano come fuscelli.
Ad assecondare al meglio le dinamiche della Ferrari 330 P4 provvede il robusto telaio, con struttura a traliccio in tubi d’acciaio, abbinata ad elementi scatolati: il degno supporto per il leggero abito in alluminio, plasmato da Piero Drogo con soave grazia espressiva. Facile immaginare le scariche di adrenalina che produceva al suo passaggio in gara. La sua carriera sportiva fu brillante, come testimonia il successo nel Campionato Mondiale Marche del 1967. Per Enzo Ferrari una bella rivincita sulla Ford, che lo aveva fatto soffrire l’anno precedente. Nella storia si è fissato per sempre l’arrivo in parata alla 24 Ore di Daytona, dove la casa del “cavallino rampante” mise a segno una magnifica tripletta.
Ferrari 250 GTO
Questa è la regina della casa di Maranello, la sintesi del suo mito. Una vera icona, che ha fatto sognare (e continua a far sognare) milioni di appassionati. Oggi domina le aste internazionali, ma nel suo passato era la mattatrice delle gare alle quali prendeva parte. Perché la Ferrari 250 GTO, oltre che straordinariamente bella e carismatica, è anche un’arma da guerra, efficace più di tutte le altre. Sin dai primi test a Monza del 1961, con Stirling Moss al volante, il suo “muletto” girava su tempi degni delle monoposto di Formula 1. Il palmares di questa “rossa” è strepitoso, con tre titoli mondiali vinti tra il 1962 e il 1964.
Già nella gara di esordio, la 12 Ore di Sebring del 1962, dimostrò la sua tempra, giungendo seconda al traguardo con Phil Hill e Olivier Gendebien, alle spalle della Sport TRI 61 di Bianchi-Bonnier. In parecchi frangenti tenne senza fatica il passo dei prototipi. Nella sua classe non ce n’era per nessuno, ma la cosa ancora più straordinaria è il fatto che la Ferrari 250 GTO abbia guadagnato il successo assoluto in alcune corse di grande prestigio della serie iridata. Il merito è di un progetto eccezionale, nato sotto la regia di Carlo Chiti e Giotto Bizzarrini, ma poi affidato dal giovane Mauro Forghieri. Nessun elemento è stato trascurato. La ricerca aerodinamica applicata al suo corpo va letta in questa dimensione. I dati furono raccolti nella galleria del vento del Politecnico di Milano.
La posizione arretrata del motore, disposto anteriormente, avvicinava le sue masse al baricentro e consentiva un muso basso e lungo. Così la deportanza all’avantreno era assicurata. Il pronunciato spoiler sulla coda dava il giusto carico verticale al retrotreno, sfruttando adeguatamente i flussi nell’ottica della stabilità. A plasmare la carrozzeria della Ferrari 250 GTO ci pensò il grande Sergio Scaglietti, che diede vita a un autentico capolavoro, degno del V12 di 3 litri accolto sotto il cofano anteriore. Questo motore, disposto longitudinalmente, erogava quasi 300 cavalli di potenza massima, per una punta velocistica nell’ordine dei 290 km/h.
Ferrari 250 GT SWB
In una collezione coi fiocchi, questa vettura non può mancare. Stiamo parlando di una creatura il cui fascino e le cui imprese hanno concorso in modo importante all’affermazione del mito del “cavallino rampante”. La Ferrari 250 GT Berlinetta passo corto, nota come SWB (Short Wheel Base) è un’automobile iconica, che passa con disinvoltura dall’abito da sera alla tuta da pista, distinguendosi ai massimi livelli in entrambe le cornici espressive. Nelle sue forme, l’eleganza e la sportività si coniugano in modo encomiabile.
Vittoriosa in pista e nei concorsi d’eleganza, questa creatura è di una versatilità unica. Lunghissimo l’elenco dei successi messi a segno nella sua carriera agonistica, per mano di piloti ufficiali e gentleman drivers. Come evidenziato in un precedente post, la Ferrari 250 GT Berlinetta passo corto si è imposta, fra le altre gare, al Tour de France, alla Coppa Intereuropa e al Tourist Trophy. Di straordinario pregio i successi di classe conseguiti dalla 24 Ore di Le Mans, alla 1000 Km di Monthlery e alla Targa Florio, ma la lista delle gare in cui ha brillato è molto più estesa. Da un progetto che ha coinvolto personaggi del calibro di Mauro Forghieri, Carlo Chiti e Giotto Bizzarrini non poteva che uscire un gioiello di straordinaria efficacia.
La spinta è fornita da un motore V12 di 3 litri, in grado di erogare una potenza massima di 240 cavalli nella versione stradale. Sulla Competizione, la cifra cresceva a quota 280 cavalli. Inesauribile l’energia di questo cuore rampante, disposto in posizione anteriore longitudinale. Mozzafiato il suo sound, con un timbro di voce che entra nell’apparato emotivo, per fissarsi al suo interno in forma permanente. Ottimo il cambio sincronizzato a quattro rapporti, robusto e ben manovrabile. La fantastica carrozzeria della Ferrari 250 GT Berlinetta passo corto veste un telaio in traliccio di tubi in acciaio. Uno chassis di sana costituzione, per un handling di ottimo livello. Ai quattro dischi della Dunlop il compito dell’azione frenante.
Ferrari 250 Testa Rossa
Il suo debutto in società risale al mese di novembre del 1957. Da allora fa sognare gli appassionati di tutto il mondo. Erede della 500 TRC, questa Sport ne spinse molto più in alto il profilo prestazionale. Sin dai primi passi, la Ferrari 250 Testa Rossa brillò in pista. Alla 1000 km di Buenos Aires del gennaio 1958, dove fece il suo esordio in gara, mise a segno una splendida doppietta, con Hill e Collins davanti a Von Trips, Gendebien e Musso. Da quel momento fu un fiorire di successi, testimoniato dai tre mondiali marche guadagnati nel 1958, 1960 e 1961. Ad assicurare la spinta della vettura ci pensava un motore V12 da 3 litri di cilindrata, con 300 cavalli di potenza massima a 7200 giri al minuto.
Un vero vulcano di energia, che spingeva con vigore straordinario gli 800 chilogrammi di peso del corpo vettura. Il tutto in compagna di un suono adrenalinico. La versione iniziale del modello si caratterizzava per le profonde feritoie di raffreddamento dei freni. Un elemento di grande identità stilistica, lodevolmente interpretato da Fantuzzi, come il resto della carrozzeria.
Nel 1959 il corpo divenne monolitico, grazie all’apporto di Pininfarina, che lo rese più fluido sul fronte aerodinamico, anche se meno affascinante. Alcune modifiche ridussero il peso di 50 chilogrammi rispetto alla versione precedente. I freni divennero a disco, per decelerazioni più incisive. Questi interventi non bastarono a confermare il successo iridato, per una serie di circostanze sfavorevoli, ma la Ferrari 250 Testa Rossa tornò a ripetersi nei due anni successivi.
Alla TRI del 1960 va il merito di aver consegnato il settimo Campionato Mondiale Marche alla casa del “cavallino rampante”. La “I” nella sigla di questo nuovo step indicava l’arrivo dell’iniezione al posto dei carburatori. Grande l’evoluzione stilistica della versione 1961, focalizzata sull’aerodinamica. Il cofano posteriore divenne alto e piatto, con spoiler terminale e coda tronca. Nel frontale spuntarono due prese d’aria a narici di naso. L’estetica perse punti, ma il congedo fu di alto livello, con un altro successo alla 24 Ore di Le Mans e con un nuovo titolo mondiale.
Ferrari 250 GT California SWB
Questa vettura scoperta a due posti secchi è l’auto ideale per la Dolce Vita. Ecco perché è sempre piaciuta alla gente che conta. Molti divi fra i clienti. Impossibile resistere al fascino delle sue forme, dovute all’arte e all’estro creativo di Sergio Scaglietti. La versione più bella è quella a passo corto, nota come SWB (Short Wheel Base), venduta dal 1960 al 1963. Nata pensando all’America, si è affermata a livello globale come icona di bellezza. Basta posare gli occhi sui suoi lineamenti per trarre un giovamento emotivo immediato.
Qui si è al cospetto di un capolavoro assoluto, degno di stare al Louvre accanto alla Gioconda. I tratti della carrozzeria esprimono un’eleganza e un’armonia da manuale. Impossibile fare meglio. Onore a chi li ha definiti. Tanto di cappello anche ai motoristi, per il suo V12 da 3 litri di cilindrata, capace di erogare una potenza massima di 280 cavalli a 7000 giri al minuto.
La bellissima carrozzeria della Ferrari 250 GT California veste un telaio tubolare in acciaio, figlio di una nobile tradizione radicata a Maranello. Buona la robustezza strutturale. Le sospensioni anteriori sono a ruote indipendenti, con quadrilateri trasversali e molle elicoidali; quelle posteriori a ponte rigido con balestre longitudinali. Sul fronte cambio, i tecnici di Maranello optarono per un’unità a quattro rapporti più la retromarcia, che assecondava bene le sue dinamiche.
La Ferrari 250 GT California SWB poteva spingersi fino a 270 km/h di velocità massima. Pur essendo un’auto da godere nelle strade panoramiche e nelle località più chic, si comportava bene pure nei contesti agonistici, anche se opportunamente modificata. Il quinto posto messo a segno alla 24 Ore di Le Mans del 1959 con alla guida Bob Grossman e Fernand Tavano sta a dimostrarlo. Secondo me, questa è la spider più bella fra quelle classiche e di una delle più belle in assoluto. Forse è la scoperta più raffinata di sempre.