Era inevitabile che le parole usate dal CEO di Stallantis, Carlos Tavares, lasciassero strascichi polemici. La presentazione del piano industriale di Stellantis infatti, ha lasciato l’amaro in bocca a tutti gli addetti ai lavori, ai sindacati e pure ai lavoratori.
Avesse detto chiaro e tondo che a Melfi arrivavano questi quattro sdpecifici nuovi veicoli, che a Mirafiori ne arrivavano altri due, che la Gigafactory di Termoli partiva nel 2024, tutto sarebbe stato perfetto. Invece solo un disegno largo, vasto, che porta il piano industriale a prevedere il raddoppio dei ricavi entro il 2030. Con tanto di passaggio all’elettrico. Piano ambizioso e valido questo, ma dal lato degli azionisti, non certo di chi ogni giorno si chiede quanto ancora resisterà il lavoro in fabbrica. E sul Corriere della Sera queste rimostranze sono quelle che presentano i metalmeccanici della Fim Cisl.
Mancano le certezze sulle nuove auto di Stellantis e sui siti che le produrranno
Polemiche inevitabili dicevamo, anche perché pure secondo la Fim Cisl era impossibile reputare sufficienti le parole dette da Tavares lo scorso primo marzo. Il CEO ha annunciato il lancio da qui al 2030 di ben 100 nuove auto o veicoli in genere. Ma quali saranno questi veicoli, di quali marchi si tratterà (Stellantis ne ha ben 14) e soprattutto in quali stabilimenti verranno assegnati, sono dubbi leciti.
Una cosa che è emersa è che in Italia Stellantis avrebbe intenzione di lanciare un autentico polo del lusso o poco inferiore. Sono le auto di gamma alta quelle su cui Stellantis conta per il Bel Paese. Auto Maserati, con la fabbrica di Grugliasco chiusa e la produzione passata a Mirafiori. E poi ancora, Alfa Romeo e Lancia, con l’aggiunta di DS, che proviene dai francesi di PSA.
La Fim Cisl chiede certezze
“Non basta annunciare 100 lanci di nuove auto entro il 2030 e gli obiettivi di triplicare i ricavi dei veicoli premium e luxury di Maserati, Alfa Romeo, Lancia e Ds. È necessario comprendere quali e quanti siano i lanci per gli stabilimenti Italiani.”
Maggiori informazioni è quanto servirebbe anche secondo la Fim Cisl. Occorre capire dove andranno ad essere prodotte queste auto, dal momento che Stellantis è una multinazionale che ha interessi in diversi Paesi Europei e non. E soprattutto perché in Italia sorgono dubbi sul fatto che Stellantis abbia intenzione di spostare le attività all’estero, dove ha detta anche di Tavares, produrre auto costa meno.
E resta anche il fatto che una cosa è produrre le utilitarie o le auto di fascia medio bassa, un’altra le auto di fascia alta. Non scopriamo l’acqua calda se asseriamo che uno stabilimento mantiene elevati regimi di produzione, se si costruiscono auto che hanno molto mercato (le Fiat Panda, la Fiat 500), e non certo passando a produrre supercar o quasi.
Occorre chiarezza su quali saranno i 75 nuovi modelli solo elettrici, di cui ben 45, in base al piano di Tavares, andranno in produzione entro il 2024.
L’incontro di oggi al Mise può essere un toccasana per fugare i dubbi
Le parole di Roberto Benaglia e Ferdinando Uliano, segretari Fim e Cisl, arrivano alla vigilia dell’incontro che oggi vedrà tutte le sigle sindacali di rappresentanza sedersi al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico, con azienda e governo.
Un incontro convocato dal titolare del dicastero, il Ministro Giancarlo Giorgetti. CI sarà anche il Ministro del Lavoro Andrea Orlando. La Fim Cisl ha redatto u documento dove rivendica tutte le cose che non vanno o che sono poco chiare delpiano presentato a inizio marzo da Tavares.
Il nodo è sempre lo stesso. Vanno messi in sicurezza i lavoratori italiani. Ma come? Mettendo in sicurezza gli stabilimenti italiani, da Mirafiori a Melfi, da Pomigliano a Termoli.
Alcune problematiche nello specifico
I rappresentanti sindacali hanno prodotto il documento con tanto di esempi calzanti a conferma di quei dubbi che si auspica, verranno risolti oggi. Per esempio, c’è la VM di Cento, dove si producono da sempre motori e dove la produzione nel 2021 è tornata accettabile con oltre 50.000 motori prodotti. Ma è uno stabilimento che a pieno regime viaggiava a 80.000 motori. Parliamo dei propulsori a gasolio per i modelli Ram e Wrangler. Modelli e motori che presto saranno fuori produzione. C’èil concreto rischio di perdere posti di lavoro a Cento, ma è solo un esempio che fanno i sindacalisti della Fim Cisl sulle pagine del Corriere della Sera. Le stesse problematiche si osservano in tanti altri stabilimenti Stellantis in Italia, indotto compreso naturalmente, o forse anche di più.
L’elettrificazione rischia di diventare un problema
Veicoli diesel e benzina presto nel dimenticatoio, e cambio drastico di stile di produzione e di componenti necessari per via della transizione elettrica sono altri nodi al pettine che i sindacati vorrebbero risolvere con delle garanzie. Per questo chiamano anche il governo ad adoperarsi per avere più margine di trattativa con Stellantis.
Per esempio, nelle fabbriche italiane di Mirafiori o di Verrone, si producono cambi per le auto tradizionali. Nessuno spiega ancora oggi cosa si produrrà in futuro visto che presto questi cambi saranno fuori dal giro produttivo non essendo utili sulle auto elettriche. Se è vero che vanno rispettati i diktat Europei che impongono lo stop alle auto endotermiche dal 2035, occorre immediatamente dare risposte sul cambio di direzione che gli stabilimenti devono prendere. Occorre erudire i lavoratori sulle nuove operazioni da effettuare in catena di montaggio. Sempre che Stellantis voglia adottare il cambio di produzione, cosa che oggi nessuno ha ben chiaro.
Anche alcune cose che sembravano certe adesso sono messe in dubbio dalla carenza di conferme di Stellantis
Nel 2021 è successo di tutto. Prima la nascita di Stellantis, con la fusione completata tra i francesi di PSA e gli italiani di FCA. E poi, summit, incontri, vertici, visite di Tavares e soci nelle fabbriche italiane. Prima la notizia che a Melfi, nello stabilimento lucano dove Stellantis produce la metà di tutte le auto prodotte in Italia, sarebbero stati assegnati 4 nuovi veicoli elettrici. Ma quali? Ancora non è chiaro. Ciò che è successo è che la linea della Jeep Compass è stata assorbita dalla linea della Jeep Renegade e della Fiat 500 X. Una linea in meno nello stabilimento di Località San Nicola di Melfi. E non si sa nemmeno che si farà sulla linea oggi completamente deserta.
Cosa accade negli stabilimenti italiani da ormai un anno ed oltre per Stellantis
Lo scorso luglio si annunciò Termoli quale sede della prima Gigafactory italiana del gruppo, la terza in Europa dopo Francia e Germania (rispettivamente a Douvrin e Kaiserslautern). Ma fino ad oggi poco e niente a livello di conferma o di date di start.
E fino al via alla riconversione dello stabilimento, verso le batterie per auto elettriche, a Termoli si proseguirà le produzioni di motori a benzina e cambi. Fino a quando visto che sono a fine corsa entrambe queste produzioni è ancora da sapere.
A Melfi che impiega circa 6.761 lavoratori, per via della crisi dei microchip fino al 14 marzo cassa integrazione. Nel 2021 la fabbrica lucana ha perso il 28,8% della produzione, con oltre 66.000 auto in meno prodotte.
A Melfi è già stata assegnata la piattaforma Bev STLA Medium, per ben quattro nuove vetture completamente elettriche dal 2024. Non si sa però che auto saranno e nemmeno di che marchio.
Progetti e promesse,ma conferme ancora poche
A Mirafiori dove lavorano 3.100 addetti, si va leggermente meglio. La Fiat 500 elettrica traina la fabbrica, e presto arriveranno le nuove Maserati Gran Turismo e Gran Cabrio che da Grugliasco passano a Mirafiori appunto. E dal 2024 anche le Maserati Ghibli e Quattroporte. Per Pomigliano invece si è deciso, dopo un anno nero come lo è stato il 2021, di affiancare alle solite Fiat Panda, anche l’Alfa Romeo Tonale. Ma dal momento che la Fiat Panda sta per chiudere il suo percorso (si dice dal 2023), la garanzia dei pieni regimi produttivi non si può certo basare sul nuovo Suv della casa del Biscione. Stesso discorso per Cassino, dove le Alfa Romeo Stelvio e Giulia stanno per uscire fuori produzione. Hanno deciso di portare a Cassino la Maserati Grecale, ma garantire occupazione agli oltre 3.000 addetti necessita di altro.